Non avevo grandi dubbi che Giovanni Petrucci sarebbe stato confermato alla guida della federazione di pallacanestro. E’ il 6° mandato, 4* di fila, nel 2028 avrà 83 anni. Ma perchè non si candida fin d’ora per la presidenza della Repubblica?
Franco Carraro, classe 1939, sino al 2018, dunque ai 79 anni, era parlamentare, è un peccato che non sia rimasto con Forza Italia, comunque adesso ha una carica paralimpica abbastanza onorifica.
Spero che Petrucci restasse come presidente onorario, in quel ruolo stava benissimo, invece no, si è preso il 70% dei voti.
Non conosco Guido Valori, neanche peraltro ha avvicinato il sorpasso, ha fatto persino molto peggio del centro destra in Emilia Romagna, -40% contro il -17% di Elena Ugolini, la candidata comunque strabattuta da Michele de Pascale, di Ravenna, per la presidenza.
Con un presidente normale, non sarebbe stato esonerato Romeo Sacchetti, fra i rari ad averci qualificato alle olimpiadi, da 40 anni a questa parte. Ce l’hanno fatta solo Gamba per due volte, negli anni ’80, Tanjevic a fine millennio e poi Carlo Recalcati. E, appunto, Meo.
Ma poi chi ha scelto, come ct? Un comico, un giullare, uno che festeggiò una coppa europea, la terza, come importanza, a Sassari, offrendo ai giocatori la sua carta di credito per andare a donne, non per fare regali alle proprie. No, proprio di quelle donne. Uno che in carriera si faceva compatire in campo, contro allenatore come Repesa, e anche dopo, facendosi espellere con sceneggiate. Uno che neanche ha avvicinato la qualificazione a Parigi, siamo usciti nettamente in semifinale, con Porto Rico, Porto Rico. E là Petrucci a difendere Pozzecco. Li avevo notati 2-3 anni fa a Trento, al festival della Gazzetta dello sport, a braccetto.
A me non interessa che i bambini abbiano piacere di giocare con ottimo ex playmaker, a me interessa vedere sulla panchina azzurra il migliore o uno dei migliori, Walter de Raffaele, Ramondino, soprattutto Trinchieri, magari Scariolo, e che faccia giocare i migliori, a partire da Amedeo della Valle. Senza se e senza ma.
E poi un ct normale, non che spieghi la tentazione di buttarsi dal 46° piano dell’hotel, nelle Filippine, dopo la prima sconfitta ai mondiali.
Desidero un presidente federale che spiega alla Fiba la necessità di portare in Eurolega i team campioni di ciascun Paese, magari anche la finalista, l’importante è che ci sia solo il merito sportivo, perchè l’impianto mi fa sorridere. La capienza, le luci, la sicurezza, basta. Non chiedo tanto, chiedo che in Eurolega non vada Milano, tantopiù se si ferma ai quarti di finale oppure in semifinale. Idem, la Virtus Bologna. Se Brescia raggiungesse la prima finale scudetto della storia, dovrebbe giocarfe l’Eurolega, senza se e senza ma.
Ci sono mille modi per diffondere la cultura del basket, il primo sono i musei societari, cittadini, i racconti a teatro di grandi e piccoli personaggi, di grandi e piccoli club, di tutti escluso Dino Meneghin, che ho assaporato a Reggio Emilia. Non esistono solo i migliori, i personaggi, anche storie di secondo, terzo piano possono essere carine. Abbassare i prezzi, eliminare i balordi dalle curve – tal Alessandro Ferri mi ha picchiato davanti ai carabinieri, per Reggiana-Brescia, aprile 2023 -, limitare gli stranieri e i passaportati e gli allenatori da fuori. Impedire il più possibile gli esoneri per permettere ai club di crescere.
Creare, almeno ipotizzare, polisportive, modello Lazio e poco altro. Andare in sinergia con calcio e volley, con F1 e motogp, se si riesce, con le città e le province, le regioni e le scuole.
Portare l’Eurolega dove non c’è mai stato grande basket, dunque a Parma e a Modena, non certo a Reggio Emilia, per esempio. In Sardegna, in Sicilia, in Basilicata, in val d’Aosta, in Molise.
Omaggiare le grandi famiglie del basket, non solo gli atleti più popolari.
Il racconto della curva del Palermo. “Le rivalità e i campioni di ogni tempo. I voti ai presidenti. Quanto si spende per le trasferte al nord”.