http://www.stadiotardini.it/2015/05/angella-ha-recensito-per-stadiotardini-it-il-libro-di-caremani-heysel-la-verita-di-una-strage-annunciata-e-un-pugno-nello-stomaco-che-ci-ricorda-che-quella-tragedia-si-doveva-e.html
Stadiotardini.it ha chiesto a Michele Angella, giornalista di Teleducato, appassionato di letteratura sportiva, oltre che di calcio e di stadi europei, di recensire il libro “Heysel, la verità di una strage annunciata”, di Francesco Caremani, edizione ristampata e aggiornata nell’imminenza del trentesimo anniversario della tragedia.
(Michele Angella) – Nonostante una rivalità molto accesa verso la Juventus, sfociata talvolta in episodi di violenza anche molto gravi, i tifosi del Parma hanno sempre rispettato – doverosamente – la tragedia dell’Heysel. Ne sono un esempio il ricordo comparso nel maggio del 2014 sul sito internet dei Boys e lo striscione (sia pure dai toni provocatori e bellicoso) esposto dagli stessi ultras gialloblu lo scorso 11 aprile in occasione di Parma-Juve al Tardini (“Dall’Heysel a Scirea i vostri morti abbiamo sempre rispettato, voi il Bagna avete infangato. Infami”). Un atteggiamento diverso da quello di altre curve (vedi Fiorentina) che a quel tremendo episodio hanno spesso rivolto scritte o cori beceri.
Eh si, la tragedia dell’Heysel: tra pochi giorni, il 29 maggio, ne ricorre il 30ennale e la memoria è ancora forte. Tra chi purtroppo quei fatti li riesuma in maniera vergognosa in funzione anti-bianconera e tra chi, per fortuna cerca di tenerli vivi per non dimenticare la barbarie di quanto accaduto, per inchiodare le responsabilità delle autorità civili e sportive oltre che delle forze dell’ordine.
E’ il caso, quest’ultimo, del 46enne giornalista toscano Francesco Caremani, autore del volume “Heysel, la verità di una strage annunciata”, da poco uscito (edizione ristampata ed aggiornata) per Bradipo Libri Edizioni. A spingere Caremani, collaboratore di numerose testate e autore di altre interessanti pubblicazioni a sfondo sportivo, a dare vita alla ricostruzione della vicenda Heysel, oltre che un apprezzabile e marcato spirito d’inchiesta, è stata anche la stretta conoscenza di una delle persone che quella sera di 30 anni fa a Bruxelles, dove si giocava la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool, persero la vita: si tratta di Roberto Lorentini, aretino proprio come Caremani e collega del padre dello scrittore stesso.
Il libro contiene, infatti, le significative testimonianze di Andrea Lorentini, il figlio della vittima, che allora aveva appena tre anni e a cui Caremani ha deciso di affidare la presentazione del suo certosino e anche commovente lavoro.
“Heysel, la verità di una strage annunciata” è una sorta di pugno nello stomaco, perché ci riporta a quei drammatici momenti e perché ci fa capire che quello che si verificò era evitabile, si poteva e si doveva evitare.
Il volume, che si snoda per 227 documentatissime pagine, oltre a ripercorrere l’accaduto, contiene le voci dei sopravvissuti e dei famigliari dei tifosi morti, stralci di articoli giornalistici sulla tragedia, dichiarazioni di calciatori della Juventus, di dirigenti del club torinese e della Uefa, di politici, di avvocati, di magistrati.
La prefazione porta la firma di Walter Veltroni che definisce la pubblicazione “un grande atto d’amore verso trentanove innocenti e un monito a non perdere la strada dell’umanità e della pietas”.
L’introduzione è, invece, del giornalista Roberto Beccantini: “Leggete queste pagine, non scoprirete novità sconvolgenti. Scoprirete, semplicemente come è stato duro accendere una candela di giustizia. Una candela, non un lampadario”.
Il volume, infatti, prende in esame anche il tortuoso iter processuale e si compone di due appendici giuridiche. La prima è quella relativa a tutti i giudizi che si sono susseguiti negli anni. La seconda si riferisce, invece, all’evoluzione sulle normative in materia di sicurezza negli stadi, sia in Italia che a livello internazionale.
Chi scrive, nel 2007, trovandosi a Bruxelles, avvertì l’interesse e lo stimolo emotivo di recarsi all’Heysel. Lo stadio della famigerata strage di fatto non esiste più. E’ stato completamente ristrutturato nel 1995 e ha cambiato nome: si chiama Re Baldovino. A ricordare la tragedia una targa con i nomi delle vittime e una scultura, una meridiana comprendente una pietra con i colori della bandiera italiana e di quella belga, insieme alla poesia Funeral Blues scritta dall’inglese W.H. Auden a simboleggiare il dolore delle tre nazioni. Presenta, inoltre, trentanove luci che brillano, una per ogni vittima.
L’aspetto del quale ebbi conferma è come l’opinione pubblica locale abbia tentato di rimuovere quanto accaduto nel 1985: me ne accorsi chiedendo dell’Heysel ad un attempato taxista, ad un libraio nemmeno cinquantenne e ad un giovane addetto del negozio di merchandising della nazionale di calcio, in pieno centro. In tutti e tre i casi risposte vaghe e scarsa disponibilità alla memoria e al colloquio.
Concludo dicendo che questa sera, nella semi-finale di Champions League, strizzerò l’occhio al Real Madrid. Per la Juventus ho sempre avuto scarsa simpatia (sentimento accresciuto durante l’era Moggi), tuttavia se i campioni d’Italia dovessero raggiungere la finale di Berlino (… anche in quel caso starò dalla parte degli avversari) e dovessero vincere il prestigioso trofeo continentale, mi farebbe piacere se dedicassero il titolo alle 39 vittime di Bruxelles, nel trentennale della strage… anzi, vorrei sperare che qualcuno a Torino ci abbia già pensato.
Michele Angella