http://www.rivistaundici.com/2015/09/14/il-numero-6-di-undici/
Due numeri fa, in primavera, dedicammo la copertina ad Andrea Pirlo. Il titolo “Il calcio elegante” celebrò la carriera del regista poi finito a New York. Il suo modo di stare in campo, di rappresentare un certo tipo di gioco. Oggi, con il numero 6 diUndici, abbiamo voluto in qualche modo incoronare il suo quasi-erede , quello che è forse l’unico calciatore italiano in grado di provare almeno a replicare la parabola di Pirlo: Marco Verratti. L’intervista di Daniele Manusia che apre questo nuovo numero, corredata dai ritratti fotografici di Jonathan Frantini, è un po’ l’ideale continuazione del percorso iniziato proprio con Pirlo: i racconti delle partite e della vita che ruota intorno al calcio, ma anche la “spiegazione” di un modo di giocare che è un modo di essere e di non rinnegare sé stessi. Verratti, nell’intervista, afferma di aver voluto continuare a giocare come se indossasse ancora la maglia del Pescara in Lega Pro anche se oggi fa la Champions accanto a Ibrahimovic. Un modo diverso da tutti, rivoluzionario per il nostro calcio e sulla stessa frequenza tecnica dei grandi centrocampisti europei. Da qui il titolo “Europa. Italia.” che è insieme speranza e fiducia. Verso Verratti, ovviamente, ma anche verso una nuova generazione di (aspiranti) campioni. Nel dossier realizzato in collaborazione con Wyscout ne abbiamo selezionati trenta, tutti nati dal 1993 in giù. Ne abbiamo tracciato i ritratti, abbiamo snocciolato cifre e dati: dagli italiani Romagnoli, Rugani, Bernardeschi, Cataldi, Sportiello e Berardi, fino a Pione Sisto, Halilovic, Laporte, El Haddadi, Tielemans e molti altri. Prima di Verratti e i suoi fratelli, ovviamente, gli editoriali di Federico Ferri e Pierluigi Pardo. Uno tratta del Toro, l’altro della Champions che sta iniziando.
Dopo questo primo tempo, la sezione dei “Corti”. Un viaggio nella prima serie messicana, i nuovi kit della Fiorentina, del Napoli, del Torino e del Manchester United. Poi la spiegazione, a firma di Emanuele Corazzi, di come gli sponsor ti aiutino a rimpiazzare la maglia del tuo idolo se il tuo idolo cambia squadra. Come se non bastasse, due mappe: una geografica sul tifo calcistico a Londra, l’altra astrale sugli stemmi delle squadre italiane, divisi per animali, scudi, lettere o mitologia. Sui crest, da segnalare anche un focus su quelli di Arsenal, Roma e Bari, con un contributo di Michele Galluzzo. Infine, l’approfondimento tattico: Emiliano Battazzi ha scritto della nuova Fiorentina e degli equilibri di Paulo Sousa, allenatore giramondo che sta provando (bene) a rivoluzionare la viola dopo il triennio firmato Montella.
Dopo i Corti, il Secondo Tempo. L’apertura è di Federico Buffa e Carlo Pizzigoni, che raccontano il River Plate di Marcelo Gallardo. Quello che domenica notte ha perso el Clasìco con il Boca ma che ha vinto l’ultima Libertadores a soli quattro anni dalla prima, drammatica retrocessione in Segunda. Poi, due ospiti graditi: il primo è Diego Milito, intervistato da Markus Kaufmann sulla sua carriera, le sue vittorie e il trionfale ritorno a casa, nel “suo” Racing Avellaneda. Il secondo è Aldo Grasso, editorialista e critico televisivo del Corriere della Sera, che insieme al direttore Giuseppe De Bellis racconta storia, evoluzione, situazione e prospettive del calcio televisivo e della sua espressione più amata, la telecronaca. In mezzo, Davide Coppo e il suo “Senso di una fine”, sull’esaurirsi dei grandi cicli calcistici e sulla difficoltà, di piccoli e grandi club, a iniziarne di nuovi. Subito dopo, ecco Mazzarri, Klopp, Montella, Prandelli, Ancelotti, Donadoni, Di Matteo e Spalletti: i grandi allenatori disoccupati, tutti in un dossier a cura di Francesco Paolo Giordano. Il capitolo calcio si chiude con la storia mai chiarita della Coppa Rimet rubata, o forse no, dai locali della Federcalcio brasiliana, e con una gallery che ritrae il lato più oscuro e violento del calcio russo, quello dei gruppi organizzati. Le firme sono, rispettivamente, di Simon Kuper e Pavel Volkov.
In questo numero, il posto di “altro sport” è occupato dalla vela. Antonio Vettese, in apertura, sottolinea quanto le regate siano difficili per le masse ma meravigliose per chi le pratica. Soprattutto perché, di base, la cosa fondamentale è saper riconoscere e interpretare l’elemento naturale. Una delle cose che riescono meglio a Giovanni Soldini, strano esemplare di “uomo di mare milanese” intervistato da Vincenzo Latronico e fotografato da Andy Massaccesi. Nei suoi racconti, il salvataggio di Isabelle Autissier e i seicento giorni in una vita passati senza vedere altre persone. In mare, da solo con la barca. Andando veloce, ovviamente. Soprattutto oggi, perché è da poco che è importante arrivare primi. Tempo fa, bastava arrivare: ce lo spiega Maurizio Bertera, che chiude il suo pezzo con la storia di Dona Bertarelli, sorella di Ernesto e aspirante prima velista donna decorata della Rolex Fastnet Race. Undici si chiude con gli articoli di Andrea Falcon e Matteo Zaccagnino. Il primo è un ritratto di Sir Ben Ainslie, il velista più vincente della storia (quattro ori consecutivi alle Olimpiadi) che ora prova a riportare la Coppa America in Inghilterra dopo 166 anni. Il secondo racconta invece del “cigno”, dello Swan: a cinquant’anni dal varo del capostipite, anche le versioni di oggi non cambiano il teak sul ponte e il fascino senza tempo che ancora rapisce gli appassionati.
Tutto questo sarà nelle edicole e nelle librerie milanesi a partire da martedì 15 settembre. Dal giorno dopo, anche nel resto d’Italia. Ci vediamo lì, e buona lettura.