Tommaso Ghirardi nel cartone animato de La Tribù del calcio
Ha ragione Andrea Schianchi, non solo stavolta, è capitato che abbia ragione e io gliela do volentieri. Lo sosteneva lunedì, che c’erano gli estremi per salvare anche la serie A, almeno sul campo. Parlava dopo l’1-1 di san Siro con l’Inter, di qualità perchè seguito dal colpo esterno nerazzurro a Verona.
Poi sono arrivate le vittorie con Udinese e Juve, in sequenza. Il problema è fuori casa, dove il Parma ha raccolto solo la vittoria di Verona sponda Chievo e l’altro pari, 0-0 a Roma.
Il problema sono state le penalizzazioni, frutto degli stipendi pagati solo in parte da Ghirardi e non pagati da Manenti. O meglio, era tutto pronto ma il denaro non era lecito.
Ecco, se il Parma avesse oggi 19 punti e non già virtualmente i 13 a cui arriverà presto – al massimo 14 -, potrebbe battersi per la salvezza sino all’ultima giornata, perchè l’Atalanta non dovrebbe scappare.
I guai societari hanno distratto ma la stagione è stata dichiarata persa troppo in fretta. Pensiamo al Sassuolo di un anno fa, salvo nonostante le 14 sconfitte su 17 partite, da novembre, all’incirca. O il Cagliari di Ballardini salvo nonostante i 10 punti del girone d’andata.
Infortuni, squalifiche, rescissioni, truffatori. Ecco, soprattutto il Parma si è indebolito tanto in corsa. Ha perso Paletta, Cristian Rodriguez, Felipe non era niente di che.
I guai societari sono un discorso, ma il Parma sul campo non era inferiore al Cesena, all’andata aveva bloccato il Cagliari sullo 0-0, al Tardini, l’Atalanta l’ha fermata sullo 0-0 costruendo qualcosa di più.
Con i romagnoli doppia sconfitta, solo però la prima era meritata.
Con questi 7 punti in 3 giornate, almeno sul campo i record negativi sono scongiurati.
Bastava che Ghirardi e Leonardi non avessero raccontato menzogne, per dirla alla Berlusconi, perchè sono stati immondi, da questo lato, sempre. Mettendo la sordina alle critiche. “Non è un mistero che i due giornalisti più vicini al Parma…”, diceva l’ex ad. Uno neanche era pubblicista, anzi…
E il presidente telefonava ai direttori dei giornali, per stoppare le critiche.