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Due calciatori indimenticabili, strappati troppo presto alla vita da terribili malattie, verranno presto ricordati con l’intitolazione di strade.
Il comune di Castellabate ha deliberato di dedicare una via ad Andrea Fortunato, nella frazione di Santa Maria. È stata l’Associazione Fioravante Polito a chiedere di ricordare così l’ex terzino sinistro della Juventus, a cui sono dedicate anche la biblioteca comunale e il museo del calcio. Il paese di 9mila abitanti, in provincia di Salerno, ricorda il giocatore campano morto nel ’95 per una forma di leucemia fulminante, grazie all’attivismo di Davide Polito, funzionario della dogana a Salerno.
“Lo ammiravo molto” – racconta – “ma semplicemente da appassionato di calcio. Era il giocatore più importante della nostra provincia, era nato a Salerno”.
È l’Associazione Fioravante Polito a sensibilizzare il paese nel nome di Fortunato. “Fioravante era mio padre” – spiega Davide, lontano parente di Ciro Polito, portiere della Juve Stabia – “è morto a 38 anni per un incidente sul lavoro. Nel 2006, invece, sono stato io a subire due interventi al cuore”.
Si salvò e così ha fondato una biblioteca intitolata ad Andrea Fortunato. “Mi iniziarono a donare magliette calcistiche e allora ho creato anche un museo dedicato a Fortunato, in un locale di mia proprietà”.
Il mancino morì 21 anni fa, si stava affermando come titolare, nella Juve. “Era un grande uomo” – dice Polito – “anche per come ha vissuto la malattia. Me lo raccontò il professor Franco Aversa, che gli fece il trapianto di midollo osseo a Perugia”.
Al calciatore cresciuto nel Genoa è dedicato il libro “Una stella cometa”, uscito nel maggio 2010 a firma di Ivan Sica, giornalista salernitano, funzionario marketing della Msc crociere a Napoli.
Altra iniziativa di Polito è la proposta del passaporto ematico per tutti i bambini che iniziano a giocare.
“Dai 6 anni, per essere iscritti alla scuola calcio, chiediamo che venga inserito l’obbligo dell’esame del sangue e del test cardiaco, per il rilascio del certificato medico. Sinora solo la regione Marche ha sposato la proposta di legge”.
Giovedì 17 marzo, Stefano Borgonovo l’ex cannoniere di Milan e Fiorentina compirebbe 52 anni. Quel giorno gli sarà intitolato il piazzale davanti allo Stadio Sinigaglia di Como, dove aveva debuttato nelle giovanili. Fu dalla maglia lariana che iniziò la carriera, con successivo prestito alla Sambenedettese e poi il ritorno a Como.
“Sono stati i tifosi a chiedere questa intitolazione” – dice la moglie Chantal – “vorremmo fosse una grande festa”.
Borgonovo disputò la migliore stagione nell’88-’89, 14 gol in 30 gare a Firenze e allora la Serie A era a 16 squadre. Poi Milan, ancora fiorentina, Pescara e Udinese. La chiusura al Brescia, con 7 partite finali di nuovo in Friuli.
Un mese fa, era stato il sindaco di Como Mario Lucini a incontrare Chantal e il gruppo di tifosi “Pesi Massimi”, per organizzare la cerimonia di intitolazione, in programma alle 18. In largo Borgonovo arriveranno i ragazzi della scuola calcio di Giussano, fondata dall’attaccante.
“L’affetto per mio marito c’è sempre, il mondo del calcio ci è sempre rimasto vicino e lo è anche in questo momento, molto importante per la mia famiglia, perché questo è un ricordo che resterà, che vedranno i miei figli e i miei nipoti”.
L’intitolazione di una piazza non è così usuale per un calciatore, in genere si cercano personaggi che vengono da altri mondi. “Ma lo sport è formativo per giovani, è giusto che i ragazzi sappiano”.
Che diede a Chantal 4 figli: Alessandra (nata nel 1990), Benedetta (1997), Andrea (2000) e Gaia (2003). Il valore dell’uomo si rivelò nel momento più difficile: “Stefano ha dimostrato ciò che era più nella malattia che quando giocava”.
Nel 2008, la signora Chantal ha creato la fondazione Stefano Borgonovo Onlus, che sostiene la ricerca contro la Sla.
“Dopo la diagnosi, ci sono stati un paio di anni necessari, per metabolizzare quanto era successo, ma poi io e Stefano abbiamo cercato di gestire quello che ci è accaduto, senza essere in balia degli eventi”.
Di lì l’idea della fondazione, che ora lavora su una ricerca epidemiologica, a studiare la connessione tra calcio e malattie neurodegenerative, per capire se la professione di calciatore possa rendere più sensibili a malattie di questo genere.
“Il dubbio che esista una connessione c’è” – spiega Chantal – “perché il numero di casi è anomalo”.
A fine febbraio, a Zurigo, Chantal Borgonovo aveva incontrato Sanjeevan Balasinggam, direttore delle relazioni internazionali della Confederazione Asiatica di Calcio (Afc). “E lì ho appreso che anche il più grande calciatore della Malesia è morto di Sla, 15 anni fa. Vent’anni fa non se ne parlava, è stata l’Italia a fare da apripista”.
Il ruolo più grande nel portare l’attenzione sul morbo di Lou Gehrig lo ebbe proprio Stefano.
“Perché lui era l’immagine. Guardandolo, si aveva davanti l’esito di una malattia del genere”.
Se Borgonovo ebbe la forza di diventare una bandiera, è stato anche grazie alla moglie: “A un certo punto, la malattia c’era, ritenevo sbagliato nascondersi, non parlarne, per pudore o vergogna. Il mostrarsi di Stefano ha permesso di emergere a tante associazioni che lavorano nel silenzio”.
Anche per questo, gli 8 anni con la Sla, malattia terribile e complicata, “sono stati belli e terribili, fuori dal tempo. E a loro modo ci hanno dato tanto”.
Ad aprile sarà Firenze a dedicare una via a Stefano. Del resto a dicembre Chantal Borgonovo era stata nominata ambasciatrice della fondazione Museo Fiorentina da parte del presidente Andrea Galluzzo e dell’assessore regionale alla Sanità Stefania Saccardi, nella IV edizione della hall of fame viola. Nell’ottobre 2013, lo stesso Stefano era entrato nella galleria delle glorie della Fiorentina. E adesso tanti lo ricorderanno, passando per le strade di Como e Firenze.
Vanni Zagnoli