“Furia cavallo del west…”. Nei formidabili anni ’70, Mal cantava così. E quella sigla di telefilm nel tardo pomeriggio era molto popolare. All’epoca furoreggiava anche Giuseppe Furino, classe 1946, medianaccio e capitano della Juve. Ne impersonava le stimmate, corsa e marcatura a tutto campo, rigorosamente a uomo. “Furia, furin, furetto”, lo definiva Vladimiro Caminiti, la firma palermitana di Tuttosport, tra le più fiammeggianti del giornalismo di ogni tempo. Camin aveva un debole per Furino, quel centrocampista con i capelli diradati che esaltò la Juve di Trapattoni e del presidente Giampiero Boniperti: un gregario unico, amato quanto i campioni.
Beppe Furino parlava poco, non era un personaggio televisivo, anzi allora il calcio in tv era centellinato e quel corridore instancabile nato a Palermo era un leader silenzioso e nato.
A 69 anni, vive a Moncalieri, fa l’assicuratore e non è più dirigente giovanile della Juve. La chiacchiarata parte dall’attualità, dall’unico giocatore del Palermo che conosce. “Il portiere Stefano Sorrentino – racconta -, era nel settore giovanile della Juve nel mio periodo. Già a 18 anni esprimeva tante belle qualità, poi passò al Torino. Sono veramente contento che sia riuscito a farcela, nel senso che si è affermato come ottimo professionista”.
Che meriterebbe di esordire in nazionale, nonostante i 36 anni. Qui però Furino frena, come quando arretrando si fermava ad aspettare l’avversario o avanzando evitava di raggiungere il fondo per non scoprire la squadra. “Non saprei. Indubbiamente è stato protagonista di una bella carriera e anche lunga. Merita ogni soddisfazione”.
A questo punto si passerebbe all’analisi dei giocatori rosanero, per giudicare il rendimento dei centrocampisti, qui “furia” abbastanza attento ai rosanero. “Non mi soffermo più di tanto, sui singoli, a livello nazionale, per la verità su nessuna squadra. Seguo il Palermo come risultato, sempre e da sempre, però non vado tanto oltre. Sì, gli highlights, però mi fermo lì. Sta facendo bene”.
Sì e no, perchè quelle 6 sconfitte nelle ultime 9 giornate di gestione Iachini sono costate l’esonero al tecnico della promozione e della larghissima salvezza. “Non ho preferenze fra lui e Ballardini. Sottolineo unicamente che chi viene a lavorare a Palermo sa che il presidente Zamparini è particolare e dunque occorre rispettare le sue abitudini: all’esonero. E’ peraltro la vita dell’allenatore a essere segnata: 1, 2, 3 anni al massimo e poi si cambia, ovunque. Adesso spero che i rosanero sappiano fare bene, che raggiungano le zone alte della classifica: dopo la Juve, sono la mia squadra; la mia seconda squadra, che ho sempre seguito con attenzione”.
Da palermitano. “Non proprio. Perchè nel capoluogo sono rimasto solo 6 mesi, da allora la famiglia passò a Ustica. E dall’isola a 12 anni raggiunsi Torino: ogni tanto ritorno, magari per 2-3 giorni”.
Anche a Palermo rientrò, per giocare una stagione in serie A, a 22 anni, nel ’68-’69. “Con il catanese Carmelo Di Bella in panchina, chiudemmo a centroclassifica”.
Oggi fra l’altro non esistono più Furino. “Non ne vedo, tra Palermo e Juve. I bianconeri vengono da 3 vittorie di fila, in campionato, devono continuare la striscia positiva. Dybala? Sabato ha segnato un bel gol, al Milan: spero che si ripeta al Barbera”.
A cura di Alessandro Mazzarino