Il rinascimento di Parma prosegue a Firenze. La squadra delle 8 coppe fra il ’92 e il 2002 risale in B, aveva vinto la serie D e ieri si è aggiudicata la finale del lunghissimo playoff, a 28. Era la prima volta per il calcio italiano, una bella novità, azzeccata per le emozioni e l’equilibrio. Non tanto nella finale, l’Alessandria insidiosa solo nella ripresa e battuta 2-0.
I grigi sono incapaci di sfruttare l’errore di Lucarelli in avvio, con Gonzalez. Il Parma segna all’11’ grazie al numero dal fondo di Calaiò, bomber anche in A, nel Siena e nel Genoa. Crossa per Manuel Scavone, che di testa anticipa Cazzola e Branca. Calaiò sfiora il raddoppio, nel primo tempo succede poco altro, a parte l’espulsione di Faggiano, corpulento ds dei crociati. La ripresa è inizialmente piemontese, sino al raddoppio di Nocciolini, favorito da un rimpallo, a metà frazione. Non si avvertono le squalifiche di Corapi e Scozzarella, pesa di più l’assenza di Bocalon per Fischnaller tra i grigi.
E’ festa per i 6mila arrivati dall’Emilia, contro i quasi 3500 piemontesi. Al Franchi c’è un totale di 16500 spettatori, eccellente per la Lega Pro. La finale è memorabile per il caldo, perciò servono un timeout di 2’ per ciascuno dei tempi e gli idranti per rinfrescare gli spettatori in curva, all’intervallo. In tribuna esultano Stefano Pioli, parmigiano partito dal gialloblù, e Crespo, prossimo vicepresidente, grazie al gruppo dei cinesi Desport. Che in 5 anni vogliono la serie A, ma l’ambizione è di riuscirci molto prima, perchè il potenziale economico e anche tecnico è già da categoria superiore. “E questa squadra – ci confessava l’allenatore Roberto D’Aversa – era già più adatta alla B che alla Lega Pro”.
A Parma, 25 anni fa, si vinceva la prima coppa, Italia, contro la Juve di Trapattoni. C’era Nevio Scala in panchina, nel 2015 la ripartenza avvenne con lui presidente, con il suo calcio biologico. Il progetto è in parte naufragato a novembre, l’hanno finalizzato il vice Marco Ferrari, ex giornalista, con Guido Barilla, presidente della multinazionale della pasta. Con loro Paolo Pizzarotti, grande costruttore edile, e l’ingegner Giampaolo Dallara, mito dell’automobilismo. Non ci sono più il Pallone d’Oro Stoitchkov nè Taffarel che ipnotizzò Roberto Baggio, Baresi e Massaro nella finale mondiale del ’94, con il Brasile. La coppa stavolta è sollevata da Lucarelli, capitano nell’ultima A, a 40 anni. Esultano i grandi ex in giro per il mondo, a partire dal Pallone d’oro Cannavaro. L’isola è tornata felice, tre anni dopo l’Europa sfumata a tavolino, per colpa di Ghirardi e Leonardi. Alimenta la regione top del calcio italiano, con 3 squadre in A (Bologna, Sassuolo e Spal) e 3 in B (Carpi, Cesena e i crociati).
Vanni Zagnoli