Questo articolo è valorizzato anche da Lucio Giordano (Alganews).
https://luciogiordano.wordpress.com/2015/08/03/alice-pignagnoli-la-bellezza-tra-i-pali/
(v.zagn.) Alice Pignagnoli è una della calciatrici più popolari d’Italia, poichè alla bravura fra i pali abbina fascino. E’ personaggio televisivo, giornalista, ha grande successo sui social networks.
Qui proponiamo una delle tante interviste che ha rilasciato, ma altrettante le ha declinate per questioni di tempo.
E’ uscita un paio d’anni fa, sul sito di Repubblica Parma.
http://women-parma.blogautore.repubblica.it/2013/08/29/alice-pignagnoli-una-donna-in-porta/
Con la caparbietà di chi si trova da solo a fare da estrema barriera davanti a un intero stadio, Alice Pignagnoli ha inseguito un sogno più sfuggente di qualsiasi pallone: giocare a calcio ai massimi livelli in Italia. Lei ce l’ha fatta. Nell’anno 2011/2012 ha raggiunto l’apice, Supercoppa e scudetto nella squadra più forte della serie A1, la Torres Calcio Femminile. Una passione che coniuga, non senza fatica, con il lavoro. E proprio il lavoro di giornalista sportiva ha portato questa 25enne reggiana anche a Parma, dove è stata co-conduttrice del Tg Sport Dilettanti e volto di Bar Sport su Tv Parma.
Nel suo futuro c’è sempre la comunicazione e c’è sempre il calcio, anche se Alice ha rinunciato al sogno della Nazionale. E non solo per motivi personali, spiega. Da quando lei ha iniziato a correre dietro al pallone da bambina la cultura del calcio femminile ha fatto passi da gigante, ma rimane ancora molto da fare. Come in molte professioni in Italia, i massimi livelli rimangono preclusi alle donne che vorrebbero coniugare famiglia e carriera.
“Mi sono sempre chiesta come sia nata questa mia passione – racconta Alice – da piccola giocavo sempre con gli amichetti maschi. Al tempo non c’erano squadre femminili per bimbe e i miei genitori erano contrari a farmi proseguire su questa strada. Grazie alle insistenze di un allenatore per due anni ho giocato in una squadra maschile, poi a dieci anni i miei mi hanno imposto di smettere e ho giocato a volley fino a quattordici anni. Ma sognavo sempre il calcio, prendevo il pallone con i piedi!”.
Come sei tornata alla tua vera passione?
“Mi sono iscritta al liceo scientifico Moro a Reggio Emilia, che ha una squadra femminile pluriscudettata. Ho scelto questa scuola soprattutto per questo, quando ho visto appesa la foto della squadra ho capito che faceva per me. Ho cominciato ad allenarmi e sono stata scelta dalla Reggiana. Da lì è cominciato un percorso che mi ha portato in tutta Italia. A sedici anni sono diventata portiere in prima squadra, quindi sono andata a Varese e poi al Milan, dove è cominciata la mia vera carriera in concomitanza col primo anno di università. A vent’anni ho esordito in serie A. Sono andata a Como e a Napoli, dove ho fatto una grande esperienza di vita. Quindi la chiamata della Torres, la squadra più forte d’Italia. Mi sono trasferita a Sassari. Nel 2011/12 abbiamo vinto Supercoppa e scudetto”.
Come sei riuscita a coniugare calcio e studio?
“Sono sempre stata motivata a dare il meglio di me su tutti i fronti. I miei genitori non volevano che giocassi, quindi ho cercato di ottenere buoni risultati universitari nel minor tempo possibile. Mi sono laureata allo Iulm con ottimi voti”.
Ora hai deciso di tornare a Reggio Emilia.
“E’ stata una decisione molto dolorosa, che ha significato sacrificare il sogno. Ho scelto di giocare nella Riviera di Romagna, squadra di Cervia. Volevo stare con il mio compagno, ma lo stipendio di una donna nella migliore squadra della Serie A è pari a quello di un operaio. Non era possibile far venire il mio fidanzato a Sassari senza un lavoro. Mi dispiace che le donne debbano sempre scegliere. Un ragazzo che giochi in C2 guadagna abbastanza per mantenere una famiglia”.
Adesso affianchi il calcio al lavoro.
“Nel calcio femminile si è sentita molto la crisi economica e lo stesso nel giornalismo sportivo, professione che avevo intrapreso con diverse collaborazioni in tv e quotidiani locali. Quest’anno sono stata assunta in un’azienda che fa siti web a Reggio Emilia. Nel 2013 giocherò nell’Oristano in A2 perché mi permette di lavorare durante la settimana e di allenarmi e giocare solo nei weekend. Sarà dura ma non ci mollo. Intanto mi alleno nella squadra del mio ragazzo, in Promozione. Hanno fatto un’eccezione per me, i compagni mi trattano come una di loro”.
Come hai scelto il ruolo di portiere?
“Fino a 15 anni ho giocato in centrocampo, perché tutti i bambini vogliono correre dietro al pallone. Poi mi sono trovata in porta per motivi molto pragmatici, alcune mie compagne erano state chiamate in Nazionale. Così mi sono innamorata del ruolo. Ci vogliono coraggio e personalità, perché sei da solo di fronte a tutti”.
Perché ci sono pregiudizi verso il calcio femminile, anche da parte di molti genitori?
“Quando ero piccola chiaramente mi dicevano che era uno sport per maschi, ma diciamo che il timore comune è che ci sia un ambiente omosessuale negli spogliatoi. Io rispetto le scelte di tutti. Ho un mio carattere, non sono stata influenzata e non ho rinunciato alla mia femminilità. Sono rimasta me stessa. Bisogna dire che in Italia il calcio femminile continua esistere solo come nicchia e questo a certi livelli esclude le donne che vorrebbero una famiglia. In America, ad esempio, ci sono asili nido per le mamme che giocano. Comunque dico ai genitori di assecondare le figlie e di stare loro vicini in un percorso che comporta sacrifici, ma dà anche molto”.