La farfalla d’oro, un metro e 43 per 37 chili scarsi, ha sbagliato anno, per esplodere. Avesse avuto oggi la forma del 2006, quando vinse gli Europei a squadre e l’argento al corpo libero, e poi l’oro mondiale assoluto e due bronzi, o anche dell’anno scorso (titolo continentale nel concorso generale e al corpo libero), oggi monopolizzerebbe la corsa ai podi, invece è una grande delusione. Vanessa Ferrari è entrata nella finale a 24 del concorso generale con il 16° punteggio; era 21ª, ma ciascuna nazione può portare in fondo soltanto 2 atlete e così ha recuperato 5 posizioni. Resta avanti di due rispetto a Lia Parolari, 23ª in base ai punti realmente ottenuti. Le avvisaglie c’erano state alla vigilia, con ben tre cadute in un giorno, nelle diagonali al corpo libero. Allarme rosso, i patapunfete si sono ripetuti ieri, alla trave e alle parallele asimmetriche, come una pivellina qualsiasi. La bresciana ha alleggerito le difficoltà al corpo libero, levando lo tsukahara, difficile salto con avvitamento che prende il nome dalla campionessa giapponese oro a Monaco 1972, grazie a quell’esecuzione. È caduta dalla trave dopo appena dieci secondi, solo il volteggio è andato bene, alle parallele asimmetriche ha perso immediatamente il ritmo dell’esecuzione, toccando il palo alto, sino a scivolare da un salto Tkachev. Adesso non è facile per Vanessa essere ottimista. «Ho sbagliato nei due attrezzi dove non avevo avuto problemi, in finale sicuramente potrò far meglio e recuperare almeno due punti». Accanto ha papà Giovanni e mamma Galia, la bulgara che la iniziò alla ginnastica: i fratellini sono rimasti nel paese balcanico, dai nonni. Lontano da occhi indiscreti, scoppia in un pianto liberatorio.
«La pedana del corpo libero e il volteggio non mi erano piaciuti, nelle prove, eppure sono andata meglio lì. Mi dispiace solo essere arrivata a un momento cruciale della mia carriera non in perfette condizioni fisiche».
L’anno scorso tre mesi di stop per una microfrattura al piede sinistro, di cui i medici si accorsero solo dopo i Mondiali di Stoccarda. La mazzata appena due mesi e mezzo fa, al termine degli Europei: tendinosi all’altro piede. Soprattutto nella ginnastica serve tempo per recuperare la condizione, altrimenti si perde equilibrio, in senso letterale. Vanessa ha ancora difficoltà a saltare e a compiere alcuni movimenti. «Ci ho messo tutta la grinta e l’impegno possibili, senza allenamento non hai possibilità, specie nelle parallele e alla trave, specialità molto tecniche. Nel riscaldamento avevo avvertito dolore alla caviglia: non posso tentare alcun esercizio più difficile, a questo punto mi interessa far bene per la squadra».
Decima nella rotazione, dal sesto posto iniziale, anche lì la medaglia è chimera. L’Italia per inseguire il podio si aggrappa alla imolese Carlotta Giovannini, 18enne di Castel San Pietro Terme, sesta nel volteggio, in cui si aggiudicò l’Europeo 2007. «Spero di fare due bei salti, intanto mi gusto questa finale olimpica. Centrarla alla prima botta non è male». Voleva conoscere Scamarcio, poi si sarebbe accontentata di Valentino Rossi, adesso punta su Aldo Montano.
Tornando a Vanessa, a 17 anni ha ancora il mondo nelle mani, certo chiudendo gli occhi avrà sognato di emulare l’inarrivabile Nadia Comaneci, la rumena che a Montreal ’76 convinse i giudici della sua perfezione, con i primi 10 nella storia di questo sport simbolo di Olimpia. «Sono pur sempre una debuttante – prova a consolarsi -. L’All Around mi ripaga dell’errore alle parallele». Il National Indoor stadium l’ha riportata sulla terra. È forte, si riprenderà. «Non sento bene i tempi, sono stanca e ho male alla gamba», sussurrava tre giorni fa. Nessuno è miglior medico di se stesso. A consolarla pensano le compagne, dalla capitana Monica Bergamelli, che a 24 anni fa la chioccia. Viene il dubbio che i tecnici federali abbiano sbagliato la programmazione, spremendo troppo le nostre nelle scorse stagioni. «Americane e cinesi – confessa il direttore tecnico femminile Enrico Casella – hanno palestre piene, possono scegliere fra potenziali ginnaste di alto livello. Noi dobbiamo valorizzare chiunque si affacci». A Pechino americane e cinesi, ovvero Shawn Johnson, Nastia Liukin e Yilin Yang, sono destinate a spartirsi le medaglie. «Non è la fine di un ciclo – sostiene Casella -, qualcuna lascerà, è fisiologico, certo non Vanessa. Basta riuscire a fermarla per quattro mesi e tornerà quella di sempre, magari già agli Europei di Milano, nell’aprile del 2009. La mancata medaglia olimpica non cancella quanto fatto in questi anni». Però ci eravamo tutti illusi.