La Gazzetta di Parma. La città piange Ugo Mazzoni, storico tifoso ducale morto a 34 anni per arresto cardiaco. Aveva coronato il suo sogno di opinionista, a Teleducato con Michele Angella

La prima stesura del pezzo in memoria di Ugo Mazzoni, già mio collaboratore tecnico al Parma, nel 2007-08. Grazie a Filiberto Molossi per la sensibilità che ha mostrato nel trattare una vicenda dolorosissima, per me

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Ugo Mazzoni

Vanni Zagnoli

Da oggi la curva del Parma e anche il salotto televisivo di Teleducato non sarà più lo stesso. Perchè mancherà a tutti Ugo Mazzoni, 34enne parmigiano, tifosissimo crociato e affezionato delle trasmissioni sulla squadra del cuore. Ugo da tre stagioni aveva coronato il suo sogno, diventare opinionista in tv. Una decina di apparizioni sull’emittente guidata da Pietro Adrasto Ferraguti, nella trasmissione Calcio e Calcio di Michele Angella. Era tra i tifosi che si alternavano come opinionisti, andava in curva, vicino ai distinti per stare vicino agli amici, per vivere la partita al Tardini in maniera totalizzante, non certamente perchè ultras dentro.

Mazzoni era un ragazzo espansivo e al tempo stesso timido, amava il dibattito ovunque, imporre le proprie idee agli amici, persino ai giornalisti, all’inizio quasi li sfidava. “A me tutti chiedono un parere sulla partita e poi lo usano in televisione”. Certamente Ugo aveva colpo d’occhio, capacità di concentrazione sullo sviluppo del gioco ma anche si faceva prendere dalla partita. Nella stagione della retrocessione in B era salito spesso in tribuna stampa, accreditato come tecnico di una radio nazionale, e lì aveva conosciuto tutti i giornalisti al seguito del Parma. Voleva far parte a tutti i costi di quel gruppo, in qualche modo c’è riuscito. Andava spesso anche in trasferta, aveva collaborato per gli sport vari (rugby in particolare) per L’Informazione di Parma. Gli piaceva farsi desiderare, dal caporedattore Matteo Billi: “Ti faccio un gran favore nell’andare a quella partita”.

Mazzoni, giustamente, avrebbe voluto essere pagato, vivere della sua passione ma era impossibile e allora si era gettato con grande determinazione nel lavoro. “Sono stato sveglio notti – ci confessava – a chiedermi come fare il giornalista sul Parma, ci ho messo una pietra sopra”.

Ecco, quella chiamata in tv era giunta improvvisa e non più attesa, dopo qualche commento in radio e a margine di interventi su siti specializzati come stadiotardini.it.

“Il medico mi ha detto di darmi una calmata. Sono stato a fare terapie assieme a Pino Colombi, ma tu non gliene parlare”.

Pino era il decano dei giornalisti parmigiani, esperto di calcio e di baseball, altra specialità di Mazzoni. Esuberante quanto discreto, rispettoso della privacy. Due anni e mezzo fa, la morte di Colombi lo aveva colpito molto.

“Sapeva di essere cardiopatico – racconta il padre Giancarlo, 72 anni, laureato -, ma di certo non immaginavamo che sarebbe finita così tanto presto”.

Ugo si era sentito male martedì.

“Aveva una tosse incredibile, la pressione bassa, sia la minima che la massima, da martedì era ricoverato all’ospedale Maggiore, è morto giovedì alle 16, per arresto cardiaco”.

Ugo era l’orgoglio di una famiglia molto unita, abitante vicino al centro, al civico 13 di via Filzi. “Lo chiamavamo Ughy”.

Il padre ha 72 anni, è stato dirigente di importanti aziende: Barilla, della reggiana Nelsen (specialista di detersivi per piatti) e della Parmalat.

La madre Franca Manfredi ha 67 anni, è stata insegnante a Reggio, a Praticello di Gattatico e a Sant’Ilario d’Enza. La coppia ha un figlio più giovane, Alessandro, approdato alla Ferrero.

“Ugo – spiega la mamma – era in attesa di un nuovo lavoro, da fine dicembre. Veniva da un corso Ifoa e da un’esperienza lavorativa a Vignola, nel Modenese. Per 5 anni si era fatto largo nell’edilizia, come agente commerciale di un’azienda di Brescia, l’Alfaacciai, nel gruppo Consider, dei fratelli Bianchi”.

Laureato in economia e marketing, Mazzoni aveva sempre lavorato con profitto e grande determinazione economica, alla Cremonini (Montana) e nell’edilizia. E quando al Parma succedeva qualcosa di particolare, come un cambio di allenatore, aveva l’abitudine di informarsi, di dialogare con i giornalisti, di intervenire.

“La mia settimana ha un sapore diverso, se il Parma vince”, confessava.

Aveva un compagna, la moldova Lilia Paciu, pure laureata. Amava viaggiare con gli amici e le ragazze straniere. Con loro condivideva la passione totalizzante per lo sport, discetteva persino di politica. “Ultimamente mi appassiona molto”, disse pochi anni fa. Mazzoni, insomma, era un polemista selfmade, non si sentiva inferiore a nessuno, avrebbe discusso di calcio persino con un direttore di giornale, convinto di avere ragione. E quando il Parma andava male aveva l’abitudine di sferzare i calciatori incontrati per caso. Al bar, in discuteva. “Ho detto quel che penso al tale. Per me non si impegnano come dovrebbero”.

Ugo, insomma, alternava l’anima del supertifoso a quella del giornalista in pectore.

“Il suo decesso – dice con lucidità il padre – ha colpito l’intero ospedale. Era in attesa dell’esito degli esami, ne aveva fatti molti, sembrava andasse tutto bene. Era andato dal medico anche lunedì, perchè quella tosse non gli dava tregua”.

Giancarlo Mazzoni arriva al nocciolo della vicenda. “Da quasi due mesi viveva uno stato depressivo perchè non arrivava il posto di lavoro inseguito. Era un tipo aggressivo, sul Parma come sul lavoro, non gli andava di essere a casa. Martedì mattina l’avevamo portato al pronto soccorso”.

La famiglia, gli amici, i parenti, gli erano vicini. Certo caratterialmente non era facile e allora rifiutava l’idea della retrocessione del Parma e pure del fallimento. Non ammetteva di dover stare a guardare gli altri, pur in un periodo di crisi economica e senza particolari esigenze.

Mazzoni mancherà a tutti per l’umanità e anche per quel pizzico di presunzione che lo rendeva unico, fra i tifosi. Si schierava dalla parte di qualche giornalista in particolare, amava il dibattito comunque aspro, incitava i timidi, come lui, a battersi per le proprie idee.

“Giovedì – conclude – il padre si sarebbe piazzato davanti alla tv per seguire Calcio e Calcio su Teleducato”.

Quest’anno era andato solo a metà settembre ma non perdeva una puntata perchè si sentiva parte di quell’ambiente. In fondo non sono tanti i tifosi passati dalla curva a uno studio televisivo, Mazzoni per questo si sentiva un privilegiato. Troppo difficile fare carriera nel giornalismo, lo coltivava come passione. Con idee originali e razionali al tempo stesso.

Esistesse un cimitero di tifosi del Parma, come hanno un paio di squadre nel mondo, Ugo probabilmente si sarebbe fatto seppellire lì, con la sciarpa e vestiti gialloblù. Andava in trasferta, lo raccontava alle feste di compleanno e sui social. Era un lettore affezionato della Gazzetta. Parmigiano doc, possiamo testimoniarlo.

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