di Vanni Zagnoli
Katowice (Polonia) – Il nuovo re Mida del volley italiano prende la parola nella notte, alla cena dell’Italia, con lo staff, la squadra, gli ospiti e i parenti, poi toccherà ad Anzani, che si commuoverà.
“Per fare quanto abbiamo fatto, bisogna essere speciali, diversi – spiega Ferdinando De Giorgi -, perchè sennò non si fa. Avete reso magica la notte e orgogliosa una nazione”. È il ct pugliese a chiamare l’ovazione, il “popopopopo” che rimanda al titolo mondiale dell’Italia nel calcio, a Berlino 2006. Gli azzurri sono campioni per la quarta volta nella storia, dopo le 3 di fila che l’hanno visto in campo negli anni ’90. Fefè il sornione, così normale, con il suo metro e 78 e la pancetta che l’accomuna a un altro grande tecnico, Sandro Campagna, della pallanuoto, un mondiale in calottina e due da allenatore.
Fefè, come ha fatto a piazzare il double, si direbbe nel pallone, il mondiale, un anno dopo l’Europeo?
“Non l’ho fatto da solo – sorride -. C’è tutto un processo di squadra, di staff, di federazione che ha spinto sempre verso l’alto, per cercare di migliorare. E poi ci sono i ragazzi, che vanno in campo. Io posso parlare, allena’, poi loro devono giocare. Insieme abbiamo creato una cosa stupenda, siamo vicini all’eccezionale”.
Sabato notte sembrava troppo ottimista: la Polonia non era favorita, nonostante il fattore campo?
“Di fronte a quei 12mila vocianti, per tutte le squadre è stata una prova complicatissima, gli Usa nei quarti e poi il Brasile si sono arresi al tiebreak, noi l’abbiamo chiusa in 4 set. Assieme alla Francia, i biancorossi come roster sono i più completi e tecnicamente i più forti. L’ambiente così caldo si trova in pochi altri posti, li abbiamo messi in difficoltà restando punto a punto, resistendo e giocando la nostra pallavolo. È stata una prova di maturità, dal massimo coefficiente”.
È il ct che effettua meno cambi al mondo. Nel terzo set Alessandro Michieletto era in flessione, in attacco, ha resistito alla tentazione di sostituirlo e poi ha risolto lui, anche nel quarto.
“Bisogna guardare l’equilibrio all’interno del sestetto, stava ricevendo bene, in battuta ha fatto cose buone, in attacco stava soffrendo un po’ ma conta l’assetto globale, non era il momento per levarlo. Chi non entra è fondamentale in allenamento. E poi noi siamo una squadra nuova, anche nella prima fase dovevamo sistemare qualcosa e trovare il ritmo”.
L’allenatore polacco Nikola Grbic è onesto: “Potevamo perdere anche il primo set, negli ultimi mai abbiamo dato la sensazione di poter raggiungere il tiebreak, salvo qualche sprazzo”.
“Abbiamo mantenuto molto elevata la pressione al servizio e l’intensità di gioco. I polacchi hanno iniziato a difendere e a battere bene, abbiamo tenuto in ricezione e coperto in difesa, in azioni lunghe. Non le abbiamo vinte tutte ma abbiamo sfiancato la loro resistenza. Bisognava restare lucidi, senza farsi trascinare dall’ambiente, a parte nel finale di primo set, in cui abbiamo patito, come tante squadre, i turni al servizio di Bieniek. Siamo rimasti lì, come fossimo veterani di guerra. Io poi qui ho allenato per 3-4 anni, alcuni mesi anche la nazionale”.
Nel palmares mondiale davanti c’è solo la vecchia Unione Sovietica, con 6 titoli, con 4 l’Italia lascia dietro Brasile e proprio la Polonia. Che effetto fa?
“Sappiamo da dove siamo partiti. È bellissimo rivivere queste sensazioni di nuovo, con una squadra di questo tipo. Ci ho sempre creduto, i ragazzi hanno valori tecnici e di gruppo, che devono conservare e utilizzare sempre meglio. Trasmettono emozioni”.
È fra i 7 giocatori vincitori di tre titoli mondiali e l’unico ad esserci riuscito anche da ct. Quali differenze?
“Da allenatore è molto più completo. In campo la vivi con la squadra ma molto su te stesso. Il primo successo, in Brasile, fu un’esplosione di gioia incredibile, nella finale contro Cuba, in panchina assapori tutti i profumi, te la gusti di più, incidi su tante situazioni. Quel tris di mondiale da giocatore è stata un’esperienza mia, che aiuta a guidare, sono stato infettato da quel periodo, di Velasco, della generazione dei fenomeni. L’èra è diversa”.
Ha vinto anche la stagione regolare della Nations league, raggiungendo la semifinale, con una nazionale che dal 2017, dall’argento in Grand champions sup non era più salita sul podio. Sino al suo arrivo al posto di Blengini.
“Stiamo andando veloci, è vero, avviene perchè c’è una grande partecipazione. Quando tutti spingono verso la stessa direzione, si accelera un po’. Questo anno vale più di uno, per questa rosa. Pensavo di fare il meglio possibile, a questi livelli non hai mai la sicurezza di vincere”.
Avevano già disputato mondiali solo Anzani (altri due) e Giannelli (uno, a Torino, a Katowice è l’mvp. Come ha mascherato l’inesperienza?
“L’esperienza serve, intanto però la compensi, cercando di giocare il meglio possibile, a pallavolo, restando compatti, con l’aiuto reciproco. Ero convinto che questi ragazzi potessero lottare per traguardi importanti anche prima dell’Europeo”.
In un mese e mezzo, com’è passato dallo 0-6 a Bologna, fra semifinale, con la Francia, e finale per il 3° posto, con la Polonia, alle due vittorie?
“Abbiamo guadagnato centimetri nei confronti di entrambe, concentrandoci su 2-3 particolari. C’erano da usare bene le sconfitte in Nations, le abbiamo trasformate in oro”.
De Giorgi, nella notte ha twittato: “Speranza e fiducia per la nostra Italia dal carattere di questi giovani talentuosi!”.
“I ragazzi credono tanto nel valore della maglia, nel rappresentare con orgoglio la nazione. Hanno cultura del lavoro e senso di appartenza, speriamo si aggiungano altri talenti”.
Rispetto alle olimpiadi di Rio, ha rinunciato agli schiacciatori Juantorena e Kovar, all’opposto Vettori, al centrale Piano e al libero Colaci. Per la Nations aveva richiamato Zaytsev e poi l’ha congedato. È raro puntare su tanti giovani…
“Vanno date opportunità e fiducia, anche se sbagliano serve calma, sennò non si cambia mai”.
Yuri Romanò era in panchina a Milano, in serie A1, è stato decisivo con la Francia e sempre continuo.
“È un ragazzo che merita. Ha qualità fisiche, tecniche, necessita di giocare, ha fatto un’accelerazione incredibile, quest’anno ha giocato quasi solo in Vnl. E ha margini di miglioramento notevoli”.
Fra l’altro lei ha giocato per vincere, sempre, anche nella prima fase, in cui perdere un set avrebbe consentito di evitare la Francia, nei quarti.
“Quando fai calcoli, fai perdere valore allo sport, si entra sempre in campo per il massimo. Evitare avversarie di proposito mi dà l’idea di debolezza, sei troppo preoccupato su chi devi incontrare”.
“QUESTO È IL PUNTO PIÙ ALTO DELLA MIA CARRIERA”
Quanto incide il pedagogista Giuliano Bergamaschi nello stemperare le tensioni?
“Cerchiamo di contenerle. Il nostro lavoro è una sfida bella, il mondiale dal punto di vista anche tattico è il più complicato, non deve mancare il gusto di viverlo”.
I segreti sono scritti nella sua cartellina, che porta a bordo campo?
“No, qui solo cretinate – scherza -, giusto per far finta…”.
È il punto più alto della carriera?
“Per adesso sì, speriamo ci siano altri momenti”.
Cioè Parigi, 2024, l’appuntamento con l’unico oro che manca, come ricorda Libenzio Conti, dirigente federale che ha vissuto tutti i mondiali, dal ’90, anche al femminile.
“Devo avere sbagliato qualcosa nella progressione, stiamo andando fin troppo rapidi”.
Fefè, dica la verità. Si arrabbia mai?
“Molto”, simula una faccia cattiva.“Beh”, interviene Gianluca Galassi, premiato come uno dei migliori 2 centrali, nel secondo set della finale si è spazientito anche lui”.
Il livornese Antonio Giacobbe è arrivato agli ottavi con la Tunisia a 75 anni. Lei ne ha 61, sino a quando allenerà?
“Non so. Giacobbbe e il professor Silvano Prandi allungano la vita a noi allenatori. ‘Non smettete mai’, si può dire, perchè anche a quell’età si può fare qualcosa di buono”.
Cosa le lascia la visita alla presidenza della Repubblica?
“È sempre un dolce venire, al Quirinale, significa che abbiamo fatto qualcosa di importante. Il presidente Mattarella era molto informato. Abbiamo passato la notte in bianco ma ne è valsa la pena”.
Ora la federazione stanzierà un milione e 260 mila euro da dividere fra i componenti della spedizione azzurra, in Slovenia e Polonia. E in tv la pallavolo riscontra ascolti calcistici, su RaiUno quasi 4 milioni di telespettatori per l’Italia campione del mondo, su Skysport 465mila. E fra un mese magari si farà il bis, con la probabile finale mondiale delle donne. Come agli Europei, un anno fa, si cerca un altro doblete.
Da “Ilmessaggero.it”, “Ilgazzettino.it”