Vanni Zagnoli
Jessica Rossi, bolognese, si rivelò a 17 anni, vincendo i campionati italiani, europei e mondiali. Fu oro a Londra 2012 e 6^ a Rio, si aggiudicò anche altri due titoli iridati e 4 europei.
Arrivata a 29 anni, ha vinto persino meno di quanto si ipotizzasse?
“Non sono infallibile – risponde in una pausa di allenamento -. Il tiro a volo non è come certe gare in cui se ripeti il tempo abituale vinci, dipende da un sacco di variabili, per vincere devono essere tutte ottimali”.
Come portabandiera, erano favorite due giovanissime, Paola Egonu e Larissa Iapichino, anche per dare un messaggio di integrazione.
“Leggevo quei nomi, neppure te l’aspetti. Puoi sognare, ma solo quando ho visto il numero del presidente Malagò, mercoledì sera, ho pensato che forse poteva essere”.
Prima non ha mai avuto il sentore di essere la prescelta?
“No, assolutamente. E il Coni mi ha chiesto il massimo riserbo, persino con alcuni familiari e nel ritiro. E’ stata una chiamata lunga, tornando a cena ho dovuto dissimulare, solo il ct Albano Pera si era accorto e neanche lui si è tradito”.
Nove anni fa, proprio il 20 maggio, il terremoto in Emilia toccò anche la sua famiglia.
“Papà Ivan e mamma Monica erano tornati nella casa di Crevalcore poco prima del mio rientro dalle Olimpiadi, in zona l’emergenza è proseguita a lungo. Papà è rimasto in quell’abitazione sino a pochi mesi fa, adesso si è separato. Ora condividere questa notizia è un terremoto di emozioni”.
A 53 anni, lui vince ancora, nel master della fossa olimpica. Avrebbe mai iniziato, senza un familiare praticante?
“Assolutamente no. Lo accompagnavo ai campi di gara, la prima volta avevo 7 anni, a 12 disputai la prima competizione”.
A Londra entrò nella leggenda con il record di 99 piattelli su 100 e per qualche mese divenne personaggio tv…
“Avevo promosso la nostra disciplina a Miss Italia e al festival di Sanremo, fermandomi di fatto sino a marzo 2013. Quando ripresi, pensavo che oltre l’oro olimpico ci fosse il nulla, che rappresentasse l’apice, invece il ruolo di alfiera vale persino di più”.
Veramente?
“Sì, almeno per chi ha già vinto un’olimpiade. E’ qualcosa di straordinario”.
Solo 5 donne furono portabandiera: Miranda Ciccognani (ginnastica) a Helsinki 1952, Sara Simeoni a Los Angeles 1984, Giovanna Trillini ad Atlanta ’96, Valentina Vezzali a Londra ’12. Che eredità le lascia Federica Pellegrini?
“Le donne hanno portato tanto al nostro sport, sono felice di poter contribuire. Sarà bello scambiare la bandiera con Elia Viviani, che ho conosciuto a eventi. La sfilata è il 23, la mia gara sarà 5 giorni dopo, ci sarà tempo per recuperare mentalmente, comunque non avrei rinunciato neanche se la data fosse stata ravvicinata”.
Imiterà Gigi Buffon, che 43 anni ha appena sollevato quello che potrebbe non essere l’ultimo trofeo della carriera?
“Il nostro sport è longevo, Giovanni Pellielo a 51 anni spera ancora nell’8^ olimpiade, è un esempio per tanti altri sport. Vediamo fin quando continuerò, mi sono già levata tante soddisfazioni”.
Ha pensato al numero di ori che potrebbero arrivare, a Tokyo?
“Non facciamoli questi conti (ride), siamo un po’ scaramantici”.
Lei a quanti punta?
“Al titolo individuale e poi al mixed team, ma non è detto che sarò prescelta io e non Silvana Stanco. Ora ci alleniamo ogni giorno, sul piano tecnico e fisico, a Lonato del Garda”.
Che messaggio vuole dare, di ripartenza?
“Un anno dopo questa tremenda emergenza, chiedo ancora pazienza, teniamo botta, prudenti sino alla fine delle vaccinazioni, io avrò la seconda dose il 7 giugno. Zia Simona ha superato il covid, ho perso un’altra zia per un’altra malattia”.
Tanti atleti si laureano, lei?
“Io non sono un esempio, ho solo il diploma di terza media, mi sono fermata dopo la seconda ragioniera, per il tiro. Ammiro chi studia, i miei esempi peraltro sono due mamme campionesse, Chiara Cainero e Diana Bacosi: ci saranno anche loro, in Giappone”.
In carriera quanto ha guadagnato?
“Non glielo dirò mai. Sono in polizia, mi segue un commercialista Nicola Grigolo, ex beacher alle olimpiadi di Atlanta, ’96, si occupa di quanto è dietro l’atleta”.
La più grande follia fatta?
“Nessuna. Spero di regalarmi una medaglia”.
Da “Il Messaggero”