La versione originaria del pezzo per Il Giornale.
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Di Vanni Zagnoli
“Ti insignirei in toga, di 15 lauree ad honorem”, recita via Paolo Fabbri, 43, una delle canzoni più popolari di Francesco Guccini, nato sull’Appennino pistoiese, al confine con la provincia di Modena.
Fu proprio al Modena che Giovanni (all’anagrafe) De Biasi toccò il diapason della carriera di allenatore, all’inizio del millennio, con due promozioni di fila e la salvezza in serie A, con la sua Longobarda. Allora si sentiva un po’ come Lino Banfi nel film L’allenatore nel pallone.
La scorsa settimana si è laureato davvero, honoris causa, per avere elevato il livello calcistico e sportivo dell’Albania. “Dimostra innata creatività, ricerca e disciplina tattica – recitano le motivazioni -, inducendo la metamorfosi sportiva e di immagine della nostra rappresentativa, veicolo formidabile di comunicazione dell’identità nazionale”.
De Biasi è dottore in scienze sociali, per meriti straordinari. “All’establishment politico-economico fornisce un patrimonio da salvaguardare, per la collettività. Contribuisce energicamente alla creazione del sentimento nazionale, in tutte le generazioni degli albanesi, dentro e fuori lo stato, tenendoli lontano dai vizi del tempo che viviamo”. Il ct trevigiano, di Sarmede, cambia dunque il costume e viene quasi considerato uno statista. Fa la storia del calcio oltre Adriatico e la pergamena gli era arrivata ancor prima di centrare la qualificazione.
L’Albania non aveva mai partecipato a fase finali di Mondiali, Europei e neppure di Olimpiadi. Avvicinò il passaggio a Brasile ’14, capeggiando a lungo il girone, ma poi finì quarta. Stavolta tiene, va però sottolineato che beneficia dell’allargamento delle iscritte, da 16 a 24. Sono anche quegli 8 posti in più a consentire a paesi calcisticamente meno evoluti di affacciarsi a Francia 2016: Galles e Islanda sono le altre matricole assolute, ma anche Austria (aveva partecipato a Euro 2008 solo perchè lo ospitava, assieme alla Svizzera) e Irlanda del Nord (come gli austriaci era stata protagonista più volte ai mondiali).
Da calciatore, De Biasi era stato un buon centrocampista, a 20 anni arrivò all’Inter, senza però mai giocare. Il suo ciclo più significativo fu il lustro a Brescia, dove tornò da allenatore salvandolo per l’ultima volta in serie A, con Baggio.
“Roberto è stato immenso – ci confessava -. Con i compagni aveva grandissima disponibilità e anche con me”. Fu anche il primo allenatore del Torino di Cairo, lo promosse in A ma venne esonerato prima dell’inizio del campionato. Tornò al posto di Zaccheroni e lo salvò. Passò in Spagna, al Levante, non lo pagavano e allora ritornò per la salvezza bis. Altro esonero, ma avrebbe meritato una fiducia diversa, tipo che quella ottenuta da Ventura in questi anni. La sua ultima serie A è stata a Udine, nel 2010, due mesi da subentrato e poi licenziato. Lì si è dedicato alla tv (Mediaset Premium, di recente La7) e alle Aquile.
“Guadagno come un allenatore di medio livello di serie A, la tassazione però qui è favorevole, del 10%, regolata da una convenzione con l’Italia: devo passare in Albania almeno 180 giorni l’anno. Qui la crisi economica è ormai alle spalle, la manodopera costa poco più di 200 euro al mese”.
In rosa ha il portiere della Lazio Berisha e l’ex difensore Cana, capitano; l’esterno del Napoli Hysaj e il centrocampista del Pescara Memushaj. Lila, invece, era stato al Parma, Basha viene dal Torino. “Aveva giocato con l’under 21 svizzera, trovai un escamotage per farlo venire da noi”. Con il vice Tramezzani, De Biasi per gli albanesi fa tutto, anche il dirigente astuto.