Da Il Gazzettino del nordest
Se ne va Bruno Pesaola, il petisso (piccoletto) del calcio italiano. Aveva 89 anni, è morto all’ospedale Fatebenefratelli di Napoli, dov’era ricoverato da qualche giorno. Era argentino e in Sudamerica venne allenato da Renato Cesarini, noto per i gol segnati negli ultimi minuti delle partite. Pesaola era figlio di un calzolaio marchigiano emigrato, perciò poi fu naturalizzato. Era attaccante, nel 1947 arrivò alla Roma, giocò poi due stagioni nel Novara, portato a uno storico 8° posto, e segnò la rete della vittoria sulla Juve. Al Napoli fu protagonista, con 27 gol in 240 partite, poi una stagione al Genoa, per chiudere nella Scafatese; nel ’57, disputò anche una gara da oriundo, con la nazionale.
Nel ’61 cominciò ad allenare, in particolare il Napoli, guidato in 4 momenti diversi, per un totale di 7 stagioni, con la semifinale di coppa delle Coppe raggiunta nel ‘77. Nel triennio alla Fiorentina, vinse subito il secondo scudetto viola, del ’69. Era un grande tattico e anche al Bologna lo confermò, aggiudicandosi la coppa Italia nel ’74. Fumava molto, beveva whisky e recitò in due film. Viene ricordato per le frasi a effetto e per il cappotto color cammello, il suo portafortuna in panchina. Lascia il figlio Roberto, noto come Zap Mangusta, alla radio.
Vanni Zagnoli