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Vanni Zagnoli
Tanti calciatori si sono laureati, in questo millennio, nessuno però aveva lasciato al top. Alessandro Spanò autografa involontariamente la storia dell’anno, fra i calciatori, abbandona il calcio a 26 anni, da capitano della Reggiana. Rinuncia al rinnovo da 300mila euro netti in tre stagioni, messi sul piatto dal direttore sportivo Doriano Tosi, per trattenerlo nella neopromossa in serie B.
L’avevamo intervistato anni fa, aveva un qualcosa di speciale. Come speciale è stata la stagione della Reggiana, da ripescata in C a prima delle non promosse dopo la chiusura della stagione regolare, solo grazie all’algoritmo perchè inizialmente sarebbe stato promosso il Carpi, se i playoff non si fossero disputati. L’algoritmo ha portato a rimodulare la classifica e negli spareggi Spanò ha trascinato la Reggiana: nello 0-0 con il Potenza era stato proprio lui a provocare il rigore sbagliato da Franca, poi ha segnato nell’1-1 con il Novara e anche nell’1-0 sul Bari, della finale, al Mapei stadium, si è espresso a buon livello. L’indomani si era laureato con il massimo dei voti a Unicusano, l’università proprietaria della Ternana, altro club di serie C. Qui assembliamo le risposte che ha dato nella prima decina di giorni dal suo addio, fra conferenza stampa, posta elettronica e interviste in video o audio.
Spanò, cos’ha deciso?
“Di lasciare il calcio. A fine luglio è stata la mia ultima partita, come nelle migliori sceneggiature di un film a lieto fine”.
Quando ha deciso?
“Ci stavo pensando da tempo, non ne parlavo in spogliatoio per non distrarre nelle tre partite di playoff. Seguo il cuore, altre parti di me sgomitano, prendo un’altra strada che mi porterà lontano dal calcio. Ho ottenuto una borsa di studio e l’ammissione in una business school internazionale, il mondo mi aspetta. Sono sicuro sia la scelta giusta».
Com’è arrivato a questa risoluzione?
“Giorno dopo giorno, nelle piccole scoperte, nei confronti e nelle letture. La curiosità si autoalimentava, diventava sempre più grande, al punto di portarmi a strutturare quello che poi è stata la scelta finale”.
Ha 26 anni, per un difensore centrale neanche è l’età della maturità, il commentatore di Sky Alessandro Costacurta nel Milan arrivò a 42…
“Forse sono un po’ matto, lo so, ma la ragione non ha sempre ragione”.
Il ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora, si era complimentato con lei per la laurea telematica in economia e management.
“Ha scritto sui social che sono un esempio. La tesi è stata su “la democratizzazione degli investimenti: l’evoluzione partecipativa del Private Equity e del Venture Capital”.
Ora va alla Hult international business school.
“E’ un progetto di 20 mesi, su due master, fra Londra, Shanghai e San Francisco”.
Dopo 6 stagioni nella Reggiana, compresi il fallimento e una serie D, con ripescaggio in C.
“Il mio destino si è intrecciato con quello della città. Mi ha chiesto di fare con lei un viaggio, di accompagnarla dove merita. Ci siamo presi per mano e siamo arrivati in vetta. Mi auguro di aver lasciato qualcosa, in campo, ma soprattutto fuori, perché ho ricevuto tantissimo. Ai tifosi chiedo di continuare a sorridere, sarebbe l’ultimo regalo, enorme”.
Su instagram racconta in video di quando era bambino, con la musica Wherever you will go, dei The Calling.
“Avevo già la maglia del Milan e la palla tra i piedi. Iniziai all’oratorio di Giussano, nel Milanese, il mio piccolo grande stadio. Si passava dai ritiri d’agosto alla neve, aspettavo il treno per tornare a casa. Arrivò il primo contratto, preparavo le valigie per andare via di casa”.
Com’è la sua famiglia?
“Molto unita. Papà Nello ha lavorato tutta la vita come ragioniere, da poco è pensionato, vive con mamma Fiorella in Brianza. Un fratello lavora, mia sorella studia. Mi hanno sempre sostenuto in ogni scelta. Dalle giovanili nella Pro Vercelli alla serie C1, nella Pro Patria, e poi appunto alla Reggiana. Le ho restituito tutto ciò che posso, dentro e fuori dal campo. I valori saranno l’eredità più importante”.
A 22 anni, fece una vacanza speciale, rispetto al cliché sui calciatori. Non in una località trendy ma in Africa.
“Già, non è il mestiere che fa la persona. Era un progetto dell’Umbria, per la costruzione di un ospedale, feci volontariato in un villaggio”.
Nelle ultime due stagioni due operazioni alle ginocchia, lascia anche per questioni fisiche?
“No, proprio per una sfida nuova. Anzi, dopo i due interventi c’è stata la voglia di rialzarsi”.
E adesso?
“Quel fuoco di curiosità mi porta alla scoperta del mondo. Forse sono matto, ma tutti i bambini sono un po’ folli”.
I suoi procuratori hanno cercato di dissuaderla?
“No, Matteo Coscia e Francesco Iovino hanno capito la mia scelta, mi supportano in questo passaggio”.
Come l’ha presa l’allenatore Massimiliano Alvini? Sino al 2012 vendeva suole delle scarpe, a Fucecchio, con il fratello Walter, e un anno fa rischiò la vita in ospedale, per un problema cardiaco emerso grazie al ricovero dopo un malore in panchina.
“Rispetta la mia decisione, anche per lui è stato bello condividere un’annata così intensa e piena di emozioni”.
Esclude di ritornare al calcio, magari terminata la borsa di studio?
“Al momento non rientra nei miei piani”.
Che messaggio dà ai giovani che puntano solo sullo sport, trascurando gli studi?
“Ognuno ha il suo percorso. Prendete le vostre scelte senza curarvi dei giudizi altrui. Ma una volta scelto, date tutto per raggiungere i vostri obiettivi. Spero di trasmettere i valori giusti, dello sport: passione, dedizione, voglia di migliorarsi”.
Il ds Doriano Tosi lascia le porte aperte: “Ci ha colti di sorpresa, l’aspettiamo”. Tornerà nel calcio? Da dirigente o da tecnico?
“Mi auguro di aiutare la società in tanti modi. Non ci si improvvisa allenatori, io mi preparo per altri ruoli”.
Quando comincia la sua nuova strada?
«Già a settembre. Mi attende un anno e mezzo fra Inghilterra, Cina e Stati Uniti. Non vedo l’ora di partire, desidero proprio studiare”.
Era in scadenza di contratto, sul mercato valeva 250mila euro e stava per rinnovare per due stagioni. Cosa le mancherà del calcio?
“Le emozioni della partita, la condivisione di gioie e dolori con gli amici e i compagni”.
Si sente speciale?
“Per nulla. A me pare perfettamente normale che un ragazzo studi”.
A distanza di tempo, emerge già un pizzico di nostalgia per la decisione presa?
“Nessuna. Sono ancora molto felice per il traguardo raggiunto e allo stesso tempo entusiasta dell’esperienza che mi aspetta”.
Sulla scelta hanno influito situazioni extracalcistiche?
“Direi esclusivamente extra sul campo. E’ una scelta di vita che non riguardava il calcio. Se la domanda si riferisce a situazioni personali e/o sentimentali la risposta è negativa”.
Chi è il suo idolo?
“Da famiglia milanista ed essendo difensore, fra Thiago Silva e Nesta avevo di che imparare…”.
Il ricordo più bello della sua passione milanista?
“Uno brutto, ma curioso. Quella famosa finale di Istanbul, la Champions league persa con il Liverpool, nonostante i 3 gol di vantaggio all’intervallo, ero alla recita scolastica e sentivo notizie tra uno spezzone e l’altro, alla fine non potevo crederci. Poi però c’è stato modo di avere la rivincita”.
La scelta di Alessandro è stata evidenziata anche da Unomattina, il popolare rotocalco di Rai1.
“Serie B e laurea – racconta Spanò – sono arrivando scindendo le due cose, fra il campo di allenamento e lo studio. E’ stato un percorso parallelo. Il calcio in fondo è la rappresentazione della vita, insegna a stare a contatto con le persone, mi ha fatto crescere tantissimo caratterialmente, anche tramite la fascia di capitano. Mi ha dato tante responsabilità fin da giovane, le ho accolte sempre volentieri, è uno sport che permette di convidere con i compagni le gioie e i dolori, le soddisfazioni sono ancora più ingigantite, quando puoi condividerle con le persone a cui tieni”.
Anche qui il riferimento ai genitori.
“Hanno sempre assecondato le mie scelte, lasciandomi sempre molta libertà nello scegliere la mia strada, sanno che sono sempre molto determinato. Ne abbiamo parlato insieme, sapevano che c’era poco da fare per farmi cambiare idea”.
L’esposizione mediatica così reiterata ha sorpreso lo stesso Spanò.
“La mia storia aiuta anche tante persone a compiere scelte che tenevano dentro di loro. E’ importante poter restituire qualcosa. I genitori mi verranno a trovare, in giro per il mondo”.
Per Unomattina, Lucia Pappalardo è andata a trovare i genitori, a Giussano, in Brianza.
“Non si pensi – spiega Nello Spanò – che non ci siano sacrifici, dietro la scelta di fare il calciatore, loro e delle famiglie. Alessandro usciva da scuola, la mamma gli preparava schiscetta (il portavivande, in dialetto milanese, ndr), per andare a Milano, a prendere il treno. Tornava la sera, mangiava e dalle 20 doveva preparare la maturità scientifica”.
Il padre mostra le maglie della carriera di Alessandro, la mamma le coppe.
“Io sono molto contenta – dice Fiorella -, di certo ci ha stupito. E’ stata compiuta la scelta nel momento in cui aveva raggiunto grandi risultati”.
“All’inizio – conclude il padre – mi è parso quasi che buttasse via un biglietto della lotteria che aveva in mano, quello vincente però sarà probabilmente quello che farà ora”.
Da “Il Calciatore”