https://issuu.com/associazioneitalianacalciatori/docs/il_calciatore_novembre_2020
Questa non è un’intervista, è una rivalutazione, di una categoria, è un dare un calcio ai luoghi comuni, allo stereotipo del pensiero dominante che vede il calciatore pensare con i piedi. No, falso, non sempre, anzi ne abbiamo assaporati, avvicinati, interpretati tanti, in 30 anni di professione.
Nello scorso numero abbiamo raccontato la scelta singolare di Alessandro Spanò, di studiare e poi lavorare, di lasciare il calcio per una business school, un business e una scleta di uscire dal campo a 26 anni che non abbiamo capito, forse proprio perchè non abbiamo mai, orgogliosamente, messo piede in università. Le borse di studio, i viaggi di lavoro, di un lavoro che, onestamente, fatichiamo a comprendere.
Comprendiamo, invece, benissimo, la mentalità di un calciatore medio qualsiasi, di un calciatore che per orientarsi legge Il Calciatore, ovvero questo mensile che non va in edicola nè in tv, che non racconta bellissime e neanche bellissime, che non fa audience sugli addominalo o sui corpi, che a Natale non vende un calendario di una soubrette nuda e tantomeno fa spogliare sportive.
Dunque, i calciatori leggono, si informano, anche grazie alle firme de Il Calciatore, a Pino Lazzaro, veneto ex giocatore, alle opinioni della squadra guidata da Nicola Bosio, di cui noi non facciamo parte, di fatto, poichè lontani fisicamente e anche di formazione.
Dunque avviene che contorniamo il racconto di Spanò, dell’intervista, con gli altri laureati. Tanti, non tutti, magari Antonio Palma è saltato, abbiamo cancellato male, ma poi chissà quanti ne abbiamo dimenticati.
Antonio gioca nel Piacenza, ci trova su instagram e ci fa notare di essere laureato. Fa piacere. Essere letti, considerati, cercati, non solo evitati.
Antonio non è laureato in scienze motorie, una laurea che per uno sportivo al top o anche ex è normale, quasi routine. Ogni calciatore professionista con la testa sulle spalle potrebbe meritarla ad honorem.
Palma no, Palma è laureato in giurisprudenza.
Qui non raccontiamo tanto la sua storia, l’abbiamo interrogato per un’ora, anche in video, ma volutamente non riascoltiamo, non mettiamo i nomi della fidanzata e dei genitori, la mamma è avvocatessa, Antonio non è detto che ne seguirà le orme.
Antonio Palma è il giocatore medio dei sogni, un giocatore medio, non diventerà un campione, ha 26 anni, è tardi, è stato avversario di Spanò. Palma non si lega alla schiera di amici, di sbruffoni, di calciatori che fanno bella mostra dei propri corpi, di sportive che sono finite su Playboy. “E in fondo – racconta – sono alto e 71 e non ho la fisicità prepotente di una stella straniera o anche italiana, sono molto normale”.
Di una normalità straordinaria, di una straordinaria umiltà, sensibilità, pazienza. Palma è la dimostrazione che la base del calcio italiano è buona e può prescindere dal risultato sportivo.
Palma gioca in serie C, al Piacenza, nel caro, vecchio Piace. Non ha studiato la storia del Piace, era appena nato quando la squadra di Gigi Cagni stupiva l’Italia, promossa in serie A per la prima volta nella sua storia e con una rosa autarchica, senza campioni nè bidoni forestieri, avrebbe strameritato la salvezza. Andata alla Reggiana, per quel gol di Esposito al Milan, a San Siro, sul campo dei campioni d’Europa e d’Italia e poi del mondo. La Reggiana si salvò per la parata di Taffarel, per la sua mano di Dio, un Dio che lo fece opporre al tiro di Massaro che avrebbe portato il Piace, il caro, vecchio Piace, allo spareggio con la Reggiana.
Poi la Reggiana retrocedette l’anno successivo, male, come tre stagioni più tardi, da cenerentola. Mentre il caro, vecchio, Piace tutto italiano avrebbe disputato 8 campionati, in totale, in serie A, utilizzando pochi stranieri solo nelle ultime stagioni.
Ecco, Palma questo lo imparerà adesso, capirà cosa vuol dire il Piace per i piasintèin, detto in dialetto. La magia di quel biancorosso. “Ma già sapevo, del blasone”.
I calciatori sono andati al voto, mentre scriviamo non sappiamo chi sarà il nuovo presidente, sappiamo di certo che tanti sono a posto, non solo perchè hanno figli e famiglia, perchè danno il massimo in campo e magari fuori, ma è gente di cultura, che legge, che studia.
“Cerchiamo di fare bene qualsiasi cosa”.
Palma non abusa dei social. “Mi stacco dal telefonino, come tutti, in spogliatoio, non amo mettere la mia vita in piazza, neanche la mia fidanzata ostenta”.
Ecco, abbiamo visto presidenti e vice con fuoriserie, Stoickhov insultarci per avere stigmatizzato, senza registrato, la sua auto targata San Marino, quando venne nel Parma, abbiamo ascoltato truffatori, falliti, procuratori poi condannati, mediatori radiati e poi riabilitati, ascoltato grandi e piccoli allenatori, grandi e piccoli uomini, in maggioranza i calciatori sono grandi uomini.
Antonio Palma è quel che ogni genitore vorrebbe, una persona seria, che sogna la serie A e che gioca con noi. “Sono un regista, alla Pirlo. Ma disputassi una partita nella Juve, oggi, si vedrebbe subito la differenza di passo, di capacità fisica, di abitudine alla pressione. Sì, potrei entrare giusto negli ultimi minuti per difendere il risultato, per gestire palla, smistarla, sacrificarmi”.
Applicazione è la parola chiave dei tanti Palma di cui è popolato il pallone. Quello vero, che abbiamo raccontato su stampa vera, che racconta la vita vera, magari cattolica, magari di destra, di sinistra o di centro, ma intellettualmente onesta. Come il calciatore medio.
“Da distinguere rispetto al campione che va in copertina”. E in fondo c’è campione e campione, per un Ronaldo che ammise di avere consumato un rapporto sessuale rough, con una donna, ci sono campioni etici. Messi, al netto delle indagini fiscali.
La sensazione è che dove non girano camionate di soldi ci sia uno sport vero, una pulizia intellettuale, un’onestà senza pari.
Antonio Palma, di padre napoletano, abita nel Monzese, fa avanti e indietro, covid permettendo, da Piacenza. Antonio difficilmente arriverà in Europa, ma si gioca la sua Europa, come tanti, ogni giorno. Dando il massimo in allenamento e in partita, pensando anche al dopo calcio. “Per creare un’alternativa, perchè mica è detto che camperò sempre di sport”.
Antonio Palma è uno. Ma uno dei tanti. Soprattutto, fra le riserve, fra i secondi e i terzi portieri, fra i quarti, quinti e sesti difensori centrali in rosa, fra gli esterni in panchina non trovate tanto o solo tatuatissimi e ricchissimi, viziati e irridenti.
“No, nello spogliatoio la superficialità è bandita”.
Siamo, sono seri, per favore. Prima di tutto nei confronti di se stessi.
“Certo so, sappiamo di essere privilegiati, di non lavorare, perchè a calcio si giocherebbe anche gratis”.
Ecco, uno che pensa bene, che parla a filo, uno da campionato europeo, almeno di pensiero. E non è una finta, non è per finta, non fa solo per assecondare il nostro pensiero.
A Piacenza c’è uno che ricorda Sergio Porrini. Ricordate? La Juve era sul tetto d’Europa, nel ’96, con Vialli e lui un giorno ai giornalisti disse: “Andate da Porrini, ha tante cose più interessanti di me, da dire”. “Ricordo quella frase – ci confermò l’ex difensore anche dell’Atalanta, dove fu vice di Reja, per esempio -, mi fece piacere”.
Nel calcio c’è di ogni, la parte migliore spesso sono i calciatori, non tanti chi ci orbita attorno. Salvo eccezioni, ovviamente.
Grazie, Antonio Palma, il piacere è stato tutto nostro. Magari ci iscriveremo all’università anche noi. Ma in questi 30 anni siamo andati all’università dello sport, curiosando nelle varie discipline, dentro persino spogliatoi vuoti, di nascosto. Perchè le emozioni dello sport danno alla testa. Specialmente quelle degli Antoni Palma della serie B, meglio C. Dalla serie C in giù, ecco, ci sono i calciatori più veri. Che meritano la nostra attenzione. Che non vivono per strappare il contratto migliore. “In spogliatoio non ci si confronta sui soldi presi, si pensa a migliorare”. Chapeau.
Vanni Zagnoli
Da “Il Calciatore”