Cinque anni fa, il racconto del Drake, per Avvenire, per il mezzo secolo dalla morte. Grazie ad Alberto Caprotti
Vanni Zagnoli
Chissà perchè, poi, si faceva chiamare il Drake. Quel soprannome era talmente popolare che il mondo neanche se lo chiedeva più. Deriva dall’inglese Francis Drake, un corsaro che si distinse per forza d’animo e sicurezza nei combattimenti, Enzo Ferrari mostrava la stessa caparbietà nella gestione dell’azienda.
Il fondatore della casa di auto da corsa più popolare se ne andò il 14 agosto dell’88, alla vigilia di Ferragosto. “E quella festa – racconta il figlio Piero, 69 anni, vicepresidente delle “Rosse” – era forse l’unico giorno in cui riposava davvero. Non si stancava mai di lavorare, neanche la sera, il sabato e la domenica”.
Era nato a Modena il 18 febbraio del 1898. “Ma una fortissima nevicata bloccò le strade e allora venne registrato in comune con due giorni di ritardo”.
Aveva capito per primo che le vetture non erano un semplice mezzo di locomozione ma diventavano gioia per gli occhi, piacere di guida, un bene di lusso. Il mito del cavallino rampante è tuttora senza uguali. Per gli italiani la Ferrari resta una macchina unica, da possedere o tifare. Affratella quanto la nazionale di calcio, fa discutere di meno. Le sue macchine coniugano potenza e stile, quella tinta accende il cuore, assieme al motore.
Enzo Ferrari veniva dalla campagna, viveva alle porte di Modena, in quella casa trasformata in museo, era sedotto dalla tecnologia. Gestiva lo sviluppo delle vetture Alfa Romeo, costruì un team di 40 piloti, capeggiati da Antonio Ascari e Tazio Nuvolari, continuò a correre personalmente sino al ’32: si fermò alla nascita di Alfredo detto Dino, morto nel ‘56 di distrofia muscolare e per questo creò un centro per la cura della malattia. A entrambi è dedicato l’autodromo di Imola, dall’81 si correva il gran premio di San Marino, l’ultimo vincitore nel 2006 è stato Michael Schumacher, al Drake sarebbe piaciuto, certo gli avrebbe fatto male sapere della cancellazione della corsa di casa.
Si prese la laurea in ingegneria, divenne produttore-imprenditore, facendo colpo anche sugli americani.
Nel ’44 ebbe l’altro figlio, Piero. “Papà – ricorda – amava l’innovazione, il museo gli sarebbe piaciuto, come la Ferrari di oggi. La macchina migliore? Sarà la prossima, rispondeva sempre”.
Il suo pilota preferito era un canadese suonatore di clarinetto, Gilles Villeneuve, vinse 6 gran premi in 6 stagioni, tanti ne buttò via per l’esuberanza, la sua vita evaporò 31 anni fa, nelle prove in Belgio. Gilles aveva il fisico da fantino, uno e 56 per 50 chili, si gettava sulle strade con un ardimento unico nella storia della Formula Uno, questo alimentò il suo mito rendendolo assai più popolare del sudafricano Jody Scheckter, il campione del mondo più calcolatore.
La galleria di vittime della Ferrari è lunga, Luigi Musso e il britannico Peter Collins nel ’58, il tedesco Von Trips a Monza e Lorenzo Baldini nel ’67 a Monaco. Un incidente è stato fatale anche a Didier Pironi (in barca), l’antagonista in casa di Gilles, e a Michele Alboreto, nel 2001 mentre collaudava un’Audi, a carriera terminata. Il Drake non voleva più italiani alla guida dei suoi bolidi, proprio perchè temeva che accadesse loro qualcosa, tant’è che anche nell’ultimo quarto di secolo sono stati centellinati.
Negli anni ’60 la Chiesa prese posizione contro le corse e i costruttori che esponevano i piloti a rischi eccessivi, con drammi ricorrenti.
“Nell’88 – ricorda Piero Ferrari – la visita di Papa Giovanni Paolo II negli stabilimenti di Maranello compose definitivamente la frattura. Papà era malato e quel giorno non era presente, toccò a me fare da autista al Santo Padre e dall’ufficio gli telefonò a casa. Restammo tutti a distanza, quel dialogo non andava ascoltato”.
Enzo Ferrari aveva i capelli bianchi all’indietro e occhiali scurissimi, si definiva agnostico…
“Non andava a messa, però aveva amici sacerdoti e un confessore, il generale dei Benedettini, che celebrò il mio matrimonio. Ad alcune persone riconosceva qualcosa di diverso e speciale”.
Il figlio del Drake ha due nipoti, Enzo e Piero, anche così si alimenta la tradizione di famiglia. Adesso però è tutto nelle mani di Luca Cordero di Montezemolo, scelto personalmente da Ferrari. Per gestire il brand italiano più noto del pianeta.
Da “Avvenire”