Cari amici, anche se è passato un anno, ci tengo a sottolineare – mi pareva di averlo fatto – due iniziative che ho preso, nei confronti di Enrico Boni.
Il bizzarro personaggio che imperversa su una emittente emiliana credo che negli anni abbia esagerato, da giornalista, pubblicista, nelle piazzate.
Un anno fa, appunto, invitò Claudio Raimondi, firma di Mediaset, a sciacquarsi la bocca prima di parlare di Cassano. E poi quasi sputò nel bicchiere.
C’erano le immagini, a inchiodarlo. Non fu una bella cosa, neanche da comico. Da collaboratore di Mediaset – solo per una trasmissione -, avevo segnalato la cosa al collega Raimondi, perchè non mi pareva giusto.
Naturalmente Boni l’ha presa non bene.
Successivamente, Boni ha attaccato anche Gianluca Di Marzio di Sky, c’erano gli estremi per avvisarlo, non l’ho fatto.
Ma siccome io di mestiere faccio il censore – degli eccessi -, dell’uscita di Enrico Boni su Raimondi, per me di pessimo gusto, avevo avvisato anche l’ordine dei giornalisti, ma in maniera molto soft. Perchè ritengo che non sia bello, neanche per scherzo, avere certi atteggiamenti.
Naturalmente il tutto neanche è iniziato, non è finita a tarallucci e vino, però ci tengo a sottolinearlo pubblicamente.
Che, a mio avviso, un giornalista non può trascendere. Per la verità neanche nel linguaggio. E a questo proposito magari interverrò in altro modo, su altri personaggi.
La tv, i social, hanno svilito la professione. Ma il discorso è molto individuale. Meglio guadagnare di meno, essere meno popolari, ma non essere dei pagliacci.
Da giornalisti, da ex firme poi di quotidiani anche autorevoli, come uno sportivo che non cito di proposito.
Da comici, è consentito qualcosa in più, mai però trascendere nel cattivo gusto.
Perchè si sbaglia, esagerando. E chi sbaglia non è chi stigmatizza la cosa. Io avevo semplicemente letto la vicenda su Stadiotardini.it, che leggo sempre.
A me non interessa Boni, nè certa comicità. Indubbiamente attrae, io preferisco annoiare.
Lascio a Boni i suoi 415 fans del gruppo “Enrico Boni contro tutti”.
Penso che Parma, soprattutto, abbia bisogno di contributi più costruttivi, che il giornalismo sia altro.
In questi anni mi sono occupato fin troppo del signor Boni. Che addirittura è stato condannato, a una pena leggera, per una vicenda professionale non giornalistica.
L’hanno stigmatizzato i media reggiani, lo faccio anch’io.
Non credo che il giornalismo abbia bisogno di maschere carnescialesche, tantomeno nella piccola Parigi, nella capitale della cultura, nella culla del quotidiano più antico d’Europa.
Sbaglierò, ma per me la tv, i media restano una cosa seria.
Mi metto a scrivere due interviste per Famigliacristiana.it, questo è giornalismo. Anzi, guardate la Domenica Sportiva, ma ci tornerò.
Boni impari a fare tv dalla grande tv, dai grandi personaggi.
Diceva bene Francesco Guccini: “Scusate, non mi lego a certa schiera, morrò pecora nera”.
Non so se tu di mestiere faccia il censore, so per certo che di mestiere non fai il giornalista, questo sì. È sufficiente non conoscerti per capirlo. Basta leggerti. Ergersi a paladino della giustizia non è fastidioso, è semplicemente ridicolo. Ma come tutti i ridicoli non riconosci, non puoi riconoscere, distinguere, il ridicolo. Buon proseguimento di attività. Come paladino della giustizia, magari, ti rendono il pezzo di pane che scrivendo, fortunatamente, non guadagni.
Caro Marco, per giudicare il discorso, il personaggio Boni, credo che bisogni conoscerlo. Non sono il solo a pensarla così, il discorso su Raimondi è solo una delle cose che mi paiono esagerate. Ho dedicato a Boni altri pezzi, comunque non si può piacere a tutti. Massimo rispetto per lei e per Boni, ma il mio pezzo è legato al suo atteggiamento nei miei confronti. Sembra che chi sbaglia sia io, non lui. La saluto.