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Vanni Zagnoli
Ricominciamo, domenica sera con Inter-Roma, all’andata si era capito che stagione sarebbe stata, con Di Francesco ad attaccare ma non sempre a raccogliere e Spalletti ad aspettare, premiato in rimonta da Icardi, dopo aver rischiato il 2-0.
Ieri Eusebio si è raccontato, come raramente avviene davanti a un pubblico, al 70ennale della stampa sportiva. Il momento più particolare, in realtà, è quando per ascoltarlo arriva il ct traghettatore, Gigi Di Biagio che, profittando anche del biennio senza partite ufficiali nell’under 21, farà da traghettatore, aspettando il successore di Ventura. Elogia Gasperini, la Spagna e il calcio propositivo. Lo stesso di Eusebio, ciclista mancato (a 15 anni era in bici, ancora, non sul campo) e appassionato di tennis.
“Non sono integralista – racconta l’allenatore giallorosso -, nè basta la lavagna per disegnarmi. Pur cambiando i numeri, resto aggressivo. Difendo anche in 4-5-1, in avanti 4-1-5, persino 4-6, è l’idea a fare la differenza. Mi piace leggere, il calcio di Cruijf, Sacchi e Ancelotti. Non sono un gestore, lavoro molto solo sulla testa. Se ogni volta trasmetto due cose, è già tanto. Occorre essere convinti, non ostinati, adattandosi agli interpreti”.
L’Eusebio pensiero. “Il calcio è fisico, tecnico e psicologico. In tv cerco spettacolo, dunque non resto mai ad aspettare, come in un incontro fra pugili che si temono. Occorre coraggio, non paura di subire gol. Il calciatore va in campo con l’io, cerco di portarlo al noi: loro leggono tutto, i voti, le critiche, a me non interessano. Il mio maestro? Zeman mi ha insegnato di più, le sue squadre hanno pregi e difetti ma identità”.
Berardi. “E’ straordinario sul piano tecnico. Nel lustro condiviso rifiutava il cambiamento, si irrigidiva: occorre valutare il vissuto di un calciatore, mi informo, per entrare nella sua testa. Adesso sembra smarrito, io mi lego tanto alle persone, per lui ho un debole”.
Il resto è racconto dei movimenti in difesa, recupero palla alto e copertura della profondità, supporto del giocatore perchè regga la pressione di Roma, zona e uomo sui calci piazzati, tiri da fuori. Con una certezza: “I grandi del passato sarebbero bravi anche oggi, ma con difficoltà maggiori”.
Da “Il Giornale”