L’integralità, la stesura originale dell’intervista a Bragagna uscita sulla pagina di Pordenone de Il Gazzettino.
Vanni Zagnoli
“Ode smisurata a Franco Bragagna. Il re del “racconto”, pure a Rio”. Così titolava a inizio olimpiade il quotidiano Libero, a firma di Fabrizio Biasin. Ma quella voce di Raisport ha un legame con Pordenone e lo rivela proprio alla fine delle settimane più impegnative delle stagione.
Bragagna, cosa la accomuna alla nostra città?
“Mia moglie Gabriella Titton, 52 anni, è di lì. E’ impiegata all’ospedale di Bolzano, responsabile amministrativa dei ricoveri internazionali. Abbiamo 4 figli. Davide, 29 anni, lavora in Polonia, a Varsavia, come amministrazione e marketing di una multinazionale americana, la Medtronic, elettromedicale, ma tornerebbe se potesse fare il giornalista. Andrea, 22 anni, si laurea in economia, fa un master negli Usa ed è semiprofessionista nel calcio, grazie al fratello dell’ex Chievo Michael Bradley: la famiglia del centrocampista è proprietaria di 17 squadre, in tre leghe. Carlotta, 19 anni, ha il diploma di liceo classico-linguistico e ora si muoverà tra Germania e Inghilterra. Infine Camilla, 11 anni”.
Come ha conosciuto la moglie?
“In un villaggio turistico costiero, a Jesolo, nell’84. Suo padre Mario, oggi 76enne, aveva lì un negozio di genere alimentari con soci, io per 4 mesi feci l’animatore turistico, appena terminata la naja. Dovevo andare in Sardegna, con la Tirrenia, per fare colloqui da giornalista, ma era il tempo in cui i traghetti facevano continuamente sciopero e allora rimasi in Veneto. Avevo fatto l’Isef, a 25 anni potevo insegnare educazione fisica, ma intanto nel villaggio avevo la possibilità di valorizzare il mio tedesco”.
La famiglia Titton è ancora a Pordenone?
“Sì, anche mamma Franca, 73 anni, e il fratello di Gabriella, Mauro, 49enne, factotum in un’azienda di articoli sanitari. Così ogni Natale e Pasqua torniamo in città, in genere 5-6 volte l’anno, dai parenti, nel quartiere Torre. Fra l’altro Davide è nato a Pordenone, all’epoca non eravamo sposati e abitammo anche lì. Dipendeva dai miei spostamenti di lavoro”.
Bragagna, in carriera ha raccontato molti friulani, compreso l’oro olimpico di Daniele Molmenti…
“Già, ne ho commentato le due gare di Londra, altrettante a Pechino e poi un altro paio. E andai a casa sua, per la Rai, per la festa della vittoria, sempre a Torre”.
A Rio, Gianni De Gennaro è finito 7°. Molmenti non meritava di difendere il titolo?
“Nella canoa abbiamo un posto per nazione, nell’ultimo periodo è andato regolarmente meglio di Daniele, era inevitabile la scelta del ct Mauro Baron, pordenonese e suo scopritore”.
E anche alle Olimpiadi invernali ha accompagnato tanti ori friulani…
“Gabriella Paruzzi, di Tarvisio, vinse a Salt Lake City nel 2002, due anni più tardi si ripetè in coppa del mondo, con finale a Pragelato, dove poi si disputò l’olimpiade. E poi le medaglie dei Di Centa, della Carnia: Giorgio è stato oro a Torino nella 50 km, con la premiazione all’interno della cerimonia di chiusura. Raccolsi l’eredità di Giacomo Santini, al microfono del fondo, quando Manuela era in fase calante”.
All’alba di domenica non è arrivata la medaglia sognata, da Alessia Trost e pure da Desireè Rossit.
“E’ stata una gara particolare, condizionata dall’avvio assurdo, a misura altissima, di 1,88, e poi la pedana era bagnata e in teoria doveva favorire Alessia, meno veloce di Desirèe. La spagnola Beitia si è imposta con 1,97, la peggior misura per l’oro dal 1980, dunque il podio era a portata”.
Che immagine ci dà, delle due saltatrici, fuori dalla pedana?
“Alessia mi piace molto come persona, Desirèe è un anno più giovane ma assai meno esperta e ancora non ha la stabilità emotiva, può fare tutto o niente. Si esalta e magari deprime come la ragazzine di adesso, Alessia è molto matura. La famiglia è di Cordenons, ha abitato a Torre, Rossit è di Udine”.
Da appassionato di atletica, le ha studiate anche fuori gara?
“Ho visto crescere Alessia, perchè mio figlio Andrea era spesso al campo sportivo con lei. E’ suo coetaneo e primeggiava sui 100 ostacoli, per cui ne conosco benissimo i genitori, Rudi e Susanna. La prima volta che vidi in gara Desirèe mi colpì perchè è magra e alta, vinse un titolo cadette, ero certo che sarebbe arrivata lontana. Fra alti e bassi, emotivi e di salute atletica, è esplosa e ha ulteriori margini di miglioramento”.
Sono amiche, fra loro?
“Ni. Sono compagne di allenamento, ma a Rieti Alessia ha dichiarato che non andranno mai a cena assieme. Nella finale, peraltro, ho visto begli sguardi di complicità. Hanno lo stesso tecnico, Gianfranco Chessa, che si sta rimettendo da problemi di salute, scherzando Trost accetterebbe la cena con Desirèe a patto di costringere l’allenatore a mangiare il sushi, di cui entrambe sono appassionate, al contrario dell’allenatore”.
Ma Alessia vale Sara Simeoni, considerati i 23 anni?
“Ha potenzialità fisiche superiori, però minore flessibilità tecnica”.
E’ stato allo stadio Bottecchia?
“Sì, perchè è adiacente al campo di atletica Mario Agosti. Il velodromo aveva ospitato alcune mini tre giorni, su pista. Mi sono appassionato al Pordenone l’anno scorso, con quella rimonta nel girone di ritorno. L’avevo seguito due stagioni fa nella trasferta a Bolzano, con l’Alto Adige, e a Mantova”.
Qual è il suo posto del cuore, a Pordenone?
“La gelateria Scian, di Cordenons, parte di una piccola catena”.
Ha la qualifica di inviato radiotelecronista. Da dove si muove?
“Dalla sede Rai di Bolzano, ma in realtà faccio capo a Roma, a Raisport. Sono sempre rimasto fra Bolzano e Trento, senza dimenticare l’esperienza a TelePadova; era l’85-86 e seguivo l’hockey su ghiaccio di Asiago. All’epoca Gildo Fattori, cui è dedicata la tribuna dello stadio Euganeo, si occupava di calcio e io degli altri sport. Per due stagioni fu una bella esperienza”.
Da Barcellona ’92, commentata per Radio Rai, ha saltato una sola grande manifestazione, di atletica: Daegu 2011, in Corea.
“E alle olimpiadi racconto anche il kajak. E poi le cerimonie, anche di chiusura, dal ’96, escluse le due di Londra. Inoltre gli sport invernali: fondo, combinata nordica, ma anche sci”.
Quante lingue parla?
“L’italiano male… Il tedesco, l’inglese, mi arrabbatto con lo spagnolo, in questi giorni anche con il portoghese. Nei primi giorni eravamo a Barra, adesso l’appartamento è a Copacabana”.
Qual emozione più grande ha provato, in diretta?
“Stefano Baldini vincitore della maratona olimpica ad Atene 2004, ma pure il mondiale di Fabrizio Mori nei 400 ostacoli, nel ’99 a Siviglia. La tristezza maggiore, invece, è stata la positività di Schwazer, 4 anni fa”.
Come si diventa Bragagna?
“Ero malato di sport, fin da bambino, ciascuno vorrebbe fare quel che sogna, io avrei davvero voluto fare il Bragagna. Commento proprio i miei sport preferiti, anche invernali, nonostante non li abbia scelti”.
Che miti ha?
“Mi piaceva Sandro Vidrih, di Capodistria, pure commentatore dell’atletica”.
Ha 57 anni. Era all’ultima olimpiade?
“Possibile, per il discorso anagrafico e pensionistico, ma pure per i diritti. Tokyo 2020 è stata aggiudicata da Discovery Channel”.
A cura di Valmore Fornaroli