Le indicazioni di coach Menetti
Vanni Zagnoli
Bologna
La differenza fra Reggio e Venezia è anche nelle coppe. “Perchè – commenta amaramente Max Menetti – noi non le giochiamo”.
La Grissin Bon è l’unico esempio nella storia del nostro sport di vicecampione d’Italia (per la 2^ stagione) fuori dall’Europa e allora questo diventa un vantaggio nell’impatto e nelle gambe, sul finale. “Per la felicità dei reggiani – aggiunge il tecnico -, arrivati quasi in 5mila al PalaDozza. La squadra è entrata in empatia con l’ambiente, giochiamo quasi dall’inizio con energia, fra alti e bassi. Venezia è forte, non la facciamo mai entrare totalmente in ritmo. Qualcosa concediamo sul perimetro, mai però canestri facili”.
L’Umana si è illusa, sul -6, di potersela giocare almeno in volata.
“Nella seconda parte subiamo almeno tre canestri su un penetra e scarica in cui la palla entra, esce e rientra, dunque anche fortunosi. C’era l’idea di non concedere bersagli facili su penetrazione, comunque la palla per Venezia non usciva velocemente o in grande ritmo. E allora mai gli avversari hanno la sensazione di poter segnare 3-4 canestri agevoli in sequenza. Ogni volta gli serviva costruire l’azione quasi perfetta, per trovare un tiratore “aperto””.
Il tecnico più fedele della serie A, alla 7^ stagione di fila a Reggio, entra proprio nel merito della tattica che lo premia.
“In uscita dai blocchi abbiamo subito solo Tonut, restando appena indietro con Delroy James. Sulle penetrazioni dovevamo tuttavia essere più bravi ad accoppiarci con i tiratori. Con l’ingresso di Ress, gli orogranata avevano 5 uomini sul perimetro, comunque da tre li lasciamo alla percentuale di 9 su 24, compresa la tripla di McGhee dalla sua trequarti di campo”.
Insomma la difesa, le rotazioni e gli italiani decidono a favore degli emiliani.