Da Gazzettadiparma.it, con un grazie a Gabriele Balestrazzi per l’idea.
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Nel nome del padre, Mattia Valoti domenica ha deciso la partita del Bentegodi a favore del Verona, con assist del 2-1 per Toni e la rete finale. In tribuna c’era il padre Aladino, ds dell’Albinoleffe da 11 stagioni e giocatore crociato nell’86-’87.
Aladino, Valoti junior com’è arrivato all’Hellas?
“E’ in prestito proprio dall’Albinoleffe. Era stato nelle giovanili del Milan per due stagioni, c’era la compartecipazione, l’abbiamo riscattato noi, con un investimento del presidente Andreoletti, al vertice della società da 15 anni”.
E’ il suo primogenito…
“Già, ho anche una figlia, Benedetta, di 16 anni, e un figlio più piccolo, Alessandro, di 6. Mattia è del ’93 e nello scorso campionato segnò 7 gol in 13 partite, avendo perso per infortunio l’intero girone d’andata. La sua prima rete in A mi ha emozionato, sono molto contento per lui, non parliamo però di consacrazione: è presto, deve continuare a lavorare”.
Vi somigliate?
“Io ero un giocatore di quantità, dinamico. Fisicamente è più vicino alla mamma, essendo alto uno e 87. Ha grande qualità e pure corsa. Sarebbe una seconda punta o trequartista, l’allenatore Andrea Mandorlini lo usa da mezzala, interno. A Parma facevo il tornante, poi diventai mediano organizzatore di gioco: coniugavo quantità e qualità, ero più un geometra del centrocampo, lui gioca a ridosso della porta”.
Dove può arrivare?
“Non deve porsi alcun limite, gli auguro una carriera migliore della mia. Di partenza ha qualità superiori, fisiche e tecniche”.
Lei aveva iniziato con Roberto Donadoni, all’Atalanta.
“Sono più giovane di lui di tre anni, eppure avevamo condiviso le giovanili. A inizio anni ’80 era già un fuoriclasse, l’idolo di Bergamo. Esplose in nerazzurro e poi visse una parabola straordinaria”.
Lei come ricorda quella sua annata al Parma?
“Fu memorabile, bellissima. Ci divertimmo molto e per il pubblico andare allo stadio Tardini era un piacere. Sfumò la promozione in serie A ma Arrigo Sacchi ci insegnò molto”.
Fra i portieri c’era già Luca Bucci; in difesa Mussi, i compianti Roberto Bruno e Gianluca Signorini, a sinistra Bianchi.
“Trovava spazio anche Gabriele Zamagna, ds dell’Atalanta, dopo avere ricoperto lo stesso ruolo al Parma”.
Fra i centrocampisti Adolfo Sormani, adesso brillante tecnico del Sud Tirol, in Lega Pro.
“E Mario Bortolazzi, vice di Donadoni, Valeriano Fiorin e Davide Fontolan. In avanti Marco Rossi e i giovanissimi Alessandro Melli e Gianpietro Piovani”.
Con chi si sente ancora?
“Era rimasto in contatto con due ex centrocampisti: Andrea Galassi, neo ds del San Marino, e Roberto Corti, responsabile scouting all’Atalanta”.
In quel campionato di 28 anni fa segnò due gol.
“Fu importante la rete con il Genoa, a 4 partite dalla fine. Stavamo vincendo a Marassi, pareggiò Ambu. Mancammo altri due matchball con Cremonese e Cesena e così sfumò la promozione”.
Arrivata nel ’90 con Nevio Scala in panchina…
“L’avremmo meritata anche noi. Mi sono sempre portato dietro quell’esperienza, Sacchi faceva già interpretare la professione in un certo modo, fu la mia fortuna apprenderla da lui. Anche se non ho vissuto una carriera da grandissimo, per 3 stagioni sono stato poi in A e due di quelle sono stati meravigliose, a Piacenza. Ho sempre creduto molto nel miglioramento quotidiano”.
Torna mai allo stadio Tardini?
“Sono venuto a vedere qualche partita, ma raramente. Perchè devo seguire altre categorie, Lega Pro e serie B. Fra l’altro siamo ultimi, di recente l’ex gialloblù Amedeo Mangone è subentrato in panchina a Roberto Bonazzi”.
Anche il Parma chiude la classifica…
“Non conosco bene la situazione, sicuramente incide il difficile passaggio di proprietà. Domenica ho visto un Parma che ha lottato, con questo spirito si può giocare la salvezza: lo seguo con simpatia”.