http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2015/02/13/news/il-vecchio-ospedale-psichiatrico-giudiziario-di-reggio-emilia-apre-le-sue-porte-alla-gazzetta-1.10859021
(v.zagn.) Grazie a Salvatore Occhiuto, posso inserire in questo sito una selezione dei tanti servizi che vorrei, ovvero ne scelgo alcuni fra i tanti in cui mi imbatto. Li vedo magari per caso, ma la condivisione su twitter che poi rimanda a facebook mi pare poco. Questo è uscito un paio di mesi fa, è certamente un’idea del direttore Paolo Cagnan, bellunese geniale, o magari ha fatto sua la segnalazione della redazione, del caporedattore Andrea Mastrangelo, del caposervizio Massimo Sesena o della vice Chiara Cabassa. O ancora di Giuseppe Galli, responsabile delle pagine di provincia. A prescindere, l’idea è splendida e io stesso vorrei riproporre questa esclusiva, a livello nazionale. Intendo l’idea, ecco. Poi non so se mai lo farò.
La titolazione da internet, della Gazzetta di Reggio.
Oltre un secolo di follia e dolore, dal 1896 al 1991: l’Opg di via dei Servi ha mantenuto pressoché intatte le tracce del suo drammatico passato
FOTO La struttura – Le celle – Gli interni – Instagram – VIDEO L’intervista – DOSSIER E li chiamano Opg
di Cristina Fabbri
REGGIO EMILIA. I portoni robusti delimitano ogni cella. Dagli spioncini pare di scorgere ancora gli internati. Alle finestre ci sono spesse inferriate di ferro: fuori la luce è quasi accecante, doveva esserlo anche a quel tempo, quando il “fuori” pareva un sogno.
Nel lungo corridoio di ogni padiglione, sembra di sentire le urla, le stesse che i “vicini di casa” di allora dicevano di udire. Poi la bacheca con le chiavi degli uffici, delle cucine, dei cassetti, delle celle è ancora lì: ci sarà qualche guardia a custodirle? E i registri sul tavolo? Una cassaforte è chiusa a chiave: impossibile aprirla. Poi caldaie, lavandini enormi e tavoli riempiono il refettorio. Anche la cappellina è riconoscibile: vi è una croce sulla parete, croce che avrà sentito non si sa quante preghiere.
Ogni padiglione ha il suo luogo per l’ora d’aria: un’area cortiliva trasformata in campetto da calcio. Ci sono le porte disegnate e le panchine. Era il momento sicuramente più piacevole della giornata. Non mancano le torrette, da dove si monitorava dall’alto, e la casa del direttore. Doveva essere piuttosto inquietante stare lì, tra quelle mura, mentre fuori, a pochi passi, Reggio era viva. La via Emilia era piena di gente, i fedeli andavano a messa.
I SEGNI DEL TEMPO. Il complesso dell’Opg – compreso tra il controviale della circonvallazione di viale Timavo, via dei Servi e via del Portone – per certi versi pare essersi fermato nel tempo. Per altri, il segno dei giorni, dei mesi e degli anni che l’hanno visto chiuso, si fanno sentire. Eccome. Piccioni morti, escrementi, materassi di qualche senzatetto, lavandini rotti, cappellina usata come deposito, pareti scrostate e porzioni di pavimento collassate. Infiltrazioni d’acqua, fili scoperti.
Ci sono anche resti di usi successivi: pannelli appesi al soffitto ricordano che in uno dei quattro padiglioni si è svolta una mostra; un bancone da bar ricorda serate e vita post Opg, un maxi schermo mostra che l’ex cappella per un periodo è diventata un cinema. Questo luogo trasuda dolore. Dolore per quello che è stato. Dolore perché ora è vuoto e chissà se troverà mai una seconda vita, auspicabilmente migliore.
LA SUA STORIA. Valerio Bussei, dirigente del Servizio infrastrutture della Provincia, e l’architetto Fiorenzo Basenghi, responsabile dell’Unità operativa del Patrimonio Storico ci spiegano un po’ la sua storia. “L’imponente edificio – dice Basenghi – è nato come convento ad opera dei Padri della Missione e figura già esistente nel 1675”. Le cose poi cambiarono nel 1796: “il convento venne incamerato dal Demanio e convertito in carcere correzionale poi, nel 1896, venne trasformato in Opg.
Nel primi decenni del ‘900 vennero costruiti quattro padiglioni quadrangolari e l’alloggio del direttore”. Nel ’91 sorse il nuovo Opg e fu la fine del vecchio. “L’ex Opg nel 2001 – ricorda Bussei – venne acquistato dalla Provincia per realizzarci degli uffici ma poi le cose cambiarono e la situazione attuale…beh la conosciamo tutti”.
Negli anni sono stati fatti diversi interventi: “in particolare alla parte esterna, per evitare cadute di calcinacci o quant’altro”. “Ad oggi – prosegue Basenghi – è stato dichiarato inagibile ed è stato inserito tra gli immobili da alienare, pur con diversi vincoli da rispettare”.Ecco dunque che l’ex Opg aspetta un acquirente mentre resta lì, vuoto, freddo, trasudante di storia.
L’INCERTO FUTURO.
Che ne sarà dell’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di vicolo dei Servi? “Vendesi” è la risposta. “Comprasi” non si sa. Il complesso, che è un pezzo di storia della nostra città, da tempo se ne sta chiuso lì, con ancora ben visibili i segni di quello che è stato, testimone silenzioso di un’epoca neanche troppo lontana. Prima convento, poi carcere correzionale e in seguito Opg fino agli anni ‘90, quando venne trasferito in via Settembrini, fuori dalle mura del centro.
Dal 2001 la proprietaria del complesso di vicolo dei Servi è la Provincia: lo acquistò per realizzarci degli uffici. Questo intervento sarebbe costato circa 20 milioni di euro. Poi tutto saltò. Seguì qualche apertura sporadica, tra visite guidate, serate di musica e mostre, ad esempio nel 2007 per Fotografia Europea. Fino al disuso totale. E ora le cose come stanno?
OGGI. “Il periodo non semplice ci vede costretti a fare certe scelte – risponde il presidente Giammaria Manghi –, pensiamo dunque a una dismissione immobiliare, consapevoli che siamo di fronte a un pezzo di storia della nostra città”. Insomma, le sorti dell’edificio situato dietro alla Basilica della Ghiara e vicino al palasport, vanno viste dentro la situazione attuale delle Province, “che hanno un’identità ridefinita e sono prive di ogni risorsa per realizzare interventi”.
Ecco allora che – in un momento in cui gli Opg in Italia sono solo sei (uno di questi è a Reggio) e in vista della loro chiusura definitiva – l’ex Opg non conosce il suo destino a parte il fatto che “non sono previste azioni di recupero” per lui. Questo perché la Provincia “ha bisogno di effettuare una dismissione patrimoniale per fare cassa”.
IL RECUPERO. La superficie abitabile complessiva è di 6.945 mq e quella non abitabile di 5.020, per un totale di 11.965 mq. “Non sarà semplice vendere – incalza Manghi – è una struttura vasta, in una zona particolare essendo in pieno centro storico e recuperarla non è cosa facile. Chiamati a un piano di riorganizzazione obbligatorio, come Provincia opereremo per mettere la struttura a capitale al fine di recuperare risorse utili per fare investimenti sulle scuole, sulle strade e per la difesa del territorio, ad esempio per risolvere problemi di dissesto idrogeologico”. Insomma, per questioni prioritarie.
Il valore della struttura è consistente, “diversi milioni di euro”, e al momento “nessuno si è fatto avanti concretamente”. O meglio “ci sono solo valutazioni informali in atto”, conclude Manghi. Niente di scritto o deciso nero su bianco, in sostanza. Che qualcuno si sia fatto avanti con l’idea di recupero lanciata dal patron della Pallacanestro Reggiana Stefano Landi per il nuovo palasport? Non ci resta che stare a vedere. Al momento, su questo, bocche cucite.
Dal piano di fattibilità fatto con la Sovrintendenza, però sono più altre le ipotesi. Come evidenzia l’architetto Fiorenzo Basenghi responsabile dell’Unità operativa del Patrimonio Storico della Provincia: “Per l’ex Opg va rispettato il vincolo storico-architettonico cui è sottoposto, ovvero non può essere abbattuto ma restaurato e ristrutturato”. Quindi cosa potrebbero sorgervi? “Ad esempio delle residenze, potrebbe diventare un centro sanitario, potrebbe essere usato per degli uffici o diventare un museo”.
UN PIZZICO DI CRONISTORIA. L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario reggiano venne aperto nel 1896 per sottrarre al carcere chi aveva commesso reati ed era riconosciuto come folle. La legge del 1904 diede poi ai manicomi la responsabilità della cura di buona parte di quei pazienti, ricoverati in appositi reparti: è il caso del padiglione Lombroso al San Lazzaro.
Le cose cambiarono col Codice Rocco (1930): tutte le persone prosciolte, impazzite in carcere, seminferme o in attesa di giudizio vennero ricoverate negli Opg. Al tempo del nazifascismo nel Carcere Dei Servi vennero imprigionati e torturati oltre 500 prigionieri . Da qui passarono anche i fratelli Cervi prima della loro morte. Si ricorda che Casa Cervi venne messa a ferro e fuoco dai fascisti la notte fra il 24 e il 25 novembre 1943.
I sette fratelli, il padre, Quarto Camurri, catturati, verranno portati al carcere dei Servi. Tutti gli stranieri, che in quella notte ospitavano in casa, verranno invece trasferiti alle carceri di Parma. I sette fratelli Cervi verranno poi fucilati senza processo all’alba del 28 dicembre 1943, al Poligono di tiro di Reggio, insieme a Quarto Camurri. La storia dei fratelli Cervi e quella di Quarto Camurri sono solo due esempi di quanto avvenne tra queste mura. Mura piene di storie che hanno segnato la storia della nostra città.
Quando il vecchio Ospedale Psichiatrico Giudiziario di vicolo dei Servi venne chiuso, nel 1991 i pazienti vennero trasferiti in via Settembrini. Ad oggi quello di Reggio è uno dei sei attivi in Italia.
Ma nel 2010 una commissione del Senato, dopo una visita ai sei Opg, ne denunciò le condizioni inaccettabili. Ciò favorì la promulgazione nel 2012 di una legge che prevede il superamento degli Opg entro il 31 marzo 2013 e che ogni Regione provveda all’uso di Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) . Il termine per il superamento degli Opg è stato fissato, dopo una promulgazione, al 31 marzo 2015. Reggio si sta attrezzando in merito.
LA VISITA. Grazie al presidente della Provincia di Reggio Emilia, Gianmaria Manghi, la Gazzetta di Reggio si è fatta aprire le porte del vecchio Opg, per un tour fotografico ristretto con i gruppi instagram Igersreggioemilia e Reggioemilianitè. Ecco alcuni scatti postati dagli “igers” reggiani.
LA STRUTTURA*
Il complesso dell’ex O.P.G. è situato nel settore occidentale della città compreso tra il controviale della circonvallazione di viale Timavo, via dei Servi e via del Portone. Un tempo era adiacente alle vecchie mura e prospicente al bastione di S.Zenone. I fabbricati derivano dall’antico convento dei Padri Lazzariti o Missionari che figura già esistente nel 1675. Le notizie storiche sul complesso sono, allo stato attuale delle ricerche, assai scarse.
La marginalità rispetto al tessuto cittadino – seppure qualificato dalla prossima presenza del Tempio della B.V. della Ghiara – nonché la particolare destinazione d’uso hanno probabilmente ostacolato o reso vano l’approfondimento delle ricerche e della analisi storica diretta dei fabbricati.
Alcuni riferimenti si hanno verso la metà del Settecento quando nel 1751 l’architetto Giambattista Cattani detto Cavallari ricostruisce il complesso conventuale e i padri chiudono a proprio vantaggio la parte terminale di via Franchi ove si apre anche l’odierno accesso. L’impianto assume una caratteristica forma ad “U” aperta verso sud e via del Portone. Una cortina edilizia costituita da fabbricati privati fronteggia il complesso in prospetto di via Chierici – ad est – che unisce appunto via dei Servi a via del Portone. Ancora nel 1760 si chiede licenza di costruire un atrio d’ingresso alla loro casa occupando altre dieci braccia circa di strada.
Nel 1796 il convento è incamerato dal Demanio convertito dapprima in carcere Correzionale ed in seguito adibito ad Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Alcune planimetrie redatte dall’Ing. Pietro Marchelli nel 1852 ci documentano lo stato dei luoghi al tempo e un progetto di riduzione di parte dello stesso. Il catasto unitario di primo impianto del 1880 certifica l’area limitata verso ponente dalle vecchie mura urbane. L’espansione con i quattro corpi di fabbrica quadrangolari avviene nei primi decenni del Novecento.
I quattro padiglioni più recenti, organizzati in un piano rialzato, interrato e sottotetto, risultano definiti da murature perimetrali in elementi laterizi pieni e malta di calce, con strutture interne costituite da pilastri laterizi e sovrastanti volte con archi di rinforzo nell’interrato, setti laterizi con distribuzione scatolare con volte a botte centrale ed a crociera ribassata laterali al piano rialzato e da setti trasversali e pilastri nel sottotetto, con copertura ad orditure lignee con falde con distribuzione a padiglione. E’ da rilevare che le murature di fondazione risultano eseguite con ottima tecnica costruttiva, tendente a conservare integralmente le caratteristiche meccaniche originarie.
La palazzina residenziale denominata “ex alloggio del direttore” posta in fregio al complesso di antico impianto è caratterizzata da uno sviluppo planimetrico ad “L” tozza, con i lati principali rispettivamente pari a 17.50 e 12.10 metri ca.. In elevazione presenta un piano terra, due orizzontamenti praticabili, un terzo orizzontamento di sottotetto e l’impalcato di copertura, a due falde; risulta presente anche un livello interrato, che si sviluppa per solo una quota parte della pianta.
* a cura della Provincia di Reggio Emilia
Mi piacerebbe tantissimo poterci entrare essendoci stato come agente penitenziario circa 45 anni orsono.