Veni, vidi, vici. Giovanni Malagò ha trovato il presidente di Lega, eletto ieri all’unanimità, dopo un anno di empasse, c’era stato Tavecchio commissario dalla scorsa primavera, da quando Maurizio Beretta era uscito davvero, con 3 anni di ritardo sul passaggio a Unicredit.
Il calcio italiano esce dagli equivoci, insomma, il commissariamento non è finito eppure adesso c’è Gaetano Miccichè al vertice della confindustria del pallone e la poltrona vacante c’era stata anche in B, dopo le dimissioni di Andrea Abodi che aveva concorso per la presidenza federale, a vuoto. Ora abbiamo due tecnici al vertice del calcio, Miccicchè e Balata, tengono non solo la parte delle grandi società, al punto che la torta dei diritti tv viene ripartita in maniera più equa. E’ bello il discorso iniziale di Miccichè, che parla delle grandi città della serie A e poi cita Venezia (“Anche se adesso non è con noi”), è bello recuperare le grandi piazze (Bari, Palermo), rappresentare anche il meridione, che rischia di restare solo con il Napoli e il Cagliari, in realtà insulare, però il calcio è anche favole, come il Cittadella. Vengono in mente le battaglie del presidente della Lazio Lotito contro le promozioni di Carpi e Frosinone, ecco la speranza è che ci siano sempre favole, che il Citta prima o poi arrivi e che tornino in A anche non capoluoghi di provincia ma cattedrali dello sport come Padova e Treviso o periferie come Belluno. Il discorso delle grandi e splendide città il nuovo presidente lo fa per spiegare la differenza nei confronti di Premier, Liga e Bundesliga, la realtà è che quelle leghe sono cresciute molto, che hanno stadi pieni e un pubblico più rispettoso. La stessa Ligue1, francese, si avvicina al modello italiano.
Miccichè è un uomo di banca, di potere, di ricchezza, con lui Malagò manterrà la longa manus del Coni e magari sua personale sulla serie A. La sua carriera si snoda nell’Intesa Sanpaolo, da due anni è presidente di banca Imi e manterrà l’incarico anche dopo l’elezione e questo magari non il massimo, considerata l’affinità fra istituti di credito e la quarta industria nazionale, com’è considerato il calcio.
Miccichè ha 67 anni, è figlio di un dirigente del banco di Sicilia: fratello Gianfranco presiede la Sicilia e coordina Forza Italia nell’isola, l’altro fratello, Guglielmo, è stato vice presidente rosanero, mentre zio Luigi fu consigliere a fine anni ’50.
Bocconiano, tifa Milan e giocava mediano, era tennista classificato, se la cavava anche nel nuoto e ama tutti gli sport.
Rimane nel cda di Rcs e qui magari si innesta un conflitto di interessi, con il Torino di Cairo, editore di Gazzetta dello sport e Corriere della Sera. Per votare Miccichè sono intervenuti Agnelli, De Laurentiis e Preziosi, Fassone che di fatto è il Milan in Italia e Gardini, l’italiano più importante dell’Inter, comunque è stato eletto all’unanimità. Ora ci sono da scegliere l’ad, 4 consiglieri, l’indipendente e i 2 federali, a quel punto terminerà il commissariamento. Emblematico il commento, per una volta serio, del sampdoriano Ferrero: “Ha spessore, è competente, ha tutti i requisiti per rappresentarci”.
Vanni Zagnoli