Vanni Zagnoli
“Polverino, olè”. Pum, pum, pum, pum, pum e via il rullare di tamburi.
Erano i formidabili anni ’80 e io andavo in curva al Mirabello, per risparmiare e per socializzare, con i compagni di classe della 5^ F del liceo scientifico Lazzaro Spallanzani, diplomati nel ’90. Su vannizagnoli.it, andatevi a vedere l’intervista ad Annalisa Rabitti, ex compagna, assessora con 4 deleghe, fra le sostenitrici di Quarta categoria, invitò a Reggio Wolfango de Biasi, il regista della fiction andata in onda su Rai1 sui matti che si curano con il calcio.
Matto sono io, sempre più, di certo sempre più disoccupato, al contempo matto per lo sport, per i personaggi, e quando me la sento vado ai campi, a folleggiare in video, così ho disturbato Lauro Bonini, allenatore della Bagnolese, che voleva vedersi una seduta della Reggiana, e soprattutto interrogo i giocatori e mister Diana sui massimi sistemi.
A 50 anni ripenso ai miei 15 e dintorni, quando mandavo le formazioni a memoria, come da canzone di Ivano Fossati, impazzivo anche per Francesco Guccini, da emiliano. E all’epoca, sì, impazzivo per la Reggiana, per il basket, per lo sport, per il giornalismo. Per tutto, come adesso, ma adesso molto meno, per la Reggiana.
Eppure avrei tanta voglia di andare in curva, a filmare, ma rischio di prenderle, perchè gli ultras non accettano quasi in nessuno sport di essere ripresi.
Un terzo di secolo fa, o giù di lì, non avevo l’incoscienza dentro al basso ventre come Guccini, ero ebbro di Salvatore Polverino, gran libero, della Reggiana di Franco Fontana o Nello Santin, di Giancarlo Cadè o di Lauro Toneatto, gli ultimi due scomparsi.
Un giorno ebbi un’idea con Cristiano Correggi, altro liceale, di Montecchio, che poi Wainer Magnani avrebbe intervistato spesso, su Gazzetta di Reggio, come ambasciatore del calcio reggiano in Spagna, con la sua Italsughero. Andammo nel rettilineo di tribuna un mercoledì di studio, appunto, al Mirabello, per Reggiana-Legnano, a esporre uno striscione per due lilla dai nomi improbabili, due Luigi, l’attaccante Tirapelle e il libero Cappelletti, della cenerentola del girone. Ci notò Marco Gibertini, al cui zuzzurellare mi ispiro da anni, e ci intervistò, nel ’90 iniziai con il Carlino Reggio e a Telereggio conoscendo lui per primo, con la pallamano, grazie a Ezio Fanticini e al poligrafico Luciano Tessari, e negai quella mia burloneria.
Amo i giochi di parole, come Gianni Mura, ma i nomi, soprattutto. E allora Paolo Longo, il portiere arrivato dal Derthona – oggi il basket a Tortona è incredibilmente in serie A – veniva chiamato Paolo Pongo da Gigi Manfredi, firma del Carlino, perchè spesso era incerto in uscita.
E poi Truddaiu e Rizzo, Guglielmo Bacci che ho raccontato di recente in video, con skype, al pari di Costante Tivelli. “Sfonda la rete, Tivelli sfonda la rete, sfonda le reete, Tivelli sfonda la rete”.
“Oh, D’Agostino, D’ago, D’ago, D’agostino, gol”. Sergio D’Agostino, naturalmente.
E Albi e Cocca, due terzini, che insieme facevano un frutto, l’ho sentito dire da Franco Tosi, a Teletricolore, pochi anni fa. All’epoca Franco era a Telereggio e in banca e mio papà Vasco gli parlava del suo sogno di vedere la Reggiana in bianco, tipo la Dc, il suo partito preferito, mentre Franco preferiva il granata.
Avevo 6 anni quando a Reggio c’erano Marlia e Catterina, a 11, nell’82, impazzivo per Vito Graziani, a testa alto, meno per Ezio Galasso, barba ed extraparlamentare di sinistra, non sono comunista.
Si intrecciano i ricordi, i nomi, Ioriatti e Bosco, il portiere Piccoli e Bagatti, sono migliaia di ex della Reggiana. E in fondo era quella la mia Reggiana, come mi costringevano a cantare in curva, Pierluigi Bagnoli e Davide Casamatti, “topa” e “Spaggio”, ma volevo solo vedere la partita della Reggiana, nonostante i debiti di papà Vasco, per costruire la casa di famiglia, dietro la Nepal dei Mussini. Se ne sono andati lui e Oreste, consigliere del Cere. Era la mia Reggiana, davvero, da quando faccio il giornalista ho interrogato migliaia di campioni, soprattutto di sport vari, sono uscito dagli inviti stampa per un anno e mezzo, tuttora sono fuori da molte realtà, sto riscoprendo l’essere granata. Solo, però, nell’intimismo che piace a me. Chissà, a 70 anni racconterò qui delle mie domande a Guglielmotti e a Fausto Rossi, ad Aimo Diana e a Luciani, a Mattia Muroni e persino al Nubilaria calcio femminile, a tutti gli sponsor. Intanto, se volete, seguite le mie divagazioni, nei video su vannizagnoli.it e su lagazzettagranata.it, di Wainer Magnani e Marco Bertolini.
Da “Forza Reggiana”