Enordest.it. Perché la Spagna domina lo sport

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Vanni Zagnoli

Il quarto Europeo conquistato dalla Spagna è frutto di una programmazione che parte da lontano. Risolve Oyarzabal, infilando il 15° gol della Roja, primato per un Europeo, superate le 14 della Francia nel 1984. Sette vittorie su sette partite e percorso decisamente più convincente di quello inglese.

La svolta per lo sport spagnolo risale a un terzo di secolo fa, alle olimpiadi di Barcellona, del ’92. Rispetto a Seul, passa da 4 a 22 medaglie, con gli investimenti del comitato olimpico. Fra gli ori anche il calcio. 

Nel 2005, Rafa Nadal vince il Roland Garros, è il suo primo slam e cambierà la storia del tennis, con la rivalità con Federer, con Djokovic, mentre l’inglese Murray sarebbe durato poco. 

Nello stesso anno, Fernando Alonso si aggiudica il mondiale di F1.

Siamo al 2006, quando il Siviglia conquista la prima delle 7 Europa league, un palmares del tutto inatteso. Il Barcellona invece mette in bacheca la 2ª Champions. E la Spagna diventa campione del mondo di basket, con Pau e Marc Gasol, Sergio Rodriguez, Garbajosa.

Il 2008 rappresenta un’altra annata super. Nel calcio la Spagna si aggiudica l’Europeo dopo 34 anni: l’Italia di Roberto Donadoni l’aveva impegnata più di tutte, portandola ai rigori nei quarti di finale. Nadal arriva all’oro olimpico nel tennis, mentre il basket è d’argento, dietro naturalmente agli Usa. Pep Guardiola è promosso allenatore del Barça a soli 37 anni, crea la squadra del tiqui-taca.

Nel 2010, il titolo mondiale, ai supplementari sull’Olanda, gol di Iniesta. Jorge Lorenzo vince il mondiale motoGp e i successi spagnoli nella classe regina del motociclismo saranno 10 in 11 anni.

E poi nel 2012, il calcio e il basket bissano i podi di 4 anni prima, dunque oro continentale e argento olimpico. La pallacanestro sarebbe poi arrivata all’oro mondiale nel 2019, sempre con Sergio Scariolo.

Tornando al calcio, siamo a 22 finali consecutive vinte in 23 anni, fra nazionali e club.

L’ultima volta che una squadra spagnola perse una finale contro un club non spagnolo risale al maggio del 2001. Era la finale di Champions League tra Bayern Monaco e Valencia, successo tedesco a Milano, ai rigori. Da lì in ogni finale europea dove una delle due finaliste era una squadra della Spagna, è stata vinta dalla squadra iberica. In questi 23 anni, 6 finali di Champions vinte dal Real Madrid e 4 del Barcellona. Cinque Europa league vinte dal Siviglia e il successo del Villareal nel 2021, a cui aggiungere le 3 vinte dall’Atletico Madrid e quella del Valencia nel 2004.

L’Italia perse l’ultimo atto di Euro 2012, l’Europa League l’anno scorso in Siviglia-Roma ai rigori. Nel 2020, il 3-2 del Sevilla all’Inter.

Nelle quadriennio del dominio assoluto con la Roja, la Spagna non si aggiudicò le coppe e una quindicina d’anni fa Real e Barça monopolizzavano la rosa della nazionale. Quest’anno Spagna campione d’Europa e Real Madrid campione di Champions, ma con un solo elemento in comune nella formazione di Berlino, Dani Carvajal. Lo stesso Barcellona ha solo Lamine Yamal.

Come racconta Repubblica, a firma di Paolo Condò, in rosa compaiono la bellezza di 9 baschi, 6 dei quali in campo nei minuti finali, dal portiere Unai Simon al risolutore Oyarzabal. I baschi giocano in gran parte nell’Athletic Bilbao e nella Real Sociedad, significano grinta e senso di appartenenza. Il Barcellona vincitore della prima Champions, nel ’92, contro la Sampdoria, aveva in panchina 5 baschi: il portiere Zubizarreta, il libero Alexanco, Goycoechea stopper, Bakero a centrocampo e Salinas in avanti, mentre Beguiristain era in panchina, sarebbe ds del Barcellona del grande slam, con Guardiola.

Due domeniche fa, fondamentale è stato il salvataggio sulla linea di Dani Olmo nel recupero, a evitare i rischi di supplementari e magari rigori.

Giocando un buon calcio, si hanno maggiori possibilità di fare risultato, come sostiene da sempre Arrigo Sacchi, ma si può anche prescindere dal semplice possesso palla.

Il ct Luis De la Fuente lavora in federazione dal 2013, metà dei giocatori erano nelle sue nazionali giovanili, compresi Dani Olmo e Fabian Ruiz, l’ex napoletano con Luis Enrique non era più titolare. 

Nella finale ha avuto il 65 per cento di possesso palla, con 11 conclusioni. Da 20 anni coniuga eleganza e freddezza, rispetto all’avanzare proverbiale ma un po’ scriteriato delle Furie Rosse, etichetta anni ’70 e ‘80.

Gli allenatori spagnoli fanno scuola, la Premier è stata vinta di nuovo da Guardiola con il Manchester City, davanti ad Arteta dell’Arsenal, mentre Unai Emery è quarto, con il sorprendente Aston Villa.

L’Inghilterra ha fatto il massimo, non come gioco, tant’è che Gareth Southgate si è dimesso. 

I suoi 8 anni come allenatore sono coincisi con il periodo migliore mai vissuto della nazionale dei Tre Leoni, escluso il successo del 1966 firmato Alf Ramsey. 

Southgate ottiene le finali agli Europei, nel 2021 e nel 2024, e la semifinale mondiale del 2018. Non meritava di essere deriso dalla stampa britannica, magari doveva essere coraggioso un po’ prima di finire in svantaggio.

“L’Inghilterra si trova in una buona posizione in termini di esperienza ed età – sottolinea -: la maggior parte di questa squadra sarà presente ai mondiali del 2026 e anche agli Europei, tra quattro anni”.

Re Carlo III era dalla sua. “Caro ct, anche se la vittoria ti è sfuggita, io, mia moglie e tutta la nostra famiglia invitiamo te e la tua squadra a tenere la testa alta. Tutti coloro che hanno partecipato ad attività sportive a qualsiasi livello sanno quanto possa dare tristezza un simile risultato, soprattutto quando la vittoria è lì a due passi. Ma sappi che anche il raggiungimento della finale è un grande risultato, ed è per questo che siete l’orgoglio di una nazione che continuerà a ruggire per i Tre Leoni, sperando in trionfi che arriveranno più in là”.

La federazione l’avrebbe portato volentieri al 2026, Southgate si ferma a 102 partite. 

Con Kane e Bellingham, Saka e Foden si dovrebbe offrire maggiore spettacolo. Southgate peraltro l’aveva annunciato, se non avesse vinto l’Europeo si sarebbe dimesso e così ha fatto. “Come inglese orgoglioso, è stato l’onore della mia vita prima giocare e poi allenare l’Inghilterra. Ha significato tutto per me e ho dato tutto, ma è tempo di cambiare e di iniziare un nuovo capitolo. La rosa che abbiamo portato in Germania è piena di talento e potrà certamente vincere trofei in futuro”.

Magari la Nations league, perchè i Mondiali sono sempre difficilissimi e anche gli Europei con questa Spagna, la stessa Francia e la Germania sono improbi. E magari nel frattempo migliorerà anche l’Italia.

Le ultime note le dedichiamo ai programmi su Euro 2024.

Su Rai1, Notti Europee interessante ma si è esagerato spesso con il tono scherzoso che piace tanto a Marco Mazzocchi, con uno sghignazzare puro. E poi le freddure di Eraldo Pecci. Buona scelta Ubaldo Righetti. 

Bravo Umberto Martini, nei suoi collegamenti quasi surreali, fra i tifosi, situazioni che cerchiamo anche noi, ovviamente con le debite proporzioni. Paola Ferrari scherzava persino troppo con Mazzocchi, appunto, mentre Furio Zara regalava ogni sera alcuni minuti di bell’editorialismo.

I voti di Tony Damascelli sono secondo una gamma da 3 a 9 che in Italia non usa nessuno, al massimo si va dal 4 all’8 su Repubblica e Corriere della Sera, ma solo talvolta. “Ma all’estero osano di più”, sottolinea la firma de Il Giornale e in effetti qualcuno usa anche il 2, fra Spagna, Francia e Inghilterra.

A Dribbling, Domenico Marocchino ama pure fare cabaret, grazie al conduttore Paolo Paganini.

Su Sky, il dopo partita con Leo Di Bello era più sobrio, con Federica Masolin il salotto delle grandi gare, sempre completo, con Paolo Condò, Fabio Capello, magari Paolo di Canio.

La mattina, invece, Guten Morgen Euro, con Marco de Micheli, Federica Frola, Gaia Accoto, pensato più per i giovani.

Molto bene anche la radio, 1, con gli studi di Guido Ardone, in particolare. In generale, è stato una buona edizione degli Europei, escluse alcune gare dei gironi e anche di ottavi e quarti infinitamente tattiche.

Fra 4 anni saranno in Inghilterra e in Irlanda. Bellissima l’idea dell’altra isola britannica, che mai ha ospitato eventi sportivi di rilievo. Il primo è stato forse la finale di Europa league, vinta all’Atalanta.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

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