Enordest.it. Giovanni e Alice e il paesino dei due ori. Il caso della pugilessa intersex

(rainews.it)

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Vanni Zagnoli
E’ stata la settimana di Roncadelle, il paese bresciano che ha portato due medaglie d’oro in 19 minuti. Il nome della località di 9mila abitanti viene dal latino runco, significa falciare.
A giovedì, aveva due ori, come aveva la Germania e come a sabato, neanche avevano Brasile e Spagna. La cittadina è compressa fra l’A4 e numerosi centri commerciali. Il parroco ha fatto suonare le campane in segno di festa, come per anni è avvenuto a Maranello, ai successi delle Ferrari, e in tanti sono andati in strada per celebrare i campioni di casa.
Giovanni de Gennaro vince la canoa slalom K1, sul francese Castryck e lo spagnolo Echaniz, che aveva ottenuto il miglior tempo ma che ha avuto due secondi di penalità. L’Italia torna a trionfare in questo sport ai Giochi dopo dodici anni, nel 2012 il titolo andò a Daniele Molmenti, di Pordenone, da 7 anni è direttore tecnico della nazionale. Il 88″22 è frutto anche di un passaggio sorprendente, quasi un dribbling, fossimo nel calcio, e anche così arrivano i 22 centesimi sul francese.
De Gennaro era già attesissimo 3 anni fa ma neanche raggiunse la finale.
“L’ho sognata tanto questa medaglia, a un certo punto ho pensato che mi stesse sfuggendo di mano. Era il mio sogno, sapevo di potermela giocare. Perché è stata una stagione in cui sono sempre stato veloce, ho provato a non mettermi tanta pressione e ha funzionato. Non posso dire le parole pronunciate quando scendevano i rivali in acqua… Già il bronzo andava bene”.
Giovanni si è aggiudicato tre coppe del mondo, è stato vicecampione iridato nel 2022 e oro Europeo di recente. E’ numero 2 nel ranking mondiale e a Tokyo fallì perchè viveva l’ossessione del podio a tutti i costi.
Un’altra di Roncadelle è Stefanie Horn, tedesca, italiana di matrimonio, oggi tesserata per la Marina, è stata 5^, a proposito di piazzamenti di rilievo, che a noi stanno sempre a cuore. E’ sposata con Riccardo De Gennaro, canoista, fratello del nuovo campione olimpico. Sono intrecci tipici degli sport che non hanno una grande base di praticanti.
Giovanni ascolta l’inno con gli occhi chiusi e bacia il podio, sul canale di Vaires-sur-Marne Nautical. «Questa medaglia è per il mio primo allenatore, Gianni, che ci ha lasciato 10 anni fa proprio in canoa, in un’escursione in Nepal”.
Il primo oro di specialità fu di Pierpaolo Ferrazzi, di Bassano del Grappa, nel 1992.
Funambolo delle acque, De Gennaro nella semifinale compie un errore all’inizio, un tocco di paletta, si riprende e controlla, sarà l’unico degli ultimi due atti. In acqua è armonico e sa galleggiare, affronta porte e correnti che cambiano sempre.
L’altro oro di Roncadelle è Alice Bellandi, 25 anni, finanziera. Iniziò Brescia nella palestra di Ezio Gamba, oro a Mosca nel 1980 e poi maestro di judo del presidente russo Vladimir Putin, ma quando ancora non aveva idee di guerra all’Ucraina.
Anche Anna Danesi, capitana della nazionale di volley, vive a Roncadelle mentre la ginnasta Angela Andreoli, argento nella gara a squadra, è di Brescia.
Alice bacia sulla bocca la sua compagna Jasmine Martin, judoka sudafricana, lo fa davanti alla premier Meloni, che rappresenta schieramenti politici che generalmente amano le famiglie più tradizionali.
A Tokyo Bellandi era uscita in lacrime dopo l’eliminazione nei ripescaggi, venne consolata al telefono anche dalla nonna, Jole, oggi 96 anni. «Mia nipote è un fenomeno – dice -. Lo so da quando è nata. Ha sempre avuto un carattere battagliero: nel passeggino piangeva, urlava».
Ha il labbro spaccato e un occhio nero, a dimostrazione della durezza del judo. E’ uno sport molto universale, a giovedì aveva già portato a medaglia 26 nazioni, dalla Mongolia al Tagikistan.
Alice firma un waza-ari a un minuto dalla fine dal tempo regolamentare, un movimento rapidissimo di spalle e Lanir (Israele) si è trovata con fianco sul terreno. Fosse caduta di schiena, l’incontro sarebbe finito lì. Bellandi è salita di categoria, come avviene spesso nel pugilato, maschile, a Tokyo era nei 70, ora è al limite dei 78 kg.
«Ho sofferto di disturbi alimentari – racconta a Cosimo Cito, di Repubblica -, mangiavo tantissimo dopo le gare per recuperare dalle repentine perdite di peso, ho avuto enormi problemi psicologici, li ho superati con l’aiuto della mia mental coach Laura Pasqua. Nei 78 kg sono più a mio agio. Ora peso di più, ma anche il collo, vedete, mi pesa di più».
Iniziò anche a giocare a calcio, a fare atletica, finchè provò il judo. Odette Giuffrida aveva perso un bronzo che pareva vinto per una decisione arbitrale discutibile. Sono molto amiche, nelle difficoltà la squadra si è unita.
In questa disciplina l’Italia aveva vinto solo con la toscana Giulia Quintavalle a Pechino nel 2008.
«Questa vittoria è un grande sollievo – racconta Alice -, è la testimonianza che tutti i sogni si realizzano. Me la voglio dedicare per tutto quello che ho passato».
Judo e canoa sono sport che in Italia catturano il grande pubblico giusto ogni 4 anni.
Il fioretto femminile ha portato l’argento, era atteso l’oro, gli Stati Uniti si sono dimostrati superiori. Martina Favaretto, 22 anni, padovana, è stata la meno brillante, in questa olimpiade, salvo cali sarà a Los Angeles 1928 e a Brisbane.
Alice Volpi dovrebbe reggere per un altro quadriennio, avrà 36 anni, la stessa età di Arianna Errigo oggi. E la portabandiera difficilmente proseguirà, anche se mantiene un pizzico di voglia di inseguire il mito Valentina Vezzali, che a Rio fu bronzo a 42 anni, ma al mondiale, e si ritirò a pochi mesi dall’olimpiade.
«Continuare ad alti livelli non è facile – confida -. Sono madre di due splendidi gemelli. Per tutta la carriera cominciavo a pensare a un’edizione dei Giochi appena finita quella precedente, dopo Tokyo volevo costruire una famiglia ma allo stesso tempo mi vedevo a Parigi. Stavolta comincio a pensare un anno alla volta”.
In finale ha fatto il possibile, rimanendo attaccata 5-4 alla bi-campionessa olimpica Lee Kiefer all’inizio, e ridando speranza alla fine quando le era stato consegnato un ritardo di 8 stoccate dalle americane. «Mi sarei voluta riprendere la rivincita».
Da Sydney 2000, l’oro è arrivato solo a Londra 2012, con Elisa Di Francisca, all’epoca amico, Arianna Errigo appunto, e Valentina Vezzali.
«In questi ultimi tre anni – dice Errigo – abbiamo vinto Mondiali, Europei, a Milano eravamo in tre sul podio”.
Le americane hanno monopolizzato la finale dell’individuale e controllato bene nella squadra. «Hanno un bacino impressionante – racconta il ct Stefano Cerioni -, la scuola dei maestri russi si è abbinata agli atleti di origine asiatica che hanno una grande predisposizione per questo sport. Io sono convinto che la scherma sappiamo farla ancora meglio noi, però loro sono bravi a toccare».
I college sono determinanti, negli Usa. L’Italia ha 20mila praticanti, relativamente pochi, considerato che vari Paesi investono parecchio nella scherma.
Venerdì è stata la giornata dell’argento nel canottaggio, con
Gabriel Soares e Stefano Oppo. Si sono conosciuti a Piediluco, sul lago in provincia di Terni, e sono andati a podio nel due senza pesi leggeri, che poi non sarà più riproposto.
Da Los Angeles si passerà al più popolare e televisivo beach sprint, duathlon remiero tra canottaggio e corsa sulla spiaggia.
Soares è brasiliano e abita in Lombardia, il sardo è di Oristano. Oppo c’era già nel bronzo di tre anni fa, ma con Pietro Ruta. Vince l’Irlanda, la punta della barca greca resta dietro per 11 centesimi, il fotofinish è rapido.
Soares è tra i 36 azzurri nati all’estero dell’enorme spedizione a Parigi. E’ nato nello stato di Paranà, a Iguaçu, a due passi da quelle cascate incredibili. Mamma Silvana è di origine italiana, è stata pallavolista, uno zio era maratoneta, un nonno karateka.
Vive a Besozzo, fra il lago di Varese e il Maggiore. A Oppo ha insegnato a non perdersi nei dettagli e così l’oristanese è continuato a salire, nei piazzamenti olimpici, quarto, terzo e ora secondo».
La preparazione è stata rifinita in altura, presso l’Aquagranda di Livigno, l’avveniristico centro di preparazione olimpica del Coni, dove si sono preparati anche Ceccon e Martinenghi, nel nuoto, Ganna nel ciclismo e tanti mezzofondisti.
Lavorano con i pesi e poi nuotano, sull’ergonico, in bici e poi in barca.
E’ stata anche la settimana di Angela Carini, la pugilessa che si è ritirata di fronte all’algerina Imane Khelif. Che ha livelli di testosterone oltre la normalità, per una donna, una sorta di doping naturale, come Caster Semenya a inizio millennio nel mezzofondo. La nordafricana non è un uomo, non lo è mai stato, comunque la competizione non era equa e il suo destro era visivamente pericoloso per la napoletana. Abituata ad allenarsi con un uomo, il fratello, Angela comunque non aveva mai preso un colpo così forte.
Non vogliamo credere che sia stata convinta dal nostro governo, dal Coni a ritirarsi, per far parlare del caso a livello mondiale, avrebbe in effetti rischiato la sua incolumità, proseguendo, il timore del ministro dello sport Andrea Abodi era giustificato. Magari avrebbe potuto provare a concludere il primo round, ecco, a reggere un po’ di più. Quel colpo al naso si era sentito tanto, faticava a respirare.
Angela ha 25 anni, speriamo non lasci il pugilato.
Dopo qualche istante dall’esordio nella categoria 66 chili dei pesi welter, si era fermata per un problema al caschetto. Al secondo colpo intenso, l’abbandono. Non ha salutato Khelif, sul ring.
“Ho sbagliato, sono scesa per rabbia, ma non verso l’avversaria”. Ha pianto pensando al padre, Giuseppe, che l’aveva portata al pugilato e si è spento dopo Tokyo.
La premier Meloni ha incontrato a Parigi il presidente del Cio Thomas Bach, parlando anche delle regole per garantire equità nelle gare sportive.
Bach ha dichiarato: “Siamo rimasti d’accordo di restare in contatto per  ‘dare il benvenuto’ allo stesso background scientifico e rendere la situazione più comprensibile perché lei è una donna e ha fatto competizioni per sei anni al livello internazionale”.
La International boxing association (Iba) è la federazione internazionale fortemente influenzata dalla Russia che escluse Khelif e altre pugilesse dai Mondiali del 2023 in base a regole ed esami all’epoca non chiariti. Venerdì l’Iba ha annunciato che assegnerà un premio di 50mila dollari a Carini più due premi da 25mila dollari, uno alla federazione italiana e l’altro allo staff che allena Carini.
«Non capisco perché uccidono così la boxe femminile. Per motivi di sicurezza, soltanto gli atleti idonei dovrebbero competere sul ring», ha detto il presidente, il russo Umar Kremlev. Dopo essere stata per lunghissimo tempo l’associazione di riferimento del pugilato olimpico, nel 2023 l’Iba fu espulsa dal movimento dal Cio, che già dal 2019 l’aveva estromessa dalla gestione dei tornei dopo una serie di scandali e per preoccupazioni relative all’integrità, alla governance e alla gestione finanziaria del pugilato. Da allora l’Iba è diventata un’organizzazione sempre più influenzata dalla Russia, dova ha la sua sede: è finanziata principalmente da Gazprom, la compagnia petrolifera di stato russa, e ha adottato un’agenda anche politica piuttosto aderente alle priorità dello stato russo. La federazione italiana rifiuterà il premio. Khelif magari vincerà l’olimpiade, grazie a parametri organici che il Cio volutamente tiene più elevati rispetto a quelli della Iba. Magari saranno ritoccate le regole, per Los Angeles 2028.
Khelif è intersex, intersessuale, per l’iperandrogenismo, non è una trans, come aveva scritto il ministro Salvini. E comunque il Cio l’aveva autorizzata a partecipare alle olimpiadi.

La prima stesura dell’articolo pubblicato su “Enordest.it”

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