Il primo pezzo di Roberto Censi: “Basta discriminazioni sul calcio femminile”.
Cosa vi viene in mente quando sentite la parola calcio? Se fermassimo delle persone in giro per strada ti parlerebbero ora come ora dei Mondiali brasiliani appena conclusi, oppure della crisi della Serie A, il nostro campionato. Se trovassimo invece un tifoso napoletano potrebbe avere l’insulto facile a causa dell’inizio di stagione non proprio esaltante.
Secondo molti il calcio è uno sport maschile. Molte ragazze sbavano per gli addominali di Cristiano Ronaldo, oppure si mettono (o mettevano, visto che pare scomparso…) in fila per avere un autografo di quel belloccio di Stephan El Shaarawy. Che poi a dirla tutta sarà pure un figo, ma non è un po’ tamarro? Certo, mai come Mario Balotelli, il “bad boy”…
Di ragazzi che invece si mettono in coda per una foto con una calciatrice, oppure ci stravedono? Niente, buio più totale. Non dobbiamo tuttavia esserne così sicuri, esistono questi personaggi, anche se sono rari e nascosti. E se arrivano a questo punto non hanno certamente nessuna intenzione di fare un passo indietro.
Non si può parlare di sport se non è praticato da entrambi i sessi. Nel calcio le calciatrici non sono di certo considerate come i loro colleghi maschietti, quasi tutte sono poco conosciute al grande pubblico, e soprattutto non guadagnano le medesime somme dei vari Andrea Pirlo and company. Per loro è alla fine più una passione che un lavoro. Ricapitoliamo quindi, anzi, poniamoci un quesito. E’ giusto che un giocatore di Serie A come Simone Padoin (centrocampista della Juve) prenda 700 mila euro all’anno, e una giocatrice nella medesima categoria ne prenda 700, non di mila ma di soli euro? Come direbbe Malesani (celeberrimo allenatore), “cos’è diventato il calcio, na’ jungla cazzo?”
Di atlete brave ce ne sono in giro. Alcune meriterebbero più importanza. Andate a seguire una società di calcio femminile per vedere che la passione che ci viene messa tutti i giorni in questo sport è quasi sempre superiore a quella presente nei ritiri delle squadre maschili più blasonate. A Milanello, sede degli allenamenti del Milan, per esempio, alcuni calciatori pensano probabilmente di più allo stipendio che riceveranno alla fine del mese, o se sbocciare la sera stessa all’ ”Old Fashion” oppure al “Fellini”, noti locali della movida milanese. Tutto ciò deve far riflettere.
Il concetto su cui soffermarsi è poi un altro. Stavamo parlando di passione, ma è bene parlare anche di personalità. La personalità si vede dentro e fuori dal campo, e la maggior parte delle calciatrici, se pratica questo sport, ne ha tanta da vendere. Nel momento, per esempio, in cui sono giù di morale loro sono sempre in grado di risollevarsi perché come si dice in genere in questi casi hanno le “palle quadrate”. Donne da stimare insomma, e ognuna di loro, dalla prima all’ultima, non ha mai mollato l’idea di abbandonare il calcio, perché solo chi sogna può volare. E sono disposte a tutto per puntare sempre più in alto.
Censi Roberto