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da Libero Quotidiano
Di Marianna Baroli
In un mondo che corre veloce e non lascia il tempo nemmeno per fermarsi a osservare il nuovo taglio di capelli di lei o il ritocchino all’auto di lui, in cui la doppia spunta verde su Whatsapp è diventata sinonimo di fedeltà e in cui, il tag sbagliato su Facebook può far esplodere conflitti al pari di una bomba atomica, la pace, sempre più spesso, la si trova seduti sul divano, con il partner al proprio fianco, e davanti uno psicoterapeuta. Benvenuti in una seduta tipo di Psicologia di coppia, ovvero il modo per sopravvivere ai rapporti lui-lei, lei-lui, e perché no, lei-lei e lui-lui. Studi recenti rivelano che circa il 25% delle coppie italiane (sposate, conviventi o semplicemente fidanzate) ricorre almeno una volta nella vita a una seduta di terapia di coppia per risolvere un problema che, a casa, pare insormontabile.
Ma quali sono i motivi che, principalmente, spingono una coppia a chiedere aiuto? Generalmente, sono tre i macrosettori in cui vengono suddivisi i malesseri del rapporto a due: un sintomo, in questo caso la coppia chiede aiuto per via di un problema riconducibile a solo uno dei partner come l’ansia, l’eiaculazione precoce, la depressione, il calo del desiderio; un rimedio, in questo caso la terapia è vista come soluzione per una relazione logorata dai conflitti e dalle divergenze in cui non ci si sente più amati e il clima diventa insostenibile; il tradimento, in cui l’aiuto viene focalizzato in sedute alla presenza di entrambi i partner. Il comune denominatore di questi tre settori è la presenza dello psicoterapeuta scelto, ovviamente, e di un modus operandi ben preciso. Non si tratta delle semplici chiacchiere, l’esposizione forzata del proprio io o del malessere più profondo davanti al compagno/a e a un estraneo, bensì di giochi ed esercizi creati ad hoc per essere effettuati anche casa, una volta finita la sessione di terapia, e utili a rafforzare il rapporto. Tra gli esercizi più proposti, la «tecnica della sedia vuota» o «calda», come definita da Fritz Perls, fondatore della psicoterapia della Gestalt. Utilizzatissima, questa tecnica avviene spesso in presenza dello psicoterapeuta che si inserisce nell’io del partner in questione per analizzare le sue problematiche e da dove esse nascono. Come funziona?
Si prendono due sedie e le si posizionano l’una di fronte all’altra. Seduti davanti a una sedia vuota, nel silenzio, si immagina quindi di avere davanti a sé il proprio partner a cui si racconta il proprio malessere, cosa piace e, soprattutto, non piace, della coppia. Dopo il monologo, ci si sposta sull’altra sedia e, calandosi nei panni del compagno/a ci si prova a dare una risposta. La tecnica della sedia vuota ha due benefici: permettere al paziente di liberare le sue emozioni attraverso il pianto e quindi abbassare le sue difese e permettere l’emergere di un evento negato. Un altro esercizio semplicissimo è quello di stilare un elenco di cosa piace e cosa non piace del proprio partner.
ll gioco, che prende il nome di «Michelangelo Effect» porta ad evidenziare gli aspetti più ovvi di un rapporto di coppia che, tuttavia, possono creare incomprensioni e malumori e a spingere il partner a fare meglio portandolo verso il modello ideale di uomo/donna. Il beneficio del gioco, oltre a quello di aver finalmente rivelato al partner il proprio malessere è quello di riportare alla luce gli aspetti positivi che hanno spinto, in primo luogo, a innamorarsi di quella persona. Le mani, importanti nell’intimità, diventano anche lo strumento per dipingere quello che si pensa della situazione di coppia. L’esercizio è semplicissimo: a entrambi i partner viene chiesto di creare con le mani un’immagine. La stessa, significherà come la persona vive il rapporto. Esaminate le proprie «sculture» si passerà a un lavoro a quattro mani in cui i due partner sono chiamati a rappresentare la loro unione.
E mai sottovalutare l’importanza di uno sguardo. Cinque minuti di silenzio, gli occhi fissi gli uni negli altri sono in grado di creare un livello di profonda sintonia e a far ritrovare l’empatia perduta. E ancora, uno degli esercizi più utilizzati è la «Comunicazione non violenta». Detta anche «linguaggio giraffa», è un processo di comunicazione assertivo sviluppato da Marshall Rosenberg che porta a indicare l’oggetto del proprio malessere e la soluzione desiderata con un linguaggio pacifico fatto, per esempio, degli ormai dimenticati «per favore» e «grazie». Ma davvero servono questi esercizi? Il beneficio è effettivo? Per la dottoressa G.C Giunta dello Psycocenter di Milano e Parma «questo tipo di esercizi hanno utilità solo quando sono inseriti in un contesto. Contestualizzati con un prima e un dopo possono avere qualche effetto perché l’esercizio in sé non porta a risultati».
Il consiglio è uno: «Non esagerare con gli esercizi che sono pratiche standard. Ogni tipo di lavoro va individualizzato per la coppia».
Da necessità a moda, forse. La terapia di coppia infatti sta prendendo piede un po’ ovunque, nella realtà così come nella finzione. Basti pensare ai recenti telefilm, come House of Cards o Jane the Virgin in cui i protagonisti ricorrono alla psicoterapeuta per cercare di tenere insieme i pezzi di una storia che ormai sembra al tracollo. A far tornare coi piedi per terra sono però i numeri: circa l’80% delle coppie in terapia finiscono per lasciarsi. Un fallimento? Certo che no. Semplicemente la giusta soluzione a un effettivo problema.