http://www.avvenire.it/Sport/Pagine/PELLEGRINI-.aspx
Da Avvenire di 20 giorni fa, una bella intervista di Massimiliano Castellani alla regina dello sport italiano.
Fede («in quel Dio che prego, appreso dall’educazione cristiana che ho ricevuto»), speranza («nel presente e soprattutto nel futuro ») e più che carità, umiltà – questo lo diciamo noi – dei forti. Anzi, dei fortissimi.
Sono le tre “virtù teologali” della campionessa, in vasca e fuori: la regina del nuoto, Federica Pellegrini. Genio precoce della piscina, primatista mondiale dei 200 metri ed europea dei 400. Nella sua roccaforte veronese («A Verona ho ritrovato una piccola Roma, io sono per una vita più umana e più vera, quindi, quella della provincia»), tra doppie sedute d’allenamento e un “pasto” quotidiano fatto di 7-8 km di bracciate poderose da consumare, prepara il suo settimo mondiale in carriera.
Per il settimo sigillo, appuntamento alla piscina di Kazan: il 5 agosto, il giorno del suo 27° compleanno che coincide con quello della finale dei 200 stile libero. Pronta dunque per salire ai blocchi russi e dare quei colpetti di pugno al cuore: «Che significato ha? È un gesto molto intimo, non posso rivelarlo… ». Intimi, ma rintracciabili, i tatuaggi impressi sulla pelle del fisico scultoreo della Venere di Mirano: «Sono undici, l’ultimo raffigura la mia gatta, Mafalda». E @mafaldina88 è il suo account su Twitter. «A differenza di Facebook dove non entrerò mai, sono felice di essere su Twitter – dal 2013 –: ha facilitato la comunicazione con tante persone sconosciute con le quali ci diamo del tu». E allora, per una volta, anche lo scrivente si concede il lusso del “tu” con la campionessa della porta accanto.
Molti dei tuoi 346.000 follower sono dei ragazzi che non sognano di emulare un giorno un eroe dello sport maschile, ma la “Fede”, unaragazza…
«Lo so, e questo mi lusinga parecchio. Non la vivo affatto con il peso della responsabilità e non la trovo una cosa così strana, perché i ragazzi comunque non guardano alla donna, ma al campione che compie l’impresa, a quello che sale sul podio con la medaglia al collo e canta l’inno di Mameli. E poi è capitato anche a noi nuotatrici di guardare a Domenico Fioravanti come a un punto di riferimento. Anche se il mio mito era Franziska van Almsick».
Cosa ti scrivono i tuoi fan su Twitter?
«Postano foto e poi chi nuota mi fa domande tipo: che tempi facevi alla mia età? Mi chiedono consigli per le loro gare. Prima dei Mondiali su @mafaldina88 organizzerò una chat per rispondere al maggior numero di curiosità. Questo rapporto diretto, specie con i più piccoli, lo trovo fantastico, elimina le distanze e mette tutti alla pari».
Quanto contribuisce lo sport alla parificazione dei sessi?
«Non conosco le altre discipline così a fondo, posso parlare solo del nuoto dove adesso le ragazze sono trattate alla pari degli uomini. Ma non è stato sempre così, anzi, prima che arrivassimo io e Alessia Filippi noi ragazze rappresentavamo le seconde linee, le ruote di scorta. Ma la “lotta” continua, specie nella società dove tante donne subiscono delle violenze atroci… Quando nelle campagne di sensibilizzazione a tutela delle donne serve metterci la faccia, beh la mia c’è, e ci sarà sempre».
Quanto è cresciuta la tua notorietà in questi anni?
«In Europa molto, fuori non credo. Ricevo messaggi da tifosi tedeschi, dalla Spagna. In Francia sono molto conosciuta e non per i gossip [vedi la rivalità a 360 gradi con Laure Manadou, ndr] che piacciono tanto a voi giornalisti, ma perché fino all’anno scorso il mio allenatore era francese [Philippe Lucas, ndr]».
«Tutti i miei allenatori mi hanno massacrato», hai detto. Ora sei tu che massacri il nuovo coach Matteo Giunta?
«No, anzi. Da qualche mese anche Matteo ha imparato a massacrarmi. E infatti i risultati si vedono [l’1’55’’ di Vichy, ndr]. Non l’ho mai detto prima, ma dopo aver cambiato tanti allenatori, ora sono convinta che non è assolutamente vero che chiunque ti può allenare. Specie nel nuoto che è uno sport di sensibilità, in cui già se ti fermi alla domenica, quando il lunedì ti rituffi in piscina hai sensazioni completamente diverse, a volte anche strane. Il talento conta, ma solo se lo tieni ben allenato e la scuola italiana, soprattutto sul mezzofondo, ti allena come poche altre al mondo».
Molti mollano questo sport proprio per la durezza degli allenamenti, al limite dell’alienazione.
«Il nuoto di per sé è uno sport monotono, stessa vasca, stessi metri, è un po’ un andare avanti e indietro. Però gli allenamenti, per quanto duri, rappresentano la componente che varia di più, ogni giorno. Certo se vita ti far star male è meglio cambiare, e alla svelta. Per me la piscina è ancora il mio centro di gravità permanente. Rifarei tutti i sacrifici fatti per arrivare sin qui».
C’è chi per arrivare più in alto evita i sacrifici e sceglie la scorciatoia del doping. Come siete messi nel nuoto?
«Purtroppo è un fenomeno in crescita e i controlli dell’antidoping sono troppo indietro. Non ho prove certe su nessuno, ma dubbi tanti. Si vedono meteore, spesso non più dei ragazzini, che all’improvviso abbassano i tempi di tre secondi e poi dopo poco li rialzano di cinque. E poi delle metamorfosi fisiche spaventose, specie tra le donne, che è inutile negarlo, le guardi e qualche sospetto ti viene per forza… Io sul doping ero e rimango per la tolleranza zero».
C’è qualcuno che non tollera invece quando ti lamenti dell’“acqua calda” della piscina. Cosa ti disturba della critica?
«Mi dà fastidio quando scrivono che sono una privilegiata, una viziata. Questi signori li inviterei una settimana ad allenarsi con me. Neanche gli chiedo di nuotare, ma di starsene due ore e mezza fermi in acqua con quella temperatura. Se dopo una settimana stanno ancora in piedi, allora gli pago una cena… – sorride –. Penso proprio che cenerò da sola, sai…».
Come combatti la tensione del pre-gara?
«Con la lettura e la musica, specie quella italiana. Sono cresciuta con mio padre che alla domenica a me e a mio fratello, Alessandro, ci svegliava con le canzoni di Lucio Battisti. Acqua azzurra, acqua chiara potrebbe essere la mia colonna sonora. Così come il romanzo La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano è il mio libro di riferimento: mi ha liberato da tutte le paturnie alla vigilia del Mondiale di Roma del 2009».
Quello che ti ha consacrata fenomeno assoluto: oro nei 400 e nei 200, in cui sei stata la prima donna a scendere sotto l’1’’53’’’. Ma il tanto successo, ti ha mai infastidito?
«Sì, dopo le Olimpiadi di Atene 2004. Non ero pronta al grande impatto mediatico. Quell’argento [(a sedici anni e dodici giorni, la più giovane atleta italiana di sempre a salire sul podio, ndr], mi è pesato un po’… Ma ho sempre avuto il grande appoggio della mia famiglia che mi ha aiutato a tenere i piedi ben saldi per terra. Poi i periodi in cui ti senti di svolazzare, specie quando sei giovanissima, è giusto che ci siano, ma io sono rimasta Federica, e lascio che siano gli altri a dire se sono un fenomeno o meno».
L’incontro che vorresti fare e quello che ti ha dato di più?
«Mi piacerebbe tanto conoscere papa Francesco, ma so che ha un sacco di impegni ed è più in giro di noi atleti. Nel 2009 ho avuto la fortuna di incontrare papa Ratzinger: mia madre momenti collassava dall’emozione – sorride divertita –. Anch’io del resto ho avvertito un’ondata emotiva pazzesca, mai provata prima».
Molti hanno tremato quando hai detto: «Dopo i Giochi di Rio (cominciano il 5 agosto, giorno del tuo 28° compleanno) smetto».
«Giorni fa a Roma dei bambini mi urlavano: “Fede ti prego non smettere dopo le Olimpiadi!”. Quelle di Rio nella mia testa rappresentano le Olimpiadi in cui vorrei essere la portabandiera dell’Italia, ma anche l’ultima tappa personale. Ma poi chissà, mai dire mai».
L’importante a Rio sarà fare meglio di Londra 2012.
«Quella di Londra rimane una lezione inutile, ne avevo passate talmente tante che non mi serviva certo una simile bastonata. Prima dei Giochi brasiliani, conto fare bene ai Mondiali di Kazan. Poi una volta a Rio, se le cose andranno in una certa maniera, magari chissà, allora tento anche la quinta Olimpiade ( Tokyo 2020). Il Giappone del resto è il Paese che mi ha affascinato di più tra quelli che ho visitato. Certo – sorride –, ci arriverei a 32 anni…».
Come ti vedi a quell’età Federica?
«Come una sposa, in abito bianco, in chiesa. Vedo una mia famiglia con dei bambini. I miei figli faranno nuoto? Come sport per divertirsi spero proprio di sì, se poi vorranno fare gli stessi sacrifici della loro mamma, beh quella sarà una loro scelta e non sarò certo io a fermarli».