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Lascia il calcio Stephan Lichtsteiner, 36 anni, ex capitano della Svizzera, 7 scudetti con la Juve. Non sono così frequenti i racconti di stranieri su queste colonne, ma è come se l’elvetico fosse italiano, per militanza. Soprattutto lo ricordiamo per la serietà, l’applicazione, l’esempio, è il classico gregario esemplare.
L’esterno difensivo destro è forse il ruolo meno chiave del calcio, assieme forse a un esterno di centrocampo, in serie C e D molte squadre si affidano lì a un giovane, Lichtsteiner ha interpretato il ruolo con signorilità, anche nella Lazio.
Con 108 presenze, ha partecipato a tre mondiali e agli Europei 2008 e 2016, dai 24 anni, dunque, non ha mai mancato gli appuntamenti con la Svizzera a livello internazionale.
Iniziò al Lucerna, poi il Grasshoppers di Zurigo.
Avrebbe voluto concludere la carriera alla fine di Euro 2020, torneo rinviato di un anno a causa della pandemia di coronavirus. “Dopo la decisione della Uefa di posticiparlo al 2021, mi è diventato chiaro che era il momento giusto e che io non volevo giocare un altro anno”.
Con la Juve, anche 7 scudetti e 4 Coppe Italia. È stato finalista in Champions nel 2015 e nel ’17.
Dopo un anno all’Arsenal, Lichtsteiner si era unito per un’ultima stagione all’Augusta, club tedesco che aveva lasciato poche settimane fa. Da oltre un mese era senza squadra.
Licht dire basta dopo 624 presenze, 30 gol e 48 assist da professionista e 108 caps e 8 reti con i rossocrociati, è terzo alltime in maglia elvetica.
Cominciò nel 2001, a 17 anni, con gli Hoppers, campione svizzero 2003. Dopo l’esperienza al Lille, alla Lazio centra il piccolo double, coppa Italia e supercoppa. Alla Juve battezza lo Stadium, segnando la prima rete, vittoria contro il Parma.
“Dopo un paio di settimane di riflessioni, ho deciso che a questo punto di fermo e mi ritiro dal calcio giocato – il suo messaggio – . Vorrei ringraziare per le tante splendide emozioni vissute insieme. Sono molto orgoglioso del cammino fatto insieme”.
Negli occhi e nei cuori degli juventini lascia le sue sgroppate sulla fascia destra, dal primo scudetto di Conte al penultimo di Allegri è celebrato dal club bianconero: “Ci hai fatto viaggiare, Swiss Express!”. Lichtsteiner arrivò dalla Lazio per 10 milioni di euro.
“Sin da piccolo volevo diventare calciatore – spiega -. Ho potuto vivere il sogno che avevo da bambino. Dopo grandi sfide con molti alti e pochi bassi porto con me molte belle esperienze, che mi aiuteranno in futuro. D’ora in poi voglio proseguire su due piani: da un lato svolgendo i corsi da allenatore, dall’altro cercando sfide nel settore economico. La durata della carriera di un calciatore è limitata. Ho potuto giocare fino a 36 anni ad alti livelli. Ora è arrivato il momento di intraprendere una nuova strada”.
Licht sceglie l’uscita nel momento migliore, senza trascinarsi.
“È stato un bel periodo e mi sono divertito molto. La Nazionale? Ogni torneo è stato un evento incredibile. Sempre da pelle d‘oca. Peccato soltanto che nelle ultime tre fasi finali abbiamo mancato i quarti di finale per pochissimo”.
A Torino assomma 14 trofei in 7 anni. “La Juventus era già prima di questo periodo un brand di livello mondiale, ma sportivamente a terra – spiegava -. Siamo riusciti a costruire una generazione di vincenti, è stata sicuramente la fase della mia carriera di maggior successo, che mi ha caratterizzato di più. Gli unici motivi di rammarico sono le due finali di Champions perdute”.
In nazionale, sempre titolare, con Köbi Kuhn e poi Ottmar Hitzfeld, con Vladimir Petkovic è stato capitano agli ultimi Europei e mondiali.
Licht debuttò nell‘1-2 contro il Brasile, nel 2006 a Basilea. Chiuse nell’1-0 alla Georgia.
“È un motivo d‘orgoglio poter disputare oltre 100 partite internazionali per il proprio paese. Ogni singola partita è stata un privilegio. E ogni partita sembrava essere la prima dal punto di vista emotivo”.
Nella storia di Stephan, raccontata in particolare da Tsi, colpisce l’avventura in 4 sui 5 campionati più importanti d’Europa.
L‘ultimo highlight internazionale a livello di club risale alla finale di Europa League con l‘Arsenal nella primavera 2019. “E’ stata una sfida che ho voluto intraprendere a tutti i costi verso la fine della carriera. L’ho costruita in modo logico”
Il 36enne lucernese riannoda la vita. “Sin da piccolo volevo diventare calciatore, ho potuto vivere il sogno che avevo da bambino. Dopo grandi sfide con molti alti e pochi bassi porto con me molte belle esperienze, che mi aiuteranno in futuro. Svolgerò i corsi da allenatore ottenendo i rispettivi diplomi, cerco inoltre sfide nel settore economico”.
Lichtsteiner ringrazia la sua famiglia. “Sono stati e sono sempre al mio fianco. Mi hanno accompagnato per tutta la mia carriera. Lo apprezzo molto. Inoltre, come membro del progetto Footuro, sono cresciuto nella Svizzera dall’under 15 sino alla U21”.
Petkovic lo omaggia così: “Hai dimostrato attraverso tutti questi anni così tanta convinzione, passione e positività. Chapeau! Buona fortuna, tante buone cose e grazie di cuore per tutto quello che hai fatto per il calcio svizzero. Grazie Capitano!”
Da Gazzetta.it, evidenziamo la sua presentazione alla Juventus, a 27 anni, nel 2011.
“Sono arrivato a Roma senza parlare nemmeno una parola di italiano – ha spiegato sorridente -. È normale avere l’accento romano. Non so quasi nulla di com’è andata la trattativa con la Lazio. Se ne sono occupati mio fratello Marco e Federico Pastorello, che hanno trattato con Lotito. Con il presidente ci siamo lasciati molto bene: lui è una persona squisita e ha cercato di accontentarmi. Per questo lo ringrazierò sempre. “Non è vero che ho dovuto rinunciare a due milioni per lasciare la Lazio. Se valgo 10 milioni? Io lavoro e scendo in campo dando sempre il meglio di me in ogni situazione. Questa è la mia forza. A Roma stavo bene e anche la Lazio è una società molto importante, ma la Juve è la Juve. Ha una grandissima storia ed è una società che vuole sempre vincere. Anche io voglio vincere, e sono qui per questo”.
Era il miglior terzino della serie A, nel 2010-11. “Maicon senza dubbio è il migliore nel mio ruolo. Io so solo che devo correre, attaccare e difendere allo stesso tempo. E’ quello che mi chiede Conte. Fa giocare le sue squadre all’attacco, e questo piace molto ai suoi giocatori. Sono sempre stato un combattente, se perdo mi arrabbio. A volte il mio temperamento mi ha portato ad esagerare, ma è la mia natura”.
Sulla Juventus. “Questa maglia pesa, e la pressione sarà maggiore rispetto a Roma perché è una squadra storica in cui l’imperativo è vincere ed ha la tifoseria più importante d’Italia. Ma anche nella capitale la piazza era difficile. Alla Juve sono passati grandi campioni come Zidane e Cannavaro, Del Piero e Buffon, e per me è un onore essere qui. Ho scelto il numero 26 come quando giocavo nel Lilla, anche perché il numero 2 è già occupato”. Da Marco Motta, che era il titolare più debole, con Delneri.
Lichtsteiner è stato il miglior svizzero nella storia della serie A.
Vanni Zagnoli
Da “Assocalciatori.it”