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Se ne va un altro pezzo della storia calcistica del Bologna, il capitano dell’ultimo scudetto, Mirko Pavinato. Era nato a Vicenza il 20 giugno 1934, è morto ieri mattina.
Era cresciuto nel mitico Lanerossi, com’è tornato a chiamarsi dopo la fusione con il Bassano Virtus, era un difensore rapido e ruvido in marcatura, come negli anni ’60, e capace di scatti sulla fascia. Nella “Primavera” guidata da Umberto Menti vinse il torneo di Viareggio nel 1954 e nel ’55. Arrivò a Bologna l’anno successivo, portato dal patron Renato Dall’Ara, a cui è dedicato lo stadio, dal momento che portò l’ultimo scudetto, nel ’64. Lo pagò 30 milioni di lire, davvero parecchio, per l’epoca.
Era la squadra che giocava come in Paradiso e che faceva tremare il mondo. William Negri fra i pali, scomparso un anno fa, Furlanis (deceduto nel 2013), Pavinato; Tumburus (2015), Janich (’19), Fogli; Perani (’17), Bulgarelli (’09), Nielsen (’15), Haller (’12) e Pascutti (’17), allenatore Fulvio Bernardini. Fra i titolari, sopravvive solo Romano Fogli, ex vice di Trapattoni, in Nazionale. Tra le riserve, Bruno Capra, che però giocò lo spareggio, Rino Rado e Paolo Cimpiel.
Furono capaci di strappare lo scudetto all’Inter di Helenio Herrera il 7 giugno 1964, a Roma, riportando il Bologna sul tetto del mondo a 23 anni di distanza. C’erano sospetti di doping, che costarono tre punti di penalizzazione, poi annullati, dopo ulteriori controlli.
La quarta coppa
Pavinato vinse con il Bologna anche una Mitropa Cup, nel ’61. I rossoblù se l’erano già aggiudicata nel 1932 e nel ’34, poi toccò alla Fiorentina nel ’66, all’Udinese nel ’79-’80 e al Milan due anni più tardi. Le ultime italiane vincitrici furono il Pisanell’85-’86 e due anni più tardi, l’Ascoli in mezzo, il Bari e il Torino a inizio anni ’90.
Dal ’92, il trofeo non esiste più ma era affascinante, inizialmente una quarta coppa vera, poi venne riservato alle neopromosse o alla Serie B, da fine anni ’70.
No all’Inter. Il Mantova
Tornando a Pavinato, nel ’57 il presidente Angelo Moratti offrì 300 milioni di lire per portarlo all’Inter, una cifra incredibile per i tempi, tantopiù per un difensore. Peraltro Renzo De Vecchi, grande difensore della Nazionale degli anni Venti, lo classificò come secondo miglior terzino del campionato. Pavinato rimase in rossoblù, diventandone il capitano. Marcò Jair e Ghiggia, Julinho e Bruno Mora.
Lasciò il Bologna nel 1966 dopo dieci stagioni in rossoblù con 297 presenze tra campionato, Coppa Italia e coppe europee. Chiuse al Mantova, per due stagioni, senza riuscire a evitare il ritorno in B, lì giocò con il giovane Dino Zoff, con Gustavo Giagnoni e Torbjon Jonsson. Un suo cross non irresistibile costò la famosa papera di Sarti, che nel ’67 costò lo scudetto ai nerazzurri, a scapito della Juve, in una domenica rimasta notissima. “All’Inter ho fatto perdere due scudetti”, sorrideva.
Lasciò a 34 anni, con 4 presenze nell’Italia B, ma avrebbe meritato la Nazionale maggiore, allora però i ct puntavano su una trentina di giocatori per ogni biennio.
Franco Janich lo chiamava “il vecio”, come si dice a nordest, e all’epoca tanti nel Bologna venivano da Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Su Facebook, ricorda su Repubblica Bologna Simone Monari, la commozione di chi lo ricorda giocare tennis, chi a qualche cena.
Per oltre vent’anni allenò i calciatori della Compagnia atleti di Bologna e a Calderino gestì anche un’azienda meccanica. Il calcio non smise mai di seguirlo, paragonava Fulvio Bernardini a Stefano Pioli, che aveva conosciuto a Bologna. Nel 2018 fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Uomo riservato e di cortesia sorprendente, aveva una foto con Pelè, cui teneva tantissimo.Il Covid e la famiglia
Come racconta Massimo Vitali, su Il Resto del Carlino. Mirko si è spento all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, consumato da gravi problemi renali che nelle ultime settimane lo avevano costretto al ricovero in ospedale. Problemi aggravati dal fardello del Covid, che pure, nell’ultimo sforzo, il baluardo difensivo era perfino riuscito a debellare. Viveva nella bella casa di via Borghi Mamo con la moglie Luisa.
Sua figlia Sofia ha sposato Francesco Gazzaneo, mancino ex Bologna, Pisa e Catanzaro, degli anni ’80, e a nome della famiglia, ringrazia “i dottori Dentale e Pasquini e i medici e infermieri del reparto 6 di malattie infettive del Sant’Orsola, per come si sono prodigati fino all’ultimo”.
“Il capitano” – ha scritto la figlia – “ha pensato di raggiungere la sua squadra e far vedere come si gioca in Paradiso!!! W papà”.
(Vanni Zagnoli)
Da “Assocalciatori.it”