Assocalciatori.it. Giovannone Bertini, la scomparsa dell’ex difensore di Roma e Fiorentina: baffi da poliziesco, opinionista tv, è una delle tante vittime viola della Sla

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Giovanni Bertini è la 32esima vittima della Sla. Ha giocato una vita da difensore, negli anni ’70, con le maglie di Roma e Fiorentina, Ascoli, Catania e Benevento. Lo chiamavano Giovannone, per il fisico imponente e il carattere esuberante, se ne è andato martedì scorso, lontano dal clamore della folla degli stadi. Aveva 68 anni, era cresciuto in una delle tante scuole calcio della capitale, aveva voglia e qualità, tanto da esordire non ancora 19enne nella Roma di Alfio Marchini nel dicembre 1969, in un Fiorentina-Roma. Si mise in luce nelle giovanili, attirando l’attenzione dei tecnici della prima squadra per la sua grande determinazione e potenza fisica. Di lui, Nils Liedholm disse: “Ha un fisico che ricorda Nordahl. Potrebbe fare anche l’attaccante”. 
Helenio Herrera lo fece esordire il 26 novembre 1969 nei tempi supplementari della gara di ritorno del secondo turno di Coppa delle Coppe contro il Psv Eindhoven. Pochi giorni dopo, il 14 dicembre 1969, esordì in Serie A contro la Fiorentina. In quella stagione collezionò 6 presenze, poi a fine ’71 venne mandato in prestito all’Arezzo, in B. Rientrato a Roma, giocò altre due stagioni in giallorosso, tornò però in tempo per partecipare alla vittoria del torneo angloitaliano, in cui giocò gli ultimi minuti della finale vinta contro il Blackpool, prima di essere ceduto al Taranto. Nel ’74 Mazzone lo chiamò ad Ascoli e di lì alla Fiorentina. 
Nel 1976/77 passò al Catania, dove rimase fino alla promozione in Serie B del 1980 prima di traslocare al Benevento dove chiuse la carriera.
Dopo il calcio giocato, è stato anche opinionista, in particolare di Tv2000.

La figlia Benedetta qualche tempo dopo che al padre fu diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica scrisse una lunga lettera all’Ansa in cui chiedeva che la privacy di Giovanni fosse rispettata: “Papà ha seguito addolorato in tv e sui giornali il drammatico decorso. Da giornalista, conoscendo i meccanismi che spesso regolano il mondo dell’informazione, sono stata in silenzio per paura che questa vicenda potesse essere strumentalizzata senza la necessaria sensibilità, dimenticando la tragedia umana che stavamo e che continuiamo a vivere ogni giorno”.
Colpito dalla Sla, il 22 dicembre 2016 è tornato all’Olimpico in occasione di Roma-Chievo e, accompagnato dalla figlia, ha ricevuto un commosso e sentito applauso dai tifosi romanisti.
Bello come sempre il ricordo di Furio Zara, sul Corriere dello sport, una sintesi.
“Era un uomo del suo tempo, romano, cresciuto nell’Ostiense, il viso dai tratti “pasoliniani” fissato a futura memoria in quell’affresco generazionale che sono gli album Panini, quei baffoni marchio dei film “poliziotteschi”, lo sguardo corrucciato, già concentrato – pur nella posa a uso dei fotografi – sul centravanti da marcare. Erano stagioni di calcio operaio e di quella dignitosissima manovalanza faceva parte “Giovannone”, che oggi – suo malgrado – entra a far par- te di una squadra che – sfidando la retorica – vien da definire “maledetta”, quella dei calciatori “caduti” dopo la battaglia, perché – certo – la contiguità della Sla con il calcio non è scientificamente provata, ma la contabilità di queste morti ha un riverbero sinistro. Bertini nel post-carriera aveva curato la rubrica “Angoli Li-Bertini” per Itasportpress e lavorato da opinionista appassionato per alcune emittenti laziali. Giocava stopper, in un ruolo dimenticato che ha fatto la fortuna del nostro calcio e che oggi i più considerano blasfemo. Anni più tardi tacciò come “delinquenti che si vendevano le partite” alcuni compagni dei campionati in Sicilia. Per “Giovannone” Bertini il calcio era una cosa pulita, un regalo da scartare prima da ragazzi e poi da adulti”.

Su La Gazzetta dello sport, Valerio Piccioni.
“I medici hanno detto che è stata la straordinaria voglia di vivere a farlo resistere”, racconta commosso Fernando Acitelli, il poeta suo grande amico, che proprio in queste settimane sta completando la biografia del romanista a cui Nils Liedholm un giorno disse “sarai il nostro Hulshoff”, riferendosi a uno dei calciatori mito dell’era dell’Ajax. Si racconta che la sua prestanza e il suo coraggio in campo mettessero soggezione persino a Gigi Riva. 
Bertini era nato all’Alberone, sulla via Appia, un paio di chilometri scarsi dalla via Vetulonia di Francesco Totti. Acitelli racconta anche una frase di Bertini, che sarà l’epigrafe della biografia: “Diceva sempre: sono stato un uomo buono, ma non se n’è accorto nessuno”.

Ancora una volta se ne è andato un giocatore che ha militato nella Fiorentina, assieme a Cesena, Sampdoria e Como è una delle squadre messe maggiormente sotto accusa per l’abuso di due medicinali: il Micoren e il Cortex, uno è coadiuvante negli stati di affaticamento respiratorio, l’altro aumenta la capacità muscolare.
Lunga la lista di chi se ne è andato: Armando Segato, nel 1973 per Sla, Bruno Beatrice nel 1987 per leucemia, Nello Saltutti nel 2003 a causa di un infarto, Ugo Ferrante nel 2004 per un cancro alle tonsille, Giuseppe Longoni nel 2006 per vasculopatia cardiaca, Massimo Mattolini nel 2009 per insufficienza renale, Giancarlo Galdiolo nel 2018 per demenza frontale temporale (simile alla Sla). A questi bisogna aggiungere Adriano Lombardi (militò nelle giovanili viola prima di Como e Avellino) che morì nel 2007 di Sla e Mario Sforzi (due stagioni nel settore giovanile viola), stroncato da un linfoma.
Altri viola di quel periodo hanno poi avuto diversi altri problemi di salute: Antognoni fu vittima di una crisi cardiaca nel 2004, Domenico Caso fu colpito nel ’95 da un tumore al fegato da cui è guarito e Giancarlo De Sisti venne operato al cervello per un ascesso frontale.
Uno studio scientifico portato avanti negli scorsi mesi dall’istituto Mario Negri di Milano evidenzia che nel mondo del calcio i malati di Sla sono 6 volte di più rispetto alla popolazione generale. La malattia degenerativa attacca il sistema nervoso centrale portando alla perdita di funzioni vitali come camminare, respirare, deglutire e parlare. Tante le concause, a partire da una predisposizione genetica. Lo studio ha evidenziato che tra le cause scatenanti potrebbero esserci i traumi ripetuti e l’eccessivo uso di antiinfiammatori.
L’associazione diretta tra attività agonistica e Sla non è scientificamente provata, ma il dramma di Bertini riapre una pagina dolorosa per il mondo dello sport per una malattia che immobilizza il corpo e ha un’alta incidenza tra gli sportivi. Anche il morbo ha del misterioso: potrebbe essere genetico o legato a diserbanti dei terreni di gioco.

Vanni Zagnoli

Da “Assocalciatori.it”

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