Assocalciatori.it, Ciro Ferrara ha compiuto 50 anni. La carriera, da Rino Marchesi a Napoli alla Juve: 500 presenze in A, 12° giocatore assoluto. La nazionale contrastata, infortuni e concorrenza, nessuna grande manifestazione completa da titolare. La panchina della Juve arriva senza esperienza, a 42 anni. Allena nella serie B cinese, è opinionista di Mediaset Premium

Ciro Ferrara ha giocato nel Napoli dal 1984 al 1994 (Getty Images)

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“Oh Ciro, oh Ciro mio”. Oi core, ogni ‘stu core. Si statu lu primu amore, lu primu e l’ultimo sarai per me.
Scherziamo, via, con e su Ciro Ferrara, che ha compiuto la scorsa settimana 50 anni. Scherziamo come faceva Salvatore Bagni quando quell’uomo con gli occhiali guidava la Juve. Venne esonerato per Zaccheroni che non fece meglio, ma il problema fu che era troppo giovane per allenarla, adesso sarebbe un pizzico diverso.
Ciro è stato precocissimo da terzino destro del Napoli, scudettato con Diego Maradona, appena maggiorenne era già uomo, alla Bergomi, e ancor di più da allenatore. In panchina però si è un po’ perso. Molto bene con l’under 21, si dimise facendo arrabbiare il coordinatore Righetto Sacchi – come lo chiamava Claudio Pea, veneziano arguto -, per andare alla Sampdoria. Partì bene assai, salvo inabissarsi presto e venire sollevato per Delio Rossi. Gli mandammo una nostra intervista al figlio del successore, Dario, scouting eccellente, e nel pezzo ricordavamo la serie nera, i punti. Rapporto guastato, per anni. Ma era un modo per restare in contatto. Ora Ciro ha cambiato mail, l’abbiamo in whatsapp ma non lo disturbiamo.
Dunque Ciro è opinionista Mediaset Premium e allenatore nella seconda divisione cinese, allo Wuham Zall, l’anno scorso portato al sesto posto.
Ciro, dicevamo, è stato super in campo, debuttante nell’85, al Napoli sino al ’93-94. A 27 anni la seconda parte della carriera, infinita, alla Juve, dopo 12 gol con la maglia della sua città.
A Torino, dunque, proseguì sino ai 38 anni, vincendo tutto, con altri 15 gol. Un re dell’anticipo, del contrasto, anche appoggiante e forte di testa, tignoso, leader. Piaceva a Rino Marchesi e ad Ottavio Bianchi, a Bigon e a Ranieri, a Bianchi e a Lippi. Che appunto se lo portò alla Juve. Venne valorizzato anche da Ancelotti e dal Lippi bis.
Capitolo nazionale. Intanto con l’under 21 è stato primattore e già a Messico ’86 era degno di valutazione per la convocazione.
Debuttò nell’87 ma niente Europei dell’88, dietro Bergomi c’era nessuno, nè Tassotti nè Mannini, perchè Azeglio Vicini puntava forte sul capitano dell’Inter. Italia ’90, riserva appunto del “sopracciglione” oggi a Skysport. Giocò solo la finale per il terzo posto, vinta sull’Inghilterra.
Arriva Sacchi, niente Ferrara, nè Bergomi, punta su Tassotti e Mannini, raramente. Dunque niente Euro ’92, per la qualificazione mancata, nè i due appuntamenti con Sacchi, che peraltro l’aveva schierato per una decina di gare. Anzi, a Euro ’96, in Inghilterra, sarebbe toccato a lui, un infortunio lo estromette, mentre in America il ct gli preferì l’anonimo Roberto Mussi, per la verità molto continuo.
Serve Cesarone Maldini, per puntare su Ciro senza se nè ma, il punto è che Ciro si fa male, niente mondiale ’98. Tornò per Euro 2000, con Dino Zoff, giocando solo con la Svezia. In totale sono 49 presenze, senza reti.
In campionato, chiude nel maggio 2005, a 38 anni, con 500 presenze in A, 12° posto assoluto. Con De Sisti (Fiorentina e Roma) e Luciano Castellini (Torino e Napoli) è l’unico ad avere collezionato almeno 200 partite con due squadre diverse.
Ciro è stato un primattore della fascia destra, ma aveva iniziato da stopper, con quel fisico e i polpacci lunghi, una muscolatura affusolata, non così potente. Aspetta e ruba palla, una sicurezza.
L’attualità l’ha raccontata a Il Giornale, a Sergio Arcobelli.
“In Cina il calcio non è lo sport principale e si vede da alcune piccole cose, esistono ancora i premi a partita: sarebbe controproducente offrire un premio a chi fa gol perchè non passerebbe mai il pallone al compagno più libero”.
Sta rinascendo la scuole dei difensori italiani, con Rugani che per anni non ha mai preso un’ammonizione, con Caldara pure acquistato dalla Juve e con Romagnoli al Milan. “E’ un buon periodo, il budget ridotto valorizza i vivai, ma nelle giovanili ci sono ancora troppi stranieri. Eredi? Nessuno, perché quando ero al top si giocava a uomo”.
Ciruzzo era in campo a Madrid, nel 2-0 subito dal Real 30 anni fa, nonostante Maradona.
“Venivamo dallo scudetto, ci toccarono al secondo turno i blancos.
Avevo 18 anni, eravamo forti ma senza esperienza, davanti a Butragueño, Santillana e Hugo Sanchez…”.
Con la presidenza De Laurentiis, sarebbe rimasto al Napoli a vita.
“Andai via per evitarne il fallimento, la Juve era a permettermi di restare ad alti livelli. Ora è costruita per il 6° scudetto consecutivo, qualcosa di incredibile, e per la coppa, ma ci vuole fortuna… Vediamo se Allegri in Portogallo usa il 4-2-3-1. Penso all’Inter del triplete in cui Eto’o rientrava e faceva il terzino, o alla nostra Juventus, con Ravanelli e Vialli che correvano come pazzi».
Lui era più tattico, di posizione, aspettava e controllava, aveva ben chiari i movimenti.
Molto altro lo cogliamo da gazzetta.it, da Maurizio Nicita.
You Mei You Xin Xing? È l’urlo propiziatorio voluto per il suo Wuhan Zall. Significa: “Avete fiducia?”. Quando arrivò in Cina centrale, da quei 10 milioni di abitanti, lontani dalle rotte turistiche, c’era poca fiducia nei confronti di questa squadra. La nuova stagione parte a marzo, è tornato a Torino per festeggiare, ormai avvezzo al signor “Fellala” che gli dicono dall’altra parte del mondo.
“Confesso che l’inizio è stato duro. L’approccio diverso, dall’alimentazione agli orari di allenamento, la cultura del lavoro, i problemi di comunicazione. Ci furono motivi anche di forte tensione, prima di entrare in sintonia con la squadra. Poi ho dato una mano all’amico Cannavaro per la promozione, battendo le rivali sue, Guizhou e Qingdao, mentre nel nostro derby è riuscito a vincere negli ultimi minuti”.
Il regalo. “Ce lo siamo fatti con la nostra Fondazione, che a Napoli opera a favore degli ultimi: è il sorriso di gratitudine dei genitori di Scampia quando abbiamo regalato al quartiere un campo sintetico”.
Cannavaro è più giovane di 6 anni, in azzurro perciò hanno giocato raramente, assieme, da napoletani più forti di ogni tempo, in marcatura.
“Ma a Wembley, nel febbraio 1997, faceva un freddo cane. Fabio era all’esordio, come il ct Cesare Maldini, ci giocavamo lì la qualificazione al Mondiale. Nel tunnel ci riscaldiamo con guanti, cappellini e calzamaglie e quando passa Paul Ince, imperioso a torso nudo, non nego una certa soggezione. In campo, Gianfranco Zola segna in avvio un gran gol. Poi riusciamo a… chiudere per oltre un’ora l’Inghilterra nella nostra area di rigore. Arrivano palloni da tutti i lati, ma con Costacurta e Paolo Maldini ci esaltiamo. Io e Cannavaro comunichiamo in napoletano stretto, per aiutarci nelle posizioni. Una vittoria esaltante”.
Nel 2009, Cannavaro a 36 anni è al passo d’addio ai massimi livelli, mentre Ciro in panchina impatta con difficoltà. “Avevo cominciato facendo il dirigente del settore giovanile, poi una serie di contingenze mi vide catapultato sulla panchina in A. Ma non era ancora la Juve del ciclo vincente, si stava ricostruendo. Comunque una grande esperienza. Ora quando vedo Mandzukic o Higuain sacrificarsi per inseguire gli avversari, credo che per un allenatore sia il massimo della soddisfazione. Percepire la disponibilità dei giocatori. Mi auguro di vederla in finale, in giugno, a Cardiff”.
E il Napoli?
“Sarri mi piace tantissimo. Ha fatto un lavoro eccellente, dimostrando di essere bravissimo soprattutto in due situazioni. All’inizio dello scorso campionato, quando capì che schierarsi con il trequartista non era la cosa migliore. E poi in questa, quando ha cambiato movimenti e tipo di giocate per supplire all’assenza di Higuain. Oggi gioca un bellissimo calcio, è la squadra più europea, come mentalità, della A. Contro il Real italianizzato del mio amico Zidane sono fondamentali Callejon, abilissimo negli spazi, e Albiol per la fase difensiva. Entrambi possono far capire ai compagni cosa sia il ‘miedo escenico’, per superare tensioni e paure di una grande partita. In Albiol mi rivedo, come difensore. Con Raul mi posso permettere anche una confidenza: ‘Gioca bene e porta avanti il Napoli, se no ti caccio da casa’, visto che è mio inquilino a Posillipo…”.
La gratitudine è per Lippi e Maradona. “Marcello mi ha fatto maturare alla Juve e vincere tutto, poi inserito nello staff che portò al trionfo di Berlino 2006. Diego resta il più grande di tutti i tempi, mi onora della sua amicizia, al punto che tornò a Napoli dopo tanti anni, nel 2005, per la mia partita d’addio. E poi mi fece raggiungere la prima pagina della Gazzetta, nel ‘90. Ero nel gruppetto che scappò dal ritiro estivo di Imola per andare in discoteca”.
Il regalo più bello, da bambino. “Il Subbuteo. Che partite con mio fratello Vincenzo! Una volta volevo tagliare in due il tappeto per avere una parte di campo mia… In Cina apprezzo nuovi cibi. Ho assaggiato il cobra e mangio con gusto le api fritte. Il mio collaboratore la prima volta chiese: ‘Mangi anche le teste?’. ‘Guagliò, ma se levo ‘a testa che resta!’. Ora sto insegnando loro il napoletano, che essendo anche lingua gestuale è internazionale”.
Internazionale è anche il personaggio Ciro Ferrara, in valore assoluto come terzino destro dietro forse soltanto a Claudio Gentile e Beppe Bergomi. E a Mauro Tassotti per i successi del Milan. Ah già, dimenticavamo Burgnich, la roccia, e Zambrotta campione del mondo. E’, insomma, forse è il sesto, via, comunque parliamo di 20 stagioni di rendimento da 6/7, per usare le votazioni dei quotidiani non sportivi e dell’agenzia Ansa.
Vanni Zagnoli

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