Devo un ringraziamento a Gianni Grazioli, direttore generale dell’assocalciatori, ex capo della redazione sportiva di Vicenza de Il Gazzettino, e a Nicola Bosio, responsabile delle relazioni esterne. Apprezzano le nostre storie, le esclusive di oggi e di ieri e dunque da questa settimana, dopo il ricordo di Gaetano Scirea con le parole della vedova Mariella e del figlio Riccardo da questa settimana partiamo con una bella storia per volta.
Questa è Dante Bertoneri, un amico che ha bisogno di aiuto, concreto, a qualsiasi titolo.
http://www.assocalciatori.it/area-news/2014/il-pallone-racconta-dante-bertoneri/
Il pallone racconta: Dante Bertoneri
Inizia da questa settimana una nuova rubrica sul nostro sito dedicata a storie di calcio e calciatori
17/09/2014
La storia di Dante Bertoneri, 51enne all’inseguimento della pensione, è emblematica degli atavici drammi torinisti. Era un ragazzo del Filadelfia, insegue la stabilità economica e vorrebbe rientrare nel mondo del calcio. Intanto si è preso il diploma di badante, per spirito solidaristico.
Dante, come sta?
“Discretamente” – racconta l’ex mediano, granata dal ’78 all’83 – “Avevo passato lo scorso Natale in ospedale per lombosciatalgia, ho problemi all’osso sacro e per mesi sono rimasto spesso a letto”.
Un anno fa aveva perso la mamma Maria Luisa, 73 anni.
“Mi restano la sorella Brunella, 53 anni, il fratello Fabrizio (47), una stagione nelle giovanili granata, e i figli: Jessica, 24 anni, in cerca di lavoro con il diploma delle magistrali, e Tyler, 28enne carrozziere. Da trequartista nel 2008 vinse il campionato di promozione, nel Romagnano. Vivono con la mia ex moglie, qui vicino allo stadio degli Oliveti di Massa”.
Che problemi ha?
“Mi restano da pagare 5 anni di contributi, ho già saltato tre trimestri di versamenti volontari, così perderei 12 anni di contributi e mi salterebbe la pensione. Sarebbe un dramma”.
Ma riesce a sbarcare il lunario?
“Sono alle solite. Dovrei pagare luce, acqua e gas e condominio, ristrutturare casa e metterla in vendita al più presto, altrimenti me la portano via e la mettono all’asta. Vorrei trovare un monolocale da 40 metri quadri. Ho da pagare per i miei millesimi la parte di una causa persa dal condominio e intrapresa 5 anni fa, contro la ditta che aveva costruito il tetto del palazzo”.
E pensare che a 15 anni si affacciò già in prima squadra al Torino: fra il ’78 e l’83 disputò 41 partite di campionato, con 2 gol.
“Ho contributo alle tre finali consecutive di coppa Italia. A 19 anni ero titolare in A, con la maglia numero 10 e da regista: una bella responsabilità, mentre Beppe Dossena faceva la mezza punta”.
In Spagna Dossena fu campione del mondo, anche se non entrò mai in campo.
“Auguravo la stessa cosa ad Alessio Cerci: 20 anni dopo Roberto Mussi, rappresentava il Toro ai campionati del mondo, purtroppo è andata male. Da esterno destro, Claudio Sala fu quarto in Argentina, nel 1978. Ora seguo meno il calcio, anche perché in chiaro il Toro c’è pochissimo”.
Lei perché si perse subito?
“Massimo Giacomini aveva puntato tanto su di me, nell’82 purtroppo passò al Napoli. Arrivarono Eugenio Bersellini, che proprio non mi vedeva, e Luciano Moggi non valorizzò i giovani”.
Aveva i capelli a caschetto, era partito come tornante, alla Gigi Meroni.
“Nell’83-84 passai all’Avellino, poi in B al Parma e a Perugia, di nuovo con Giacomini. Chiusi in C2 alla Massese, con Silvio Baldini, e poi in Eccellenza, all’isola d’Elba: a 26 anni, per un grave infortunio al ginocchio”.
Poi fece l’allenatore di ragazzini.
“In squadre di terza categoria. Per chi non ha studiato, è difficile rientrare nel calcio che conta e allora ebbi anche un negozio di abbigliamento intimo”.
Due anni fa ha preso il diploma per fare il badante?
“Sono stato promosso al corso, posso utilizzare l’attestato in qualsiasi momento. Ho fatto dell’altruismo la mia ragione di vita”.
Come si mantiene?
“Grazie a premi nel podismo. Iniziai a correre nel 2001, nell’atletica Signa, a Firenze: sono passato alla categoria veterani, vincendo 18 gare; nel settembre di un anno fa è arrivato il titolo nazionale, 10 km in prova unica. Da questa stagione, peraltro, mi arrivano appena 50 euro al mese, pago giusto il treno. E le troppe corse portano acciacchi”.
È la tipica storia di giocatore quasi maledetto dal Torino. “Per Bertoneri in tanti avremmo dovuto fare di più”, confessa don Aldo Rabino, da 42 anni cappellano granata.
“Ma è falso sostenere che abbia fatto il sacrestano. Dal ’90 al ’98 da semplice fedele andavo a mangiare a casa di don Ezio Radicchi, poi scomparso: era parroco alla Madonna del Buon Consiglio, qui a Massa. Andrei a lavorare pure a Firenze ma non mi chiamano, neanche dall’amministrazione del mio comune”.
Quali amici le sono rimasti nel calcio?
“Nessuno. Solo i giornalisti che ascoltano la mia storia. Aiuti sono giunti però dall’Associazione ex granata, tramite il presidente Serino Rampanti, e dall’Assocalciatori, sotto forma di contributi”.
Va più all’Olimpico per seguire i granata?
“Da spettatore non sono mai tornato, perché nauseato dal calcio. Inoltre servirebbe anche soldi per affrontare i viaggi”.
Ha contattato Urbano Cairo?
“In passato feci tre appelli tramite Tuttosport, il presidente non ha risposto, ma in tanti si rivolgono a lui. Neanche l’ex capitano Zaccarelli si è mai fatto vivo. Lo stesso mister Ventura mi disse che mi avrebbe fatto chiamare dal dg Comi, invece non è mai avvenuto. Vorrei diventare osservatore, basterebbero 5-800 euro al mese. Fra l’altro dalla mia terra, tra Liguria, Emilia e Toscana in tanti si sono affermati: Lorieri, Sordo, Mussi e Francini in granata, Evani e Battistini con Milan e Inter”.
Era finito della tunnel della droga?
“Sono leggende”.
Ha pensato al suicidio?
“Me lo domandarono 20 anni fa, quando avvenne la tragedia Di Bartolomei. Mi salva la fede: la vita non si può togliere perché Dio ce l’ha data, per questo sono anche contro eutanasia e aborto”.
Ora a chi si rivolge?
“Giocai in tutte le giovanili dell’Italia, sino all’Under 21 di Azeglio Vicini. Mi appello al CT Conte, mi pare una persona di cuore. La fondazione Zanetti aiuta i bambini, spero si ricordi di me. Vorrei coinvolgere Roberto Baggio e Zola, magari con amichevoli ad hoc”.
E poi?
“Confido nei tifosi granata, avevo lo striscione “Magic Dante”, come solo Graziani e Pulici. E persino nella Juve: da avversario mi stimavano, in particolare Marco Tardelli. “Quel Bertoneri quanto corre”, dichiarava. Oggi non posso più correre da solo”.
Vanni Zagnoli
* Chi volesse contattare Dante Bertoneri, può rintracciarlo al 3894681644, oppure alla mail del figlio tyler1986@live.it.