Assocalciatori.it. Andrea Pirlo il “maestro” nuovo allenatore della Juventus. Parte ad allenare in serie A, a 41 anni, età in cui Sarri lasciava il lavoro in banca. L’affinità caratteriale con Ancelotti, il passaggio davanti alla difesa con Mazzone. Le 6 grandi manifestazioni da titolare con l’Italia. “Le lezioni da 40′ di Conte, il migliore”

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È finita la liason dell’estate, dunque, Andrea Pirlo è il nuovo allenatore della Juve. Non debutta più nell’Under 23, come venne presentato il 30 luglio, a Torino, ma nella squadra allenata sino a sabato scorso da Maurizio Sarri.
Una sola stagione è durata la Juve del tecnico toscano, arrivato a 60 anni e mezzo sulla panchina più prestigiosa e anche più pesante d’Italia, dal momento che ha portato lui il 9° scudetto di fila, dopo i 3 di Conte e i 5 di Allegri. Non gli è bastato vincere il tricolore, con due giornate di anticipo, perché poi ha perso a Cagliari e con la Roma, complice il turnover. Aveva perduto a Udine, allo scadere, rischiato di perdere a Reggio con il Sassuolo, dopo essere stato avanti 0-2, evitato la sconfitta con l’Atalanta solo grazie a due rigori per tocchi di mano, perso a San Siro con il Milan per 4-2. 
Andando a ritroso, dal lockdown aveva ripreso perdendo la Coppa Italia ai rigori con il Napoli, aveva inanellato 4 successi di fila, ma verso Natale si era lasciato sfuggire la Supercoppa, dalla Lazio. Aveva anche azzeccato varie partite convincenti, in particolare le due con l’Inter, l’uscita agli ottavi di Champions con il Lione però è stata uno smacco eccessivo secondo Andrea Agnelli, Fabio Paratici e Pavel Nedved per insistere con il tecnico che sino al 2000, dunque a 40 anni, lavorava in banca. “Lasciai per mi annoiavo”, ha detto dopo lo scudetto.

La sostituzione di Sarri con Pirlo rappresenta proprio l’alfa e l’omega dei tecnici, ovvero fra chi ha vissuto una gavetta infinita, di 19 club, prima di arrivare al bianconero, di 16 squadre in 22 stagioni, partendo dalla 2^ categoria, con 3 sole apparizioni in Serie B. Prima della svolta, il subentro a Empoli, con playoff, la promozione e la salvezza larga in A e le 3 stagioni di pregio a Napoli, più l’Europa League sollevata al Chelsea, con vice Zola e Luca Gotti, il tecnico che resta all’Udinese.
Arriva Andrea Pirlo, che mai ha allenato. Neanche Guardiola al Barcellona, Zidane al Real Madrid e Filippo Inzaghi al Milan avevano iniziato direttamente dalla prima squadra, in Spagna erano passati dalle squadre B, mentre il fratello maggiore del tecnico laziale Simone esordisce con gli allievi e poi va alla Primavera, vincendo il torneo di Viareggio. Lo stesso Fabio Capello fece 4 stagioni al Milan Primavera, aggiudicandosi la Coppa Italia, prima di subentrare a Liedholm e poi di diventare manager Fininvest, di fare il commentatore televisivo e di subentrare ad Arrigo Sacchi, 9 anni dopo il suo avvio nelle giovanili rossonere.
Ecco, con Capello Pirlo ha in comune l’esperienza in tv, si è visto spesso a Sky, nelle ultime due stagioni.
Lasciò l’Italia nel 2015, dopo la sconfitta in finale di Champions con il Barcellona, nel primo anno di Allegri, è stato due anni e mezzo negli Usa, ai New York City, arrivando in semifinale playoff di Eastern conference. Abbandonò il calcio a 38 anni.

Quasi nessuno ha dubbi sul fatto che diventerà un grande allenatore, l’incognita è se saprà farlo subito, in un club che vuole vincere la Champions, che per la 3^ stagione di fila dovrebbe avere il miglior cannoniere al mondo, Cristiano Ronaldo. Che di sicuro approva la scelta. Insieme a Bonucci, a Chiellini, a Buffon, che di Pirlo sono stati compagni dal 2011 al 2015, aggiudicandosi assieme 4 scudetti. Con loro c’era anche Barzagli, che il 14 maggio ha lasciato lo staff di Sarri, alla ripresa degli allenamenti dopo il lockdown, per motivi familiari. Magari, invece, non aveva feeling proprio con Sarri o con i componenti.
Pirlo, fra l’altro, sembra troppo perbene per diventare un grande tecnico, i super condottieri hanno generalmente una grande personalità: Sacchi e Capello, Lippi e Conte, Mourinho e molti altri. Anche in questo sarebbe un unicum, sul piano caratteriale può avere qualcosa in comune con Ancelotti.

Unica è stata anche la sua carriera, con il debutto in Serie A a 16 anni, nel Brescia, a Reggio Emilia.
Bresciano di Flero, iniziò nelle giovanili del suo paese, a 6 anni, a 8 passò alla Voluntas Brescia e a 13 al Brescia. Giocò titolare in serie B dal ’97, contribuendo alla promozione con Edy Reja. Il primo gol in A arrivò la stagione successiva, da trequartista aveva qualità, non riuscì a evitare la retrocessione. Era talmente bravo che lo prese l’Inter, a 19 anni, disputò 18 partite, uscendo spesso dalla panchina, tra Simoni, Lucescu e Hodgson, con presenze anche in Europa League. 
Andò in prestito alla Reggina e con Colomba allenatore diede un saggio delle sue potenzialità. Tornò al Brescia e disputò 10 partite, lì fu Carlo Mazzone a farlo svoltare tatticamente, facendone lo straordinario regista che poi abbiamo conosciuto. Cuper non lo vedeva nel suo 4-4-2 e così diede il via libera per la cessione al Milan, uno dei tanti errori nella presidenza Moratti.
Nei 10 anni rossoneri, Ancelotti ne fece il perno del gioco e Pirlo era utile anche nella fase difensiva, al di là di quel fisico gracile, rispetto a tanti centrocampisti. Lo piazzò davanti alla difesa anche per gli infortuni a Gattuso e Ambrosini, levandolo dal ruolo di riserva di Rui Costa. Vinse uno scudetto, due Champions, due Supercoppe Uefa e un mondiale per club. Dopo l’annata con Leonardo, il secondo tricolore arrivò nel 2011, con Massimiliano Allegri, ma disputò solo metà partite, perché il tecnico lo considerava sul viale del tramonto, complici infortuni. Errore, dal momento che Pirlo a 32 anni passò alla Juve a parametro zero, voluto da Marotta, e nel triennio con Conte strabiliò. Anche qui l’ultimo campionato fu con Allegri, i due ricomposero il dissidio, comunque Pirlo giocò 33 gare ufficiali, una dozzina in meno rispetto alle stagioni precedenti. Di lì la decisione di passare in un calcio più leggero, appunto negli Usa.

In parallelo, il cammino in Nazionale, con il titolo Under 21 del 2000, con Tardelli ct (fu capocannoniere e miglior giocatore), il bronzo in Svizzera due anni più tardi, con Claudio Gentile. Alle olimpiadi, l’uscita ai quarti nel 2000, a Sydney, contro la Spagna, assieme a Gattuso, e il bronzo di Atene 2004, con Claudio Gentile, da fuoriquota.
Giovanni Trapattoni lo fece debuttare in Nazionale dopo il mondiale del 2002, in Giappone e Corea del Nord, ma già in Asia non sarebbe stato probabilmente inferiore a Cristiano Zanetti dell’Inter e a Cristiano Doni dell’Atalanta o allo stesso Di Biagio.
Dunque disputò gli Europei del 2004, con l’uscita al primo turno per il 2-2 fra Svezia e Danimarca. Divenne campione del Mondo nel 2006, con il premio di miglior giocatore della finale. Fu inserito nella top 11 di Germania e anche nella squadra dell’anno per la Fifa e la Fifpro. Ricevette il pallone di bronzo dei Mondiali. La giocata più importante su l’assist all’indietro per Grosso, ai supplementari della semifinale con la Germania.
Passò il primo turno agli Europei del 2008 (non giocò contro la Spagna, portata ai rigori dalla nazionale di Donadoni). Pirlo inanellò 6 grandi manifestazioni, con l’Italia, uscendo al primo turno del Mondiale 2010 e raggiungendo la finale di Euro 2012, con ct Prandelli: fu nella squadra ideale del torneo e anche dell’anno, per la Uefa. Uscì subito, con l’Italia, al Mondiale del ’14, in Brasile. 
Conte decise di rinunciare alla sua regia dal settembre 2015, impiegandolo per l’ultima volta contro Malta, preferendogli Thiago Motta, di 3 anni più giovane, allora al Psg, e anche De Rossi.
Con 116 presenze, è al quinto posto fra gli azzurri di sempre, dietro a Buffon, Cannavaro, Maldini e De Rossi. Con 13 gol, è 23° fra i cannonieri. Il totale delle sue partite è di 949, fra club e nazionali, e 111 reti, molte su rigore, punizione e comunque da lontano. È stato uno dei re degli assist nella storia del calcio italiano.
Fra i tanti riconoscimenti, fu nella miglior squadra dell’Europa League del 2013-14, con la semifinale raggiunta con la Juve, e nella squadra della Champions, grazie alla finale con il Barça, nel 2014-15. Ebbe Globe soccer Awards alla carriera nel 2015, fu nella miglior squadra degli Europei under 21. Senza dimenticare i premi vinti con Assocalciatori: era nel top 11 dell’anno dal 2012 al 2015, fu miglior giocatore in assoluto nel 2012, ’13 e ’14 e poi premiato alla carriera nel ’18.

Con la Juve, Pirlo ha firmato per due stagioni, guadagnerà 1,8 milioni per ciascuna, più bonus in base ai risultati. È iscritto al corso Uefa Pro, a ottobre discuterà la tesi a Coverciano. Ama il 4-3-3, il calcio di palleggio, con lo sviluppo del gioco dal basso, come faceva lui, arretrando per costruire.
Andrea Pirlo ha 41 anni, è il tecnico più giovane della Serie A assieme a Roberto De Zerbi, altro bresciano, studiato assieme a Guardiola dal neo tecnico juventino. Come vice avrà un altro bresciano, Roberto Baronio, suo compagno di Under 21, e dalla nazionale arriverà il match analyst Antonio Gagliardi.

Ha ragione Paratici: “Pirlo è un predestinato”. È detto “il maestro”, a centrocampo era il metronomo. Alcune frasi di Pirlo: “Ho addosso le responsabilità da quando avevo 14 anni. Da giocatore odiavo delle cose e non vorrò rivederle in campo. Ho avuto tanti allenatori, tutti mi hanno dato qualcosa: Ancelotti, Lippi, Allegri. Il migliore visto però è stato Conte: ci faceva lezioni da 40 minuti, dopo una decise che avrei fatto l’allenatore. Invece di dormire, immaginavo come piazzare i giocatori in campo”.
Ha una casa in centro a Torino, al numero 21, e una villa a Pecetto, sulle colline a sudest. In privato, è spiritosissimo, acuto nell’osservazione e nella sintesi, in pubblico ha quell’espressione imperturbabile, da razionale. La sua diga emotiva crollò nel 2006, a Berlino, quando corse per primo verso Grosso, dopo il rigore, e quando pianse per la sconfitta di 5 anni fa, in finale di Champions League con il Barcellona. Era in America per l’ultima, con il Real Madrid, nel 2017, dalla prossima stagione proverà a riportarci la Juve. È dura ma ha la fiducia di Andrea Agnelli, la cosa più importante.

Vanni Zagnoli

Da “Assocalciatori.it”

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