DI GIORGIO SANTELLI
Non sapevo che Dante Ciliani stesse male. Quando Stefano Corradino mi ha detto che se ne era andato ci sono rimasto male. Con lui non ci si sentiva quasi più. Quando lasciai il mio incarico da ufficio stampa del Psi di Orvieto dopo i primi arresti di tangentopoli in Umbria, deluso da un ideale che era stato tradito e me ne andai a fare il portiere di notte, fu lui a contattarmi, per dirmi che avrei dovuto ricominciare a scrivere. Non ne avevo voglia, avevo deciso quasi di attaccare la penna al chiodo. Mi fece scrivere di sport, di calcio. Io che di calcio non avevo mai scritto. “Provaci” mi disse. E così mi rivenne la voglia di scrivere. Seguivo la Ficullese in eccellenza e l’Allerona in promozione. Tutte le domeniche, a volte lasciando l’albergo per quelle tre ore, in fretta e furia, scrivendo pezzo e tabellini in macchina per poi dettarli ai dimafoni del Messaggero. Due anni così, con lui che forse era contento anche se di calcio scrivessi in modo anomalo. E forse me lo diceva perché sapeva che era per me una valvola di sfogo in attesa di riprendere a scrivere ritrovando la passione che mi aveva lasciato. Poi ci fu l’esperienza de La Città che diede là possibilità a molti di noi giornalisti orvietani di sperimentarci. Io Gianluigi Basilietti, Stefano Corradino, Vincenzo Carducci, Giampaolo Bonuso, Marina Spironetti. Ora facciamo tutti questo lavoro e forse il merito è di Dante che mi convinse a non attaccare quella penna al chiodo. Nacque l’esperienza di Tutta Finanza. Lì divenni professionista e non solo io. C’era da ottenere la deroga per il praticantato. Tra di noi l’unico Professionista era Alessandro Maria li Donni. E Dante ci disse di si. “Perché non dare la deroga per permettere ad una nuova esperienza editoriale di formare altri colleghi professionisti”. Gli facemmo fare bella figura. All’esame di stato passammo tutti alla prima “botta”. Io, Stefano, Paolo, Tiziana, Alessandro Allegra e Alessandro Quami, Vittorio. E questo lavoro lo facciamo quasi tutti ancora. Chi in Rai, chi nei quotidiani regionali, chi negli uffici stampa. Se avevi bisogno di qualcosa Dante c’era. Anche quando il giornale chiuse Dante c’era, pronto ad aiutarci per la disoccupazione, per la liquidazione della cooperativa e le pratiche per ottenere quel che gli Istituti di categoria ci potevano dare, per aiutarci dopo che da professionisti tornammo ad essere disoccupati. Poi ti perdi. Ti perdi perché il lavoro ti porta a Roma e Dante lo incontravi perché ti capitava di seguire qualcosa in Umbria. Quando feci l’esperienza politica da consigliere provinciale lui non la prese bene. E me lo disse. “Ma tu che vuoi fare?” mi disse una mattina a Piazza Tacito. Fu un tarlo continuo che mi portò a non avere dubbi nel momento in cui in Rai mi fecero il primo contratto giornalistico. Lasciai il consiglio provinciale per fare quel lavoro di cui lui mi fece innamorare per la seconda volta quando mi spinse a scrivere di calcio, a me che avevo difficoltà riconoscere un terzino da un centravanti, a me che ero quello che facevano giocare in porta, a me che oggi mi occupo di politica. Da giornalista. Perché come disse: “Ricordati, il più delle volte si offre un servizio migliore ai cittadini nel raccontarla piuttosto che nel farla”. E così è stato. Dante, grazie!