La vittoria dei Championships. Arthur Ashe trionfava a Wimbledon, primo giocatore di colore a festeggiare sul mitico Centrale. Era il 1975, non solamente un trionfo tennistico, ma un evento che oltrepassò i confini dello sport, per assumere un valore politico-sociale.
Un ricordo indelebile che l’All England Lawn tennis and croquet club, come da tradizione, non celebra perchè i campioni passano, mentre il blasone del torneo resta immortale.
”La sua eredità vive ancora oggi”, dice Serena Williams che guida la classifica mondiale della Wta.
“Una vittoria che ha rotto le barriere, un fatto storico per tutta la comunità afroamericana, senza di lui oggi non sarei qui”.
Parole della tennista britannica Heather Watson.
Infine l’autorevole dichiarazione di un altro esponente che ha lasciato un segno nella storia, Barack Obama, presidente degli Stati Uniti. “Un simbolo della lotta per la liberta”.
Ashe nasce nel 1943 in Virgina, nel profondo Sud, ancora legato alla tradizione segregazionista.
Orfano di madre in tenera età, viene cresciuto dal padre, consegue una borsa di studio all’Ucla. Un colored che si impone in uno sport tipicamente appannaggio dei bianchi stupisce ma i risultati sono incontrovertibili. Nel 1963 entra nella squadra di coppa Davis, nel 1968 vince il primo slam, gli Us Open, allora disputati a Forrest Hills, nel 1970 gli Australian Open.
L’appuntamento con la storia è fissato per il 5 luglio 1975. Finale del singolare maschile di Wimbledon. Ashe batte Jimmy Connors, numero uno e campione uscente. Il gentleman stile Sidney Poitier contro il ragazzo di campagna che idolatra Dean Martin. Quattro set che consacrano un nuovo eroe della racchetta.
Morirà nel febbraio 1993 per Aids contratto mediante una trasfusione di sangue effettuata durante un’operazione al cuore. Negli ultimi anni della sua vita si era dedicato all’associazionismo e all’impegno contro l’apartheid in Sudafrica. In sua memoria gli è stato intitolato il campo centrale di Flushing Meadows, a New York, dove si giocano gli Us Open.