di Giangabriele Perre
“A cinque anni aveva già preso confidenza col pallone, da semplice passatempo era diventata una passione”.
Alessio Bonomo descrive così il figlio Pietro Bonomo, capitano del Falasche, squadra del comune di Anzio, in provincia di Roma, nel campionato di Promozione. Lo paragona a Roberto Baggio e ne racconta il percorso calcistico, parlando anche del suo passato di calciatore e dei suoi sogni.
Bonomo, che momento vive Pietro?
“Nell’ultima gara ha messo a segno una doppietta regalando la vittoria alla propria squadra, ma già due domeniche fa aveva realizzato altri due goal, vincendo la partita sempre in extremis e da centrocampista”.
Com’è arrivato nell’Anzio Falasche?
“E’ cresciuto nell’Aprilia, vincendo un campionato di giovanissimi, la coppa Lazio. Fece due anni di juniores nazionale, nel frattempo è stato convocato nella prima squadra, in serie D. Vinse il campionato, di conseguenza mister Castellucci l’aveva confermato per la C2 e li è successo il casino, perché poco prima del ritiro l’allenatore ha abbandonato la squadra per questioni finanziare. Il nuovo tecnico, Vivarini, si era portato dietro i suoi centrocampisti di 25-30 anni, mio figlio ne aveva appena 17. Non lo aveva mai visto giocare eppure non gli diede una chance”.
Che storia ha, suo figlio?
“E’ il capitano, ha tantissime presenze, da quando iniziò, a 5 anni. Ha fatto sempre il titolare, ormai ricopre quasi tutti i ruoli in campo. Quando iniziò a giocare, alla scuola calcio, era nel san Giacomo insieme ad Alessio Romagnoli, il difensore del Milan. Allora si vociferava che mio figlio sarebbe andato avanti perché era molto più tecnico. Ne era convinto il papà di Gaetano D’Agostino, allora dirigente del San Giacomo calcio. A suo tempo era stato richiesto dal vivaio della Roma ma non è stato mai mandato”.
Quali caratteristiche ha?
“E’ molto veloce, ma non è un attaccante di ruolo, è più un fantasista. Gioca per la squadra, però allo stesso tempo va a segno spesso, calciando le punizioni. Domenica, un gol l’ha fatto grazie allo scambio da calcio d’angolo. Pietro è sempre presente a tutti gli allenamenti della società dove ha militato, per questo è sempre stato elogiato. Da questo punto di vista è un professionista, ha una bella tabella di marcia, dunque un buon biglietto da visita. Detta i tempi alla squadra, tanto è vero che di tanto in tanto dalle tribune si sente il mister che gli dice di prendere per mano la squadra”.
Ha l’abitudine di segnare in zona Cesarini?
“Sono due domeniche in cui stavamo perdendo e, grazie a Pietro, sono arrivate due vittorie”.
Qual è stata la trasferta più difficile che ha affrontato?
“Per lui non fa differenza, non l’ho mai sentito lamentarsi. Ora è atteso dalla trasferta sul campo della Fortitudo Accademy”.
Quali sono i suoi maggiori successi, in carriera?
“L’ultimo anno di scuola calcio, con il san Giacomo di Nettuno, ha partecipato a un torneo al Testaccio, organizzato dalla società di Roma, vincendo la finale. Aveva partecipato alla finale del torneo Superga, in memoria del Torino perito nell’incidente aereo. Da lì sono passati molti grandi giocatori, compreso Gianni Rivera. E poi vinse il campionato di serie D, con l’Aprilia”.
C’è un giocatore che vorrebbe emulare?
“Lo chiamavano Baggio tanto è vero lui portava il codino come Roberto Baggio. Ha sempre desiderato incontrarlo ma non è mai stato possibile . Ora il codino lo custodisce gelosamente… Dalla nascita tiene la Juve, perchè all’epoca giocava lì proprio Baggio”.
La serie A è un sogno?
“Ci prova. In passato ha partecipato a uno stage per l’Udinese, sotto osservazione del peruviano Geronimo Barbadillo. Sembrava avesse tutte le carte in regola per arrivare in bianconero, invece il fisico era in ritardo e allora dopo un anno in cui era nel taccuino del club friulano è stato congedato Barbadillo e allora sono saltate tutte le referenze sul suo conto”.
Giangabriele Perre